1. Il tiro al capro espiatorio sta diventando uno sport nazionale: ieri gli speculatori, oggi la Germania, domani l'austerità, dopodomani fantomatici complotti: tutto fa brodo pur di ritardare le dolorose decisioni che andrebbero prese, attaccando il reale flagello delle economie in più grave crisi, ovvero un debito pubblico fuori controllo.
In questo quadro, prendersela con le agenzie di rating è un evergreen, buono per tutte le stagioni. Ma è corretto scaricare la colpa di ogni male sulle “tre Sorelle”, Fitch, Moody's e Standard & Poor's?
L'impressione è che chi se la prende con le agenzie di rating sbagli completamente bersaglio. Finché si tratta di opinionisti e commentatori, si potrebbe forse evitare di curarsene; quando queste analisi producono proposte normative volte alla creazione di agenzie di rating pubbliche, è il caso di iniziare a preoccuparsi (il problema del "mercato" del rating è proprio che non è un mercato, nel senso che l'attuale oligopolio è il risultato di decisioni delle autorità americane negli anni '70: occorrerebbe dunque lasciare libero campo alla concorrenza, altro che passare al monopolio pubblico); ma quando, come di recente, nascono - e ahimé procedono - iniziative giudiziarie contro le agenzie, come quelle di cui abbiamo letto ancora in questi giorni, allora è il caso di lanciare un allarme.
2. Le agenzie di rating funzionano infatti come un termometro: anziché la febbre, misurano la capacità di un Paese di ripagare i propri debiti. Ora, è chiaro che il termometro dev'essere accurato: se sbaglia in eccesso, mi fa prendere uno spavento per niente; se sbaglia per difetto, rischia di farmi sottovalutare un grave malanno. Se il termometro che ho comprato si rivela guasto, è giusto che io chieda indietro i miei soldi, e magari chieda pure il conto dei danni che ho patito, se sono in grado di dimostrarli. Nel nostro caso, quindi, dobbiamo chiederci: il termometro delle agenzie di rating è effettivamente guasto? Se sì, è stato manomesso di proposito dai costruttori? E ci ha provocato 120 miliardi di spese mediche per curarci che erano assolutamente inutili?
Questo è in effetti ciò che sostengono le iniziative giudiziarie in corso contro le agenzie di rating: non solo il loro termometro era rotto (per eccesso: ovvero hanno registrato una febbre assolutamente inesistente per il debito pubblico italiano), ma lo hanno fatto di proposito, e così facendo hanno provocato 120 miliardi di danni, ovvero il conto delle manovre di emergenza che sono state adottate dall'Italia da quando sono iniziati i downgrade, e che senza i downgrade non sarebbero state in alcun modo necessarie.
3. Sul primo punto, sia consentito esprimere quanto meno qualche dubbio. Alla luce di come è evoluta successivamente la curva dei rendimenti del debito pubblico, sembrano esserci ottime ragioni per ritenere che i report di Standard & Poor's emessi dal 20 maggio 2011 in poi (quelli oggetto dell'indagine da poco conclusa del pm Ruggiero di Trani) facessero benissimo a mettere in guardia sulla solvibilità dello Stato italiano. Anzi, se un'accusa alle agenzie può esser rivolta, sembrerebbe quella opposta, di aver sbagliato per difetto, come accaduto in casi famigerati come Enron, Parmalat e Lehman Brothers, ovvero di aver registrato troppo tardi, e solo a rimorchio dei mercati che se ne erano accorti da soli, il grave deterioramento dello stato dei conti pubblici italiani.
Ma anche ammettendo che le agenzie di rating abbiano gridato "al lupo" quando il lupo non c'era o era ancora lontano, lo hanno fatto apposta, al fine espresso di «disincentivare l’acquisto di titoli del debito pubblico italiano e deprezzarne, così, il valore», come sostengono i pm di Trani? Il buon senso fa apparire alquanto inverosimile una simile ricostruzione. Questa accusa, che se fosse lanciata da un comune cittadino costerebbe con ogni probabilità una bella denuncia per diffamazione, sembra totalmente inconsapevole della realtà circostante: una realtà dove è pressoché impensabile che un attacco speculativo riesca a far deragliare un Paese sano, e pertanto a speculare contro un Paese solido - quale è l'Italia nella ricostruzione dei magistrati - si rischia di rimetterci un mare di soldi, perché i valori tornerebbero presto alla normalità. Peccato che però non abbiano fatto altro che peggiorare.
4. Questo ci porta all'altra domanda: anche volendo credere che il lupo non fosse così vicino come denunciato dalle agenzie di rating, era tanto più lontano? E quindi, in assenza del campanello di allarme da esse lanciato, l'Italia avrebbe davvero potuto vivere tranquilla, senza dover ricorrere a misure straordinarie, del costo di 120 miliardi (a tanto ammonta il conto delle manovre salva-Italia varate dall'Italia per fronteggiare l'emergenza-spread, ed è questa cifra che la Procura presso la Corte dei Conti del Lazio sembrerebbe voler far pagare alle agenzie)? L'ipotesi è ancor più fantasiosa di quella dei procuratori di Trani. Hanno mai sentito parlare, alla procura laziale, di un debito pubblico prossimo ai due trilioni di euro?
Riesce davvero difficile continuare a ritenere plausibile l'affermazione che, senza i report delle “tre Sorelle”, l'Italia avrebbe veleggiato pacifica, impermeabile alla tempesta degli spread e non avrebbe avuto bisogno di correzioni di emergenza dei saldi di finanza pubblica. Addirittura, il procuratore De Dominicis sembra convinto che è colpa delle agenzie di rating se si è avuta “una riduzione della spesa pubblica, un inasprimento della leva tributaria e una rincorsa alle privatizzazioni del patrimonio pubblico degli italiani, con gravissimi effetti recessivi e il pericolo di revival dei ben noti intrecci affaristico-malavitosi”. Come se non si stesse facendo un'insalata di misure molto diverse, e come se fossero state le agenzie di rating a imporre al governo attuale e al precedente di rispondere alla crisi del debito con ancora più tasse anziché con minore spesa.
5. Insomma, evitiamo di prendercela col termometro. Se il mercato dei termometri ci pare troppo concentrato, rimuoviamo le barriere normative all'ingresso di nuovi concorrenti, in modo che aumenti la pressione sui produttori esistenti a fare un buon lavoro. Nel frattempo, andiamo pure a vedere se il termometro ha funzionato e funziona, e chiediamo pure conto di eventuali malfunzionamenti, ma non perdiamo di vista che il problema è pur sempre la febbre, che bene o male i termometri hanno registrato e che insieme a tutta una serie di altri sintomi pare indicare l'esistenza di una patologia gravissima.
Per colpa della nostra irresponsabilità, il paziente-Italia è in grave pericolo di vita: ce ne accorgeremo in tempo, decidendoci ad adottare una terapia d'urto sensata per provare a curarlo, o lo lasceremo morire perché troppo occupati a prendercela con qualcun altro? In questo caso, per arrivare, l'ardua sentenza non attenderà i posteri, che abbiamo già indebitato abbastanza: purtroppo potremmo averla già nel giro dei prossimi giorni, se dall'imminente Consiglio europeo di Bruxelles non uscirà qualcosa in grado di rassicurare i mercati.
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