Tutto come previsto: non perdiamo il treno Come preannunciato da Stefano Firpo la Tav si farà. La promessa di Prodi al collega francese Fillon è stata mantenuta. Dopo tre giorni dal patto tra i primi ministri, il 16 luglio Di Pietro ha firmato con Barloo l'accordo sul cofinanziamento della tratta Torino-Lione e, a due giorni dalla scadenza, il 18 luglio ha depositato nelle mani di Jacques Barrot il dossier con le richieste italiane. Dai giornali si apprende che Di Pietro ha dichiarato che il progetto Tav oggetto della richiesta di finanziamento alla Commissione Ue (725 milioni di euro) riguarda esclusivamente la tratta internazionale (2.165 milioni, mentre tutta l'opera verrà a costare 9.800 milioni). Ciò al fine di consentire all'Osservatorio tecnico per il collegamento ferroviario Torino-Lione presieduto dall'architetto Mario Virano di concludere i suoi lavori, presentando in accordo con le comunità locali il progetto per la tratta nazionale. Il percorso italiano della tratta internazionale Peccato che il tracciato «internazionale» del progetto governativo (si v. Il Sole-24 Ore del 17 luglio 2007, pag. 21 e www.repubblica.it) includa una buona metà del percorso che dal confine arriva a Torino. Infatti è previsto che dopo il tunnel transfrontaliero il treno sbuchi a Chiomonte per giungere a Sant'Antonino di Susa, passando sotto al Monte Orsiera. Tecnicamente sarà pure «internazionale», ma è innegabile che il nuovo tracciato riguardi più di trenta chilometri di territorio nazionale. A ben vedere, anche il vecchio progetto di Lunardi era definito «internazionale», ma comprendeva una tratta nazionale: quel percorso da Venaus a Bussoleno che scatenò la rivolta popolare di fine 2005 inizio 2006. Protesta che impedì l'inizio dei lavori e che ha consigliato il Governo Prodi ad adottare il «metodo del dialogo» (come recentemente ricordato da Letta), valorizzando al massimo l'Osservatorio tecnico per il collegamento ferroviario Torino-Lione, al cui tavolo siedono anche i rappresentanti locali. Stupisce, allora, che il nuovo tracciato a destra della Dora, con tanto di tunnel sotto un parco naturale (quello dell'Orsiera-Rocciavrè), non sia il risultato del lavoro dell'Osservatorio, che avrebbe dovuto individuare il nuovo percorso nazionale della «tratta internazionale» in accordo con le comunità locali, ma che sul punto è ancora in alto mare. Stupisce, ancora, che Di Pietro affermi la neutralità del nuovo tracciato internazionale rispetto a quello nazionale, dal momento che è evidente che la scelta di passare a destra della Dora dall'uscita del tunnel in poi abbia inevitabili riflessi sul percorso dell'alta velocità fino a Torino. Su cui i giochi sembrano fatti: proprio Virano si è già ampiamente sbilanciato sul nuovo percorso dell'alta velocità (si v. www.repubblica.it e www.ilsole24ore.com) dicendo che, sfruttata in parte la linea storica (che verrà interrata), la Tav arriverà a Torino passando da Trana e Orbassano. Metodo del dialogo: finzione o realtà? Tutto già deciso, dunque? Probabilmente sì, ma nulla di ufficiale. Il Governo Prodi sembra commettere lo stesso errore di quello Berlusconi: assumere decisioni non condivise. Il che potrebbe riaccendere gli animi. A questo riguardo, ha preso ufficialmente le distanze dal dossier Di Pietro la Comunità montana Bassa Valle di Susa: il suo presidente, Antonio Ferrentino, ha affermato che tutti i comuni associati dichiareranno in undocumento di non avere mai assentito a questo progetto, di cui tra l'altro non sono stati esposti i contenuti. Anche i no-Tav sembrano sul piede di guerra: si oppongono al nuovo tracciato e organizzano una raccolta di firme di«opposizione contro qualsiasi tracciato TAV-TAC e a qualunque nuovo tunnel», mentre l'eurodeputato di Rc Agnoletto ha depositato a Bruxelles oltre 4.000 firme anti-Tav degli abitanti delle Valli interessate. Tuttavia, il Governo non sembra caduto nella trappola decisionista. Dire che sulla Tav nazionale è ancora tutto da stabilire significa mandare un messaggio chiaro alle comunità locali: «non preoccupatevi, il tavolo delle trattative è aperto, abbiamo solo dovuto prendere i soldi dalla Ue». E infatti Ferrentino ha già fatto sapere che il suo impegno nell'Osservatorio continuerà fiducioso. Semmai, l'errore fatto dal Governo è stato di avere avviato in ritardo il processo di consultazione con le comunità locali. Dovendo accontentare le forze interne contrarie ad oltranza all'alta velocità (Rifondazione comunista), Palazzo Chigi ha per la prima volta riunito l'Osservatorio di Virano soltanto il 12 dicembre 2006, nonostante che fosse stato istituito nel 1 marzo 2006. Con la conseguenza che per disegnare il nuovo percorso della Tav in accordo con le comunità interessate all'Osservatorio non è bastato un fitto calendario di riunioni (più di trenta: si v. gli odg di quelle dal 12 dicembre al 5 giugno) e la pubblicazione di due dei quattro studi programmati (fatti quelli sul potenziale della linea storica e sul traffico merci sull'arco alpino, mancano quelli sul nodo di Torino e sulle alternative di tracciato). Dopo tanto temporeggiare, incalzato dalla scadenza europea e dalle pressioni francesi Prodi si è trovato senza via di scampo: le esauste casse erariali non potevano farsi sfuggire la fetta di finanziamento europeo spettante all'Italia (494 milioni di euro). E così, al di là delle petizioni di principio, capitalizzando l'ok ottenuto sul finire del 2006 dalla Val Sangone e l'opera di mediazione condotta in questi mesi da Virano anche in Valle di Susa (che conosce come pochi, visti gli anni di esperienza maturati come a.d. della Sitaf), il Governo ha anticipato i tempi, disegnando il tracciato da portare a Bruxelles, presentato, d'accordo con Parigi, alla stregua di «tratta internazionale». Il che ha fatto salvo il metodo del dialogo rispetto alla «tratta nazionale», evitando di depotenziare l'Osservatorio di Virano, che andrà avanti nel suo lavoro. La Tav e l'acquisizione del consenso: dalla teoria alla pratica Con il suo operato, il Governo ha chiarito una volta per tutte che la Tav non è (mai stato) un problema sul «se», ma sul «come». Che l'alta velocità s'abbia da fare lo sa Prodi, così come lo sapeva Berlusconi. La questione è trovare il metodo procedurale per formalizzare la decisione. Che deve essere presa, per non rischiare di isolarci dall'Europa. Proprio considerando quanto sia difficile in Italia vincere le resistenze del cieco immobilismo che rifiuta qualsiasi scelta di modernizzazione e/o di riforma, ha pienamente ragione Virano quando dice che per adottare decisioni complesse occorre seguire il canone del «ci si parla, ci si ascolta, ci si rispetta e ci si capisce», perché «il dialogo è un valore e porta alle decisioni». Dal punto di vista teorico, con Habermas potrebbe dirsi che l'accordo con le comunità locali è necessario ai fini dell'effettività delle decisioni: se le scelte sono partecipate e condivise, esse appaiono argomentate, razionali e quindi accettabili. Anche perché, la partecipazione nei processi decisionali pubblici regola le delusioni e compensa i conflitti: dare la possibilità ai singoli, alle associazioni, agli organi rappresentativi di esprimere le loro posizioni ed aspettative permette «l'imputazione della delusione, nel senso che la colpa della discrepanza tra realtà ed aspettative non viene addossata a chi è rimasto deluso, ma a colui che agisce» (Luhmann, 1969). Questa la teoria. Più in concreto, la scelta del Governo di enfatizzare la strada partecipativa e di dichiarare che tutto è rimesso ai risultati dell'Osservatorio significa lasciare carta bianca a Virano, cui spetterà negoziare il «prezzo dell'intesa» (strade, scuole, infrastrutture, impianti sportivi, manifestazioni, benefici finanziari) con le comunità locali. Che alla fine daranno il consenso a ricalcare a penna il percorso che il Governo ha già tracciato a matita. |