Negli ultimi anni si è molto dibattuto in Italia sulla necessità di imporre un limite all’utilizzo del contante, quale misura di contrasto all’evasione fiscale. Per approfondire la questione, Angela De Martiis, vincitrice della terza edizione del Premio del Centro Einaudi intitolato alla memoria di Giorgio Rota, analizza quanto prodotto dalla letteratura sull’economia sommersa (e la sua misurazione) e alcuni dati a livello europeo.

Di che cosa parliamo

Una delle principali definizioni di economia sommersa è quella dell’economista Philip Smith, secondo cui “l’economia sommersa include ogni attività economica di produzione di beni e servizi, legale o illegale, che sfugge al rilevamento delle stime ufficiali del Pil”. Si tratta di un fenomeno che viene spesso identificato con una pluralità di nomi: shadow economy, black economy e underground economy. Tuttavia, ancora oggi, una delle problematiche affrontate dagli studiosi è la definizione stessa di economia sommersa. Da un lato, per i diversi significati ad essa attribuiti da macroeconomisti, economisti del lavoro, criminologi, esperti fiscali e contabili. Dall’altro lato per le sovrapposizioni con il mondo in rapida evoluzione dell’economia informale, le cui attività produttive su piccola scala (cura della casa, baby-sitting, scambio di case vacanza) si basano su relazioni personali e familiari tipiche di un’economia domestica e transazioni monetarie irrilevanti se non inesistenti.

L’economia sommersa è un fenomeno complesso che interessa in misura più o meno rilevante sia i paesi avanzati sia quelli emergenti. Tra i paesi dove è minore spiccano gli Stati Uniti, nei quali il sommerso pesa per il 7.6% del Pil, la Svizzera (8.5%), il Giappone (9.5%), l’Austria (9.7%) e il Lussemburgo (9.8%), mentre in Bulgaria arriva al 31%, in Croazia e Romania al 28%, in Lituania ed Estonia al 28%, in Turchia al 27% e in Lettonia al 26%. Per quel che riguarda l’Italia, la dimensione dell’economia sommersa resta rilevante nonostante negli ultimi quindici anni sia diminuita, passando dal 27.8% del Pil del 1999, al 21.1% del 2013 e al 20.6% del 2015.

La misurazione del sommerso

In generale, la presenza consistente di attività sommersa in un paese è spiegata dagli analisti con una situazione di funzionamento non ottimale, se non patologico, dell’economia nazionale e con l’incapacità dei governi di trovare le giuste soluzioni. Accanto alle attività economiche legali che sfuggono al controllo delle autorità governative locali, secondo un recente studio su 91 province italiane, la componente del sommerso di origine criminale ha raggiunto una quota media significativa del 10.9% del Pil nel periodo 2005-2008. Nello stesso periodo, l’economia sommersa è stata stimata al 16.5% del Pil, mentre l’economia non osservata - nel complesso - ha toccato quota 27.4% del Pil. Inoltre, un risultato interessante sottolineato da Ardizzi ed altri è quello che evidenza le province del Centro-Nord Italia come le aree con la maggiore incidenza sia del sommerso da evasione sia da attività criminale, più di quelle del Sud Italia.

Ciò che rende la materia particolarmente interessante è proprio la sua complessità in termini di rilevamento quantitativo (ancora oggi, le stime esistenti non sono del tutto condivise) e di distorsioni generate all’interno dell’attività economica in termini di concorrenza, diseguaglianza e allocazione delle risorse.

L’economia sommersa è alimentata da diversi fattori tra loro interconnessi: l’imposizione fiscale e contributiva, l’eccesso di regolamentazione e burocrazia, fattori istituzionali, il peso della corruzione e la prevalenza del denaro contante nelle transazioni. Con riferimento a quest’ultimo fattore, pionieristici sono gli studi dell’italiano Vito Tanzi (1980, 1982, 1983), che tra i primi riconobbe come l’economia sommersa avvenga prevalentemente attraverso l’uso del contante. Per quel che riguarda invece il ruolo dell’eccesso di onere fiscale e di burocrazia, una valutazione effettuata dal Fraser Institute  mostra come nel periodo 1999-2013 il peso dei costi della burocrazia sull’economia – in una scala da 0 a 10 – sia stato in media maggiore in Italia (5.1%) rispetto ad Austria (3.8%), Germania (3.7%), Belgio e Francia (4.2%). Infine, in merito al ruolo delle istituzioni, l’inefficienza o la tolleranza nel controllo da parte delle autorità aumentano l’economia sommersa. Il Fraser Institute ha anche rilevato come il peso della corruzione nel rapporto globale sulla competitività sia in media molto più alto in paesi quali Austria (8.3%) e Germania (8.4%) rispetto all’Italia (5.8%) in merito a fattori quali favoritismi e tangenti. 

Il nuovo sistema europeo dei conti nazionali e regionali, Sec 2010, ha introdotto nuove regole di misurazione del sommerso, introducendo nel calcolo del Prodotto interno lordo del 2011, per 0.8 punti percentuali, il riferimento ad attività illegali quali: lo sfruttamento della prostituzione, il traffico di sostanze stupefacenti e il contrabbando di sigarette. Quantificare l’ammontare dell’economia sommersa presente in un paese permane però un processo estremamente complicato. Gli studiosi si servono di diverse metodologie dirette, indirette o modelli econometrici strutturali. I metodi diretti si avvalgono principalmente di sondaggi statistici che tendono però a sottostimare la reale entità del fenomeno. I metodi indiretti fanno invece uso di indicatori macroeconomici il cui andamento riflette lo sviluppo del sommerso. Il metodo indiretto più utilizzato è il cosiddetto currency demand approach sviluppato da Cagan nel 1958, migliorato da Tanzi negli anni ´80 e ripreso di recente da Schneider nel 2000.

Economia sommersa e denaro contante

Il modello “Cagan-Tanzi-Schneider” pone l’elusione del fisco come “movente” dell’uccisione dell’economia legale da parte dell’economia sommersa e la predominanza di denaro contante come “arma del delitto”. In particolare, nel modello si assume che il contante sia preferito come strumento di pagamento poiché non tracciabile e anonimo. Di conseguenza, si stima la domanda di circolante tenendo in considerazione che un aumento del sommerso dovrebbe generare un aumento del contante.

Si tratta di un modello utilizzato, criticato e riesaminato da molti studiosi, e che per l’Italia è di grande attualità considerata la recente proposta di innalzare a 3.000 euro il tetto ai pagamenti in contanti - che nel solo 2011 era stato abbassato da 2.500 a 1.000 euro con l’obiettivo esplicito di contrastare il riciclaggio e l’evasione. Negli ultimi anni le restrizioni all’utilizzo del contante sono passate da 12.500 euro (2008) a 5.000 (2010) a 1.000 euro (2011). E a questo riguardo è naturale domandarsi se l’innalzamento del contante, favorito anche dal fatto che la fatturazione elettronica obbligatoria è entrata in vigore solo per la pubblica amministrazione, porterà effettivamente a un aumento del nero.

Nel resto d’Europa paesi tra cui Estonia, Lituania, Lettonia, Slovenia ma anche Austria, Germania e Olanda non hanno alcuna limitazione all’uso del contante. Grecia, Spagna, Belgio e Romania prevedono limiti che variano dai 1.500 ai 3.000 euro. Portogallo e Francia sono in linea con la decisione del governo Monti che portò la soglia massima a 1.000 euro. Bulgaria e Croazia hanno limiti decisamente più elevati, rispettivamente 7.500 e 15.000 euro. Pertanto, trattandosi di limiti mobili non si rileva una correlazione diretta tra dimensione dell’economia sommersa e importi massimi pagabili in contante. Nonostante ciò, la situazione del sommerso in Italia non è certamente paragonabile a quella di Germania, Austria, Francia, Regno Unito o Olanda e lo stesso vale per il livello di corruzione ed evasione. A queste variabili va inoltre aggiunta la cosiddetta tax morale, definita come il giudizio morale che individualmente o collettivamente si ha dell’evasione e dell’evasore.

Si tratta di un aspetto molto importante per comprendere il legame tra propensione al rispetto delle regole fiscali e il contesto sociale, istituzionale ed economico presente all’interno di un paese. Ad esempio, un recente studio effettuato da Torgler nel 2005 evidenzia la correlazione positiva tra paesi con maggiore tax morale e il giudizio di fiducia verso le istituzioni, il grado di democrazia e anche la felicità individuale. Di conseguenza, la proposta di allineare il limite all’uso del contante alla media europea è un passaggio funzionale soltanto nel momento in cui l’Italia sarà effettivamente nella media europea in termini di evasione, corruzione e tax morale. Per fare ciò occorrerebbe rendere la partecipazione al sommerso il meno “attraente” possibile e incoraggiare l’uso degli strumenti elettronici per rendere trasparente e snello un processo ora “oscuro”.

A tal proposito, ci sono ancora settori economici in cui l’economia sommersa persiste alle innovazioni tecnologiche, soprattutto in materia di pagamenti elettronici. In Italia i settori delle costruzioni, del commercio all’ingrosso, della ristorazione e delle attività alberghiere sono sia quelli dove il sommerso è maggiore (dal 31% al 20% del Pil) sia quelli dove il contante è favorito. Esiste quindi una forte correlazione negativa tra la diffusione di strumenti elettronici e l’economia sommersa, ovvero un aumento dell’utilizzo di tali strumenti diminuisce il sommerso e viceversa. Secondo un recente studio di Schneider un aumento dei pagamenti elettronici del 10% all’anno per almeno quattro anni consecutivi può ridurre l’economia sommersa fino a un massimo di 5 punti percentuali.

Sia in Svezia sia in Danimarca - paesi per nulla avvezzi all’evasione fiscale e alla corruzione e in cui un vero e proprio limite al contante non esiste - la quasi completa eliminazione del contante ha annullato i pochi illeciti finanziari rimasti. Una delle ragioni che ha spinto il governo nazionale svedese a “bandire” gradualmente l’uso del contante è stato il riconoscimento di una correlazione negativa tra digitalizzazione dell’economia e criminalità. Di certo fa pensare il fatto che, tra il 2008 e il 2011, il numero di rapine in banca in questo paese sia diminuito da 110 a 16.

Per concludere, nella lotta contro il sommerso la quantità di denaro circolante sembra avere un ruolo chiave. Accanto alle misure dirette a ridurne l’uso - in atto già da tempo in paesi come la Svezia in cui il contante è quasi bandito - servirebbe però approfondire anche l’uso di strumenti propri dell’economia comportamentale che aumentino il senso civico. A questo punto occorre davvero riflettere sulla variabile educativa più che su quella punitiva spingendo l’acceleratore sul progresso tecnologico e sullo snellimento dei processi burocratici. Ecco quindi che il limite dei 1.000 euro posto in Italia poteva rappresentare una barriera psicologica e uno stimolo alla legalità.

 

Riferimenti

Ardizzi et. al (2012) “Measuring the underground economy with the currency demand approach: a reinterpretation of the methodology, with an application to Italy, Working papers n. 864, Bank of Italy.

Smith, P. (1994), “Assessing the Size of the Underground Economy: The Canadian Statistical Perspectives”, Canadian Economic Observer, 7(5), maggio.

Schenider, F. (2013) “The Shadow Economy in Europe, 2013”, ATKearney.

Torgler, B. (2005). Tax Morale in Latin America, Public Choice. 122: 133157

 

* Angela De Martiis è dottoranda in economia presso la cattedra di economia internazionale della Zeppelin Universität Friedrichshafen, Germania. Con l’articolo “Shadow Economy, poverty and institutional quality” ha vinto uno dei tre premi del Giorgio Rota Best Paper Award for Young Researchers sul tema “The Economics of Illegal Activities and Corruption”.