1. Tanto in Italia quanto in Germania, l’ordinanza del Tribunale costituzionale federale tedesco, più noto come la Corte di Karlsruhe, ha suscitato interpretazioni contrastanti. In Italia sono prevalsi due tipi di letture molto parziali: da un lato, chi ha sottolineato la bocciatura da parte del Tribunale del programma di acquisto illimitato di titoli di Stato in chiave anti-Draghi; dall’altro, chi ha rilevato, invece, un primo e positivo disimpegno dei giudici tedeschi a favore di quelli europei, i soli a poter decidere se l’Omt violi o meno il Trattato di Lisbona e lo Statuto della Bce. A quest’ultima visione, presente anche nel dibattito tedesco degli ultimi giorni, si è affiancata in Germania la tesi della paura dei giudici costituzionali, che avrebbero avuto timore di farsi carico di una declaratoria di illegittimità costituzionale potenzialmente foriera della fine della moneta unica. Altri osservatori, anche se in discreta minoranza, hanno viceversa ritenuto che il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia UE sia da valutare come una bomba a orologeria lanciata dalla Germania nel campo delle istituzioni comunitarie.
2. Il dispositivo alla base dell’ordinanza ruota intorno alla questione della dottrina del controllo ultra-vires, cioè dello speciale potere creato dal Tribunale Costituzionale federale già a partire dalla sua sentenza sul Trattato di Maastricht per verificare il rispetto degli atti giuridici dell’Unione rispetto alle competenze previste dai Trattati.
Nel caso in cui gli atti dell’Unione eccedano il riparto di competenze tra Unione e Stati membri, l’atto va giudicato come adottato ultra-vires, cioè al di là dei poteri conferiti all’Unione e quindi inapplicabile nell’ordinamento interno.
Come sostenuto nella sentenza Mangold (§ 58 e sgg.), risalente al 2010, il Tribunale Costituzionale ha stabilito di non voler sempre controllare se gli atti giuridici dell’Ue violino il principio di attribuzione, ma soltanto «quando istituzioni, organi ed organismi europei abbiano esorbitato i limiti delle loro competenze in un modo specificamente lesivo del principio delle competenze attribuite, o in altre parole, quando la lesione delle competenze è sufficientemente qualificata».
Elemento ancor più importante, il Tribunale Costituzionale già in quell’occasione aveva subordinato il proprio controllo ultra-vires al giudizio reso in sede di rinvio pregiudiziale dalla Corte di Giustizia Ue («finché non vi sia stata occasione per la Corte di Giustizia di pronunciarsi attraverso il sistema del rinvio pregiudiziale, sulla interpretazione o sulla validità dell’atto in questione, il Tribunale Costituzionale federale non potrà accertare l’inapplicabilità di quel determinato diritto dell’Unione per la Repubblica federale»). Con l’ordinanza della scorsa settimana, il Tribunale ha per la prima volta dato attuazione al giudicato Mangold. In altre parole, l’assoggettamento alla giurisdizione del giudice europeo era ormai scritta nero su bianco e ai giudici costituzionali tedeschi non era più possibile far finta di niente: il rinvio andava sollevato.
L’irritualità dell’ordinanza sta piuttosto altrove, ossia nel fatto che il rinvio pregiudiziale sia avvenuto tentando di tracciare (o forse sarebbe meglio dire ostacolare...) la strada al giudice europeo. Karlsruhe, infatti, non si limita a rinviare la questione a Lussemburgo, ma illustra la sua versione dei fatti in modo talmente perentorio che pare ragionevole chiedersi per quale ragione i giudici costituzionali non abbiano allora immediatamente dichiarato fondati i ricorsi. Se sei su otto giudici hanno ritenuto che «the Omt Decision does not appear to be covered by the mandate of the European Central Bank» e in particolare che «the Omt Decision aims at a prohibited circumvention of Art. 123 sec. 1 Tfeu» ese quindi la lesione del principio di attribuzione era così evidente, proprio come richiesto dal giudicato Mangold, come mai il Tribunale non ha scelto la via diretta (e senz’altro più popolare per molti tedeschi) di dichiarare l’Omt ultra vires?
La risposta più plausibile sembra essere quella che tiene conto degli equilibri all’interno del secondo Senato del Tribunale. È infatti probabile che la maggioranza di 6 a 2 sia stata raggiunta soltanto al prezzo di estenuanti trattative. Il fatto che i giudici abbiano impiegato un anno e mezzo per decidere su un rinvio si spiega forse proprio in ragione delle loro divisioni. Come soluzione di compromesso, i giudici di maggioranza hanno infatti scelto di mantenere questa insolita dichiarazione di “quasi-fondatezza”, ma di accompagnarla con una altrettanto insolita apertura ad un’interpretazione adeguatrice da parte della Corte di Giustizia Ue. Pur considerando l’Omt come adottato ultra-vires, i giudici hanno sorprendentemente ipotizzato che la Corte di Giustizia possa essere in grado di darne un’interpretazione conforme al diritto comunitario. Tale interpretazione adeguatrice non avrebbe altro effetto se non quello di rinforzare i paletti di cui già oggi è circondato il programma voluto da Mario Draghi sino ad annientarlo.
3. Come noto, l’Omt è tutto fuorché un’arma anti-spread dalle cartucce illimitate. Secondo quanto illustrato nel parere giuridico che la stessa Bce ha depositato presso il Tribunale nel corso dell’istruttoria dello scorso anno, il programma è in realtà costitutivamente limitato a un volume determinabile a priori e ammontante a circa 524 miliardi di euro, il totale del volume dei titoli in scadenza tra uno e tre anni di Portogallo, Spagna, Irlanda ed Italia. Se, tuttavia, l’Omt dovesse perdere la fama di programma di acquisto illimitato e se, anzi, come richiesto da Karlsruhe, la Bce non potesse comprare una quantità di titoli di Stato tale da modificarne radicalmente il prezzo o tale da minare il principio di condizionalità di cui ai programmi di aiuto dei due fondi di stabilizzazione Esm ed Efsf o infine se i titoli acquistato dalla Bce non potessero essere in nessuna occasione soggetti a un haircut, il cosiddetto bazooka di Mario Draghi diverrebbe automaticamente un ferro vecchio. Non è da escludere che la Corte di Giustizia Ue accolga un’interpretazione adeguatrice di questo tipo, evitando uno scontro frontale con Karlsruhe.
Se viceversa non la accogliesse, ma anzi considerasse l’Omt come adottato in conformità al principio di attribuzione, il Tribunale Costituzionale potrebbe addirittura provocare l’uscita della Germania dall’unione economica e monetaria, non essendo quest’ultima suscettibile di essere considerata ancora una Stabilitätsunion, ossia un’unione fondata sulla stabilità monetaria.
In questo caso non sarebbe soltanto la fine di Mario Draghi, ma anche di tutta la casa europea.
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