Ormai di Beppe Grillo si è detto tutto e il contrario di tutto. Secondo alcuni Grillo sarebbe un pericoloso ciarlatano, un demagogo, un fascista. Secondo altri, Grillo sarebbe la nemesi del sistema di potere costruito al di fuori della Costituzione dai partiti politici in Italia. In mezzo ci sono quelli che leggono Grillo come “un compagno che sbaglia”: l’analisi fatta dal comico genovese sarebbe corretta, ma non i metodi usati.
In quanto segue parto da un post di Beppe Grillo comparso intorno alla mezzanotte del 16 marzo, il giorno in cui sono stati eletti Pietro Grasso alla presidenza del Senato e Laura Boldrini a quella della Camera. L’obiettivo che mi prefiggo è di mostrare che se non si può dare una lettura univoca di Grillo (tutto bene, tutto male), non si può neanche darne una lettura adulterata al fine di arruolarlo di forza nella propria legione straniera. Grillo è un fenomeno discreto, irriducibile e dedito ai propri fini. Ed è proprio questo il problema. Quali fini politici si prefigge quest'uomo? Da quanto si trova in rete emerge un programma contraddittorio quanto il personaggio - a tratti geniale, a tratti ridicolo. Iniziamo quindi ad analizzare quello che Grillo dice su questione concrete, immediate, in modo da chiarire il più possibile il nesso fra teoria e prassi che solo può illuminare il vero obiettivo di una azione politica.
1. Come noto, l'elezione del presidente del Senato Pietro Grasso è avvenuto con il contributo determinante di un certo numero di voti grillini, e questo contro il parere espresso da Beppe Grillo. Secondo il leader del movimento, i voti dei propri rappresentanti non sono voti individuali, ma uno solo moltiplicato per il numero di parlamentari. Il movimento ha voce univoca, e chi rompe i ranghi tradisce il mandato. Ecco il post comparso su Facebook il 16 marzo:
“Nella votazione di oggi per la presidenza del Senato è mancata la trasparenza. Il voto segreto non ha senso, l'eletto deve rispondere delle sue azioni ai cittadini con un voto palese. Se questo è vero in generale, per il MoVimento 5 Stelle, che fa della trasparenza uno dei suoi punti cardinali, vale ancora di più. Per questo vorrei che ogni senatore del M5S dichiari come ha votato. Nel "Codice di comportamento eletti MoVimento 5 Stelle in Parlamento" sottoscritto liberamente da tutti i candidati, al punto Trasparenza è citato: Votazioni in aula decise a maggioranza dei parlamentari del M5S.Se qualcuno si fosse sottratto a questo obbligo ha mentito agli elettori, spero ne tragga le dovute conseguenze”.
Ovvero, chi ha votato in modo difforme dall’indicazione del movimento deve dimettessi. Nelle ore successive Grillo ha attutito l’urto delle sue parole, che hanno suscitato parecchie perplessità all’interno dello stesso movimento, dicendo che nel caso in questione i senatori grillini erano stati tratti in inganno. Ma per il futuro il punto rimane: chi vota secondo coscienza deve dimettersi. Il suo mandato è quello di votare secondo le indicazioni date dal ’portavoce’, Beppe Grillo.
2. La richiesta fatta da Grillo è problematica, ma illuminante. La problematicità è chiara: lede l’articolo 67 della Costituzione. “Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato”. In altre parole, il rappresentante in Parlamento rappresenta il popolo italiano e non la fazione che lo ha eletto. Si presume quindi che nell’interpretare il proprio mandato, il rappresentante sia guidato dalla propria coscienza. Se la parte politica che lo ha eletto dovesse favorire azioni politiche in contrasto con il proprio programma (come presentato agli elettori), o in contrasto con i valori della Repubblica (come dettati dalla Costituzione), il rappresentante della nazione deve essere libero di poter decidere per sé. Altrimenti basterebbe nominare un rappresentante per fazione politica e dare peso al suo voto in ragione dei voti popolari ottenuti, espediente a cui nessuna carta costituzionale è ancora giunta, e per fondati motivi. Noi votiamo esseri umani e non piattaforme di idee, e per un preciso motivo: è solo nella contingenza che si misura la validità delle idee, tanto che una loro applicazione automatica e a priori porterebbe presto alla paralisi di fronte all'imponderato e l’imponderabile. Le idee vivono nelle persone, e non il contrario.
La problematicità di quanto esposto da Grillo nel suo post è illuminante proprio perché mostra chiara l’origine della propria ontologia politica. Grillo è una conseguenza - è pensabile, e può esistere - solo all’interno di quell’abominio chiamato “porcellum”. Finché questo passo non è chiaro non si arriverà a capire il fine della sua azione politica.
Il movimento 5 Stelle è la corruzione di una corruzione, il risultato della corruzione di una operazione di ingegneria istituzionale già a sua volta corrotta. Quando in un sistema democratico occidentale l’elettore esprime il suo voto lega nell’urna parlamento e territorio a mezzo di un rappresentante. Sarà questo rappresentante a ’rappresentare’ il cittadino elettore in parlamento. Spazio e politica si fondono. Nell’esprimere a sua volta il voto, il rappresentante guarderà al proprio territorio, alla sua “constituency”. Sa che se il suo voto fosse difforme dal volere dei cittadini che lo hanno eletto questi non gli rinnoveranno il mandato. Con il “porcellum” si manifesta una corruzione di questo semplice modello. Il voto dell’elettore, non destinato a eleggere un rappresentante ma ad esprimere il favore per un simbolo politico, si astrae dal territorio per orientarsi verso il partito che il simbolo rappresenta in effige. È il partito che nomina i suoi rappresentanti in Parlamento, e non gli elettori. Quindi, con il “porcellum” il rappresentante sa che se il suo voto in Parlamento fosse difforme dalle indicazioni del partito - non del popolo - non gli verrebbe rinnovato il mandato. Ora visto che l’obiettivo del tutto legittimo di ogni politico è essere rieletto, è raro immaginare un voto di coscienza difforme da quello imposto dal partito. Non si verrebbe più nominati dal partito a rappresentarlo in Parlamento. Ma si tratta di una corruzione della democrazia, non della sua più fulgida applicazione.
Quando i sei Senatori radicali eletti nelle liste del Pd non votarono in modo conforme alle indicazioni della scorsa legislatura, per votare secondo coscienza, lo facevano sapendo che rompevano uno dei dogmi del “porcellum”. E infatti nelle elezioni che sono seguite il Pd non ha dato ospitalità ai radicali, e proprio in ragione del loro voto di coscienza, come l’onorevole Rosy Bindi ha più volte ribadito. Quello che ora fa Grillo dà un ulteriore giro di vite alla questione. Chi vota in modo difforme dalle indicazioni del partito si deve dimettere dal Parlamento già ora, subito. Il suo è un “porcellum” al quadrato, e il motivo è semplice: Grillo esiste solo perché esiste il “porcellum”. Non esistesse, i cittadini sarebbero costretti a votare non per un simbolo, ma per un candidato. Ed i candidati mandati da Grillo in Parlamento difficilmente potrebbero essere eletti se sottoposti alle necessarie tribune elettorali. Grillo ha potuto sottrarsi allo scrutinio dei media proprio perché tutti i suoi elettori votavano la sua muta effige.
3. Il “porcellum” è nato con l’intento di far sì che in Parlamento sedessero solo persone legate a doppio mandato con i partiti dai quali era giunta loro la nomina. A ragion di termini, essi rappresentano questi partiti, non gli elettori che li votano. Rappresentanti ed elettori vivono ora una vita disgiunta. È in questa disgiunzione che è rintracciabile la ferita inflitta alle istituzioni repubblicane da una vita politica sempre più avulsa dalla vita dei cittadini. Grillo si incunea in questa disgiunzione per “evacuare” la presenza dei partiti con metodo pneumatico. È questo il suo obiettivo. Non giungendo mai ad alcun compromesso e quindi non dovendo mai contribuire alla formazione di alcuna coalizione di governo, il MoVimento 5 stelle mira a espellere gli altri partiti dallo spazio politico. Più cresce, più loro diminuiscono. È per questo motivo che Grillo non può tollerare l’idea che alcuni dei rappresentanti da lui nominati in parlamento “diluiscano” l’azione pneumatica mirante ad espellere il corpo corrotto che si è insediato nelle istituzioni.
Una volta raggiunto il 100% dei voti Grillo dice di voler instaurare un sistema rappresentativo diverso da quello dei partiti e basato sulle piattaforme digitali che permetterebbero al semplice cittadino di decidere su ogni cosa. È qui che si manifesta il vero pericolo che comporta l’affermazione di questo movimento per la democrazia italiana. Il voler sostituire il metodo con cui si “decide” una elezione politica al metodo con cui si governa e si legifera. Non capisce che i due metodi non sono isomorfi e che anzi sono costituzionalmente diversi. La semplice decisione pro o contro la TAV non è un atto di governo. L’elettore può, anzi deve esprimere un parere (o “sì” o “no” o si astiene) ma non è questa la logica del voto parlamentare. Perché i “sì” alla TAV possono anche prevalere, e allora i “no” dovranno fare opposizione mentre i “sì” dovranno decretare, finanziare, legiferare. Ci sono poi i vincoli internazionali e le direttive europee su cui la logica binaria del “sì/no” non ha alcuna valenza. Un Parlamento che funzioni in ogni momento sul “sì” o il “no” del corpo elettorale in quanto tale è una pura follia perché ci sono commissioni da formare, leggi da scrivere, budget da colmare. Qualcuno dovrà pur farlo prima di chiedere il voto.
La democrazia partecipata immaginata dalla Casaleggio Associati nel filmato “Gaia” - in cui tutti decidono tutto grazie alla rete - è una ridicola approssimazione di un fumetto adolescenziale. Dobbiamo quindi concludere che il MoVimento 5 stelle non sia altro che una barzelletta politica inopinatamente presa sul serio? Niente affatto. Questo movimento mostra a quali risultati porta la corruzione politica quando mette mano alle istituzioni per poterle meglio controllare. Chi ha scritto il “porcellum”, chi ne ha tollerato l’esistenza pensando di poterlo usare ai propri fini di parte, chi non ha fatto di tutto perché venisse abrogato, si è fabbricato Grillo con le sue mani. E a nulla varrebbe oggi cambiare il “porcellum” per disfarsi dei grillini perché il danno è fatto. Solo lo smantellamento di tutto l’apparato di corruzione che ha portato al “porcellum” sortirebbe questo risultato.
È sbagliato quindi cercare di portare i “grillini” da una parte o dall’altra, come se fossero “compagni che sbagliano” o una “legione straniera” da assoldare ai propri fini. Questo movimento ha il solo merito di mostrare una disfunzione, il “porcellum”, e di suggerire una soluzione, il ritorno ad una nozione di rappresentanza politica più vicina e conforme all’alveo della democrazia liberale. Il suo obiettivo pneumatico è programmaticamente totalitario (vuole il 100% dei consensi per trasformare il Parlamento in puro movimento), ma nel dirlo non dimentichiamoci che se questa nuova forma di totalitarismo è potuta emergere è perché il sistema dei partiti così come si è incancrenito negli ultimi vent’anni è un sistema sempre più inviso ai cittadini italiani. Occorre prenderne atto, e porvi rimedio prima che sia troppo tardi.
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