L'introduzione della class action corre il rischio di non portare nessun vantaggio concreto ed elimina l'opportunità per il singolo cittadino di far valere i propri diritti di consumatore-utente, introduce un nuovo strumento di contrattazione/ricatto nelle mani di un soggetto politico/sindacale che va ad arricchire il già numeroso mondo delle consociazioni che garantiscono un sereno immobilismo della nostra società mentre incalza un confronto duro, inconcludente e perpetuo. In Italia i tempi estenuanti della giustizia civile, la tendenza verso il modello della concertazione nel rapporto produttori-consumatori, nonché la tutela di alcuni interessi attraverso il ricorso al giudice penale e la attribuzione alle sole associazioni di categoria del diritto/potere di ricorrere ad azioni collettive rendono difficile l'affermarsi di un modello sanzionatorio privato efficace.

 


Il Diritto dei Consumatori in Italia
La norma approvata dal Senato il 15 novembre prevede l'ampliamento della platea dei soggetti che possono avviare l'azione, rispetto alle 16 associazioni del Consiglio nazionale consumatori e utenti che ne avevano facoltà secondo il ddl Bersani, attualmente all'esame della commissione Giustizia della Camera. L'obiettivo è quello di non privare della possibilità di agire per azioni risarcitorie gli altri soggetti portatori di interessi collettivi. Le ulteriori associazioni legittimate ad agire saranno individuate con decreto del ministro della Giustizia, di concerto con il ministro dello Sviluppo economico, sentite le competenti commissioni parlamentari.
Il legislatore italiano, sull'onda del processo di integrazione europea, fin dalla metà degli anni novanta ha dotato il nostro paese di una serie di regole aventi il preciso scopo di proteggere il soggetto debole dei rapporti commerciali.
Dalla L. 10 febbraio 1996, n. 53 sulle clausole vessatorie, sino all'opera di collazione effettuata nel 2006 con l'entrata in vigore del Codice del Consumo, si introduce un vero e proprio Statuto dei Consumatori in cui vengono riconosciuti il diritto alla tutela della salute, alla sicurezza e alla qualità dei prodotti, insieme ad una adeguata informazione, ad una corretta pubblicità, all'educazione al consumo, alla correttezza, trasparenza ed equità nei rapporti contrattuali ed infine allo sviluppo dell'associazionismo libero, volontario e democratico tra i consumatori e gli utenti (art.1).
Declamati i diritti dei consumatori/individui, sia il Codice del Consumo, sia la legge del 1998 che quella del 1996, conferiscono la legittimazione ad agire per la tutela degli interessi dei consumatori alle associazioni fra gli stessi (art.3 l.281/1998; art.1469-sexies c.c.).
La legge 281 del 1998 attribuiva alle associazioni, individuate e riconosciute secondo i criteri di cui all'art. 5, la legittimazione a richiedere, anche in via cautelare, sia l'inibitoria dei comportamenti lesivi gli interessi dei consumatori, che l'adozione di misure idonee a correggere ed eliminare gli effetti dell'azione illecita dell'operatore professionale.
Allo stesso modo la norma introdotta nella finanziaria per il 2008 introduce l'azione di categoria – la ormai holliwoodianamente nota Class Action -, purché sia esercitata dalle associazioni dei consumatori aventi una rappresentatività territoriale e numerica adeguata.
Il nostro legislatore sceglie di affidare la tutela privatistica del consumatore alle Associazioni, dando di fatto luogo ad una gestione "sociale" dei conflitti tra consumatori e produttori; il legislatore predilige una "sindacalizzazione" del rapporto, a modello della concertazione fra Stato e parti sociali tipica dell'esperienza giuslavoristica iniziata negli anni '70.
Questa scelta tecnica prona al consociativismo è all'origine del fatto che la cultura politica italiana è in una condizione di arretratezza rispetto a quelle di altri paesi, arretratezza dovuta a molteplici fattori quali il ritardato sviluppo economico, la forte politicizzazione della società italiana e la mancanza di una cultura diffusa dei diritti dei cittadini-consumatori; basti notare come negli Stati Uniti, già agli inizi del 1900, il libro The Jungle di Upton Sinclair denunciava le reticenze dei produttori ed il primo movimento di consumatori, Truth in Advertising, vedeva i natali nel 1911. In Italia, al contrario, si dovette aspettare il 1974 per vedere nascere l'Unione Nazionale Consumatori (peraltro scioltasi in modo turbolento pochi anni dopo la sua nascita).
La scelta del legislatore italiano di affidare alle associazioni dei consumatori, riconosciute con criteri fissati dalla legge, non pare la soluzione più efficiente per la tutela del consumatore-utente e rivela l'impossibilità di importare modelli stranieri quando le mentalità prevalenti non sono compatibili.
L'intervento delle associazioni porta quasi sempre ad una composizione "sindacale" del conflitto, attraverso la concertazione con il governo e gli enti locali, lontana dagli interessi dei singoli consumatori concretamente lesi e lascia le associazioni a decidere quale intervento di tutela debba essere assicurato e quale no; quali diritti proteggere e – soprattutto - quali no!
L'associazione dei consumatori opera sulla base delle sue esperienze passate, nasce per la tutela di un generico diritto dei consumatori ad una società dei consumi migliore, ma la sua azione è per definizione frutto di esperienze e violazioni già effettuate, non è pronta ed adeguata per gestire nuove tipologie di violazioni, o singoli casi di soprusi.

 

Il modello istituzionale americano di tutela
L'alternativa, non perfettamente domestica alla forma mentis del giurista continentale, è quella offerta dai sistemi di common law ed in particolare dal sistema americano.
La tutela offerta è quella tipica di un modello liberale classico in cui l'intervento del legislatore è limitato, inoltre non si registra la dicotomia reato – illecito civile perché il ruolo dei torts (illeciti civili nel common law) ha la caratteristica di avere una prevalente connotazione di pena privata.
La diversità del modello americano rispetto a quelli continentali europei si registra soprattutto per due fattori: la possibilità del singolo cittadino/consumatore di far ricorso ad una class action, la possibilità di ottenere i cosiddetti danni punitivi.
Questo stato di fatto ha determinato lo sviluppo all'interno della law of torts di buona parte delle teoriche volte alla sanzione degli illeciti collegati al rapporto produttore-consumatore, affidando così al diritto privato la tutela di quegli interessi che, in quanto interessi diffusi, il nostro ordinamento ha scelto di affidare alla tutela della manus publica.

La class action
Negli Stati Uniti un gruppo di cittadini ha la possibilità di eleggersi autonomamente ed estemporaneamente come paladino di un interesse collettivo agendo come Pubblico Ministero privato (public attorney general) e promuovendo una class action.
Questa azione è ammessa quando gli individui che si riconoscono in un gruppo (la class appunto) si sentano violati in un diritto primario o personale appartenente al patrimonio sia del ricorrente che del gruppo stesso; la class è formata quindi da un gruppo di persone che condividono delle caratteristiche da cui sorge un comune interesse, contrapposto rispetto ad un determinato soggetto, e che può essere più facilmente esaminato da una corte in un singolo processo.
L'azione in corte, essendo la class potenzialmente composta da un grandissimo numero di persone, è esperita da un rappresentante (named representative: è solitamente l'individuo che per primo esperisce la class action) per conto della class; affinché le ragioni di una class vengano prese in considerazioni da una corte, la Federal Rules of Civil Procedure (FRCP) 23(a) prescrive alcuni requisiti: il gruppo deve essere portatore di una questione comune sia in fatto che in diritto (commonality), i rappresentanti devono adeguatamente e correttamente rappresentare gli interessi della (class adequacy), il gruppo deve essere ampio così da ricomprendere tutti i portatori di quell'interesse, non essendo ammessi interventi successivi (numerosity), i rappresentanti devono presentare domande (o difese) omogenee per il gruppo rappresentato (typicality).
La FRCP 23(b) considera tre diversi tipi di class action a seconda della ratio che consiglia l'ammissione di questo particolare tipo di azione: il pericolo che trattazioni separate della stessa violazione in diversi processi porti risultati diseguali e ingiusti; la necessità di porre in essere con urgenza un provvedimento inibitorio degli effetti pregiudizievoli (sia questo la cessazione del comportamento illecito, la correzione di false dichiarazioni rese o comportamenti tenuti); la convenienza della trattazione di questioni simili in fatto e diritto (predominating issues of law and fact) in un solo foro e secondo una medesima legge.
E' di prima evidenza come un'azione svolta secondo questo modello ponga dei grossi problemi di regolarità del contraddittorio nei confronti di chi è portatore degli interessi presunti lesi e cioè i membri della class; a tal fine la FRCP 23(c) prescrive le modalità della notifica che deve essere fatta, qualora possibile, attraverso la comunicazione personale ai membri del gruppo, in difetto attraverso altre forme di pubblicità le quali possono arrivare perfino alla richiesta da parte del giudice di pubblicazione su pagine di quotidiani o in veri e propri spot radiofonici o televisivi.
La sentenza resa ha effetto nei confronti di tutti i membri della class; è ammessa la possibilità di una transazione fra il named representative e l'individual defendant se questa viene notificata ai membri della class e venga inoltre approvata dalla corte.
Questo schema è perfettamente congruente alla tutela dei consumatori, intesi quale class, dei quali qualsiasi soggetto può ergersi paladino, quale pubblico ministero privato, e agire direttamente quale portatore di un interesse che è nel contempo proprio e comune.
Le associazioni dei consumatori sono opportune e necessarie ed operano attivamente anche negli Stati Uniti, ma non si vede per quali motivi si debba affidare loro in via esclusiva il compito di promuovere gli interessi dei consumatori, eliminando dalla scena chi dimostri il proprio primario interesse ad agire facendosi parte diligente nel sollevare una lite nei confronti di chi ha leso un proprio diritto.
Si è spesso argomentato che l'ostacolo sia da rinvenire nell'art.24 Cost. che, nel riconoscere a tutti i cittadini il diritto di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi, si è riferito ai "propri" interessi, senza far cenno a quelli riferibili ad una pluralità più o meno determinata o determinabile di soggetti: rimane però il dubbio su quale sia il modello istituzionale più efficace.

I danni punitivi
Abbiamo visto che una delle caratteristiche principali del sistema nord-americano è data dalla presenza dei danni punitivi, spauracchio ormai noto anche nel nostro paese, utilizzato, senza pietà, nei casi in cui la condotta dell'agente possa essere qualificata dolosamente preordinata o gravemente negligente.
Collegata ai danni punitivi è la possibilità che gli avvocati hanno di farsi pagare attraverso il regime della contingency fee (patto di quota lite); questo determina il fatto che i grandi studi legali investano ingenti risorse in una causa, indipendentemente dalle capacità economiche del loro assistito, quando prevedano, nel caso di concessione di danni punitivi, di poter abbondantemente ripagare il loro investimento.
I danni punitivi sono la dichiarazione di fedeltà del sistema americano al teorema della Mano Invisibile di Adamo Smith ed il patto di quota lite ne è il corollario fondamentale.
La condanna al risarcimento miliardario dovrebbe indurre i consociati a desistere dai comportamenti che la sensibilità pubblica ritiene riprovevoli. La cittadinanza si scandalizza dai danni subiti dai consumatori, ecco che la punizione esemplare di un operatore professionale sensibilizza gli altri cento ed il sistema si autocorregge verso l'eccellenza.
L'assunto da cui parte la dottrina dei punitive damages americana è fondamentalmente di tipo economico: un soggetto rinuncerà ad intraprendere una data attività ove ritenga che da questa possano provenirgli più rischi che vantaggi. Ora è purtroppo evidente che in molti casi la prospettiva di un'eventuale condanna al solo risarcimento del danno con funzione risarcitoria possa risultare troppo debole per controbilanciare i vantaggi che un comportamento illecito o comunque contrario a buona fede comporti; in questo caso, quindi, il risarcimento sarà inadeguato alla prevenzione di una futura commissione dell'illecito: gli economisti parlano di "inadempimento efficiente" (efficient breach).
I punitive damages, quali surplus alla compensazione risarcitoria, hanno proprio l'effetto di riportare il tasso di rischio del comportamento illecito ad un livello tale da renderlo inefficiente e quindi scoraggiarlo completamente.

Conclusioni
La possibilità di ricorrere ai danni punitivi, affiancata alla possibilità di promuovere delle class actions, fanno in modo che la tutela del consumatore oltreoceano, dove non manca un settore amministrativo federale volto alla tutela dei medesimi interessi e dove sono innumerevoli le associazioni tra consumatori-utenti (si vedano per esempio i siti della Food & Drugs Administration e della U.S. Consumer Gateaway), completino lo strumento istituzionale di tutela e lo rendano decisamente efficace.
In Italia i tempi estenuanti della giustizia civile, la tendenza verso il modello della sindacalizzazione e della concertazione del rapporto produttori-consumatori, nonché la tutela di alcuni interessi attraverso il ricorso al giudice penale, ed infine la attribuzione alle sole associazioni di categoria del diritto/potere di ricorrere ad azioni collettive rendono difficile l'affermarsi di un modello sanzionatorio privato efficace.
Così, l'introduzione della class action, corre il rischio di non portare nessun vantaggio concreto ed elimina l'opportunità per il singolo cittadino di far valere i propri diritti di consumatore-utente anche a nome degli altri, ma introduce un nuovo strumento di contrattazione/ricatto nelle mani di un nuovo soggetto politico/sindacale che va ad arricchire il già numeroso mondo delle consociazioni che garantiscono un sereno immobilismo della nostra società mentre incalza un confronto duro, inconcludente e perpetuo.