1. In un grande paese europeo qualche settimana fa il direttore di un grande network radio-televisivo (di fatto, il maggiore al mondo) si è dimesso, perché in una trasmissione (tenete conto che il network in questione ha decine di canali tv) una persona, poi risultata del tutto incolpevole, era stata accusata di un reato specifico (e particolarmente odioso, si trattava di pedofilia). Evidentemente, si è dimesso anche il direttore della trasmissione in questione. Fra la trasmissione incriminata e le dimissioni sono passati pochi giorni. Verosimilmente, il network dovrà anche pagare al diffamato un sostanzioso risarcimento.

In un altro grande paese europeo, cinque anni fa un quotidiano, in un corsivo pubblicato sotto pseudonimo, ha accusato una persona di un reato specifico (e particolarmente odioso, trattandosi di un giudice tutelare che in questa funzione avrebbe costretto ad abortire una ragazzina adolescente a lui affidata). Qualche settimana fa il direttore, sempre direttore ma di un altro quotidiano, alla fine di un lungo processo in cui era l’unico imputato (il corsivista, infatti, restava anonimo) è stato condannato a dodici mesi di detenzione, da scontare agli arresti domiciliari; subito dopo il corsivista, divenuto deputato e protetto dall’immunità  parlamentare, ha ammesso di essere autore del corsivo; nel frattempo, nessun risarcimento è stato pagato.

2. In entrambi i paesi, i fatti in questione hanno suscitato ampie discussioni sul ruolo e la responsabilità dei media, e sul come conciliare diritto all’informazione e tutela dei diritti individuali (alla onorabilità, in entrambi i casi). Se volete avere un’idea delle forme in cui si è sviluppato il dibattito nel primo paese, vi segnaliamo ciò che ha scritto “The Economist” sul punto (sì, il primo paese è la Gran Bretagna, il network è la BBC, ad essersi dimesso è il direttore George Entwistle). Se invece volete avere un’idea delle forme in cui il dibattito si è sviluppato nel secondo paese, vi basta guardare la tv (perché il secondo paese è l’Italia, il quotidiano era “Libero” e il direttore è Alessandro Sallusti, oggi direttore de “Il Giornale”).

3. Morale, molto provvisoria: primo, la responsabilità oggettiva è un concetto difficile da maneggiare, purtuttavia è abbastanza intuitivo che se uno è responsabile dei successi un’organizzazione (sia questa un asilo d’infanzia, una banca o un giornale) lo sia anche dei suoi fallimenti; secondo, la libertà di stampa è fondamentale, ma il diritto di non vedersi diffamato lo è altrettanto, e bisogna trovare il modo di conciliare i due; terzo, la galera non pare lo strumento migliore per assicurare tale conciliazione, ma non ha nessun senso parlare di persecuzione e libertà di stampa violata se un diffamato vince una causa per diffamazione; quarto, costruire la discussione sul come se ne esce in termini di “casta dei giornalisti contro casta dei politici e tutt’e due contro casta dei magistrati” non aiuta a far progressi in una direzione utile (i link, per carità di patria, qui ve li risparmiamo).

Come cantava Renzo Arbore qualche decina di anni fa “No, non è la BBC / Questa è la Rai, la Rai-tv”.