Mai prima, nei 61 anni di storia della Repubblica, si era assistito ad uno scontro istituzionale così aspro; mai tanto esplicito e carico di pericoli per la convivenza civile, ben al di là di quanto non abbia avvertito l'opinione pubblica. Mai si era vista un'offensiva tanto determinata a scardinare i principi della Costituzione, a cominciare dalla separazione e dall'equilibrio tra i poteri e le istituzioni dello Stato. Mai, forse, il livello di attenzione e di consapevolezza dei cittadini circa i rischi a cui la comunità nazionale va incontro se sottovaluta la portata di quanto accade, era così basso. La sfida lanciata da Berlusconi verso il presidente della Repubblica e la democrazia parlamentare non può restare senza risposta. Ogni timidezza, indulgenza o cedimento ormai potrebbe diventare irrimediabile.

 

Berlusconi ha scelto di usare il corpo devastato di Eluana Englaro come campo di battaglia per un regolamento di conti istituzionale. Lo ha deciso a freddo, senza scrupoli. Con due obiettivi; tra loro diversi, ma entrambi riprovevoli.
Il primo è di arrivare a una resa dei conti definitiva sul problema che più gli sta a cuore da 15 anni, quello relativo a chi comanda in Italia. O meglio a chi, a suo avviso, gli impedisce di governare a suo piacimento, senza limiti o contropoteri.
Il caso Englaro, insomma, gli è parsa la migliore occasione per spazzar via d'un colpo tutti quelli che ha sempre considerato suoi oppositori, dal più alto vertice delle Istituzioni fino ai magistrati, ai sindacati, ai giornali non suoi. Napolitano gli sembra un bersaglio raggiungibile, un avversario più debole di Scalfaro, più malleabile di Ciampi.
La tragedia di Eluana si è presentata ai suoi occhi anche come un'occasione per cambiare la Carta che, più degli uomini, ha sempre mal sopportato (proprio perché, nata dalla vittoria sul fascismo, nega a chiunque il potere assoluto): la Costituzione del '48, ora bollata come filosovietica.
Il secondo obiettivo è invece di relegare sullo sfondo l'emergenza economica, che il governo si conferma incapace di affrontare anche con l'ultimo decreto anti-crisi. Da dicembre ad oggi ha messo in campo 7 miliardi di euro, dopo che altrettanti aveva gettato al vento da giugno a novembre (tra cancellazione dell'Ici e salvataggio Alitalia). Si tratta di mezzo punto di pil, una miseria rispetto alla portata degli interventi necessari. L'Italia non ha un piano anti-crisi, il debito rischia di schiacciare ogni tentativo di ripresa, la gente sta per accorgersene; e Berlusconi pensa di poterne sviare l'attenzione.
E vuole anche nascondere qualcuna delle norme più oscure della riforma del processo penale, varata nel Consiglio dei ministri di venerdì; come quella secondo cui le sentenze non potranno essere usate come fonte di prova. Una norma che sembra fatta apposta per salvare proprio il Cavaliere dalle probabili conseguenze della prevedibile condanna dell'avvocato David Mills per corruzione in atti giudiziari nella vicenda legata all'inchiesta Mediaset.
C'è poi una terza questione che a Berlusconi è sembrato di poter risolvere forzando la mano per impedire l'esecuzione della sentenza della Cassazione sulla vicenda di Eluana Englaro. E riguarda il suo difficile rapporto con la Chiesa. Libertino impenitente, non certo un esempio di virtù cattoliche in nessun frangente della sua vita, ha pensato di guadagnare per sé e per il suo governo il "Paradiso" delle benevolenze vaticane. Vedremo presto se il suo calcolo è stato giusto o si rivelerà un boomerang.