Le elezioni per il rinnovo del Bundestag, la Camera bassa del Parlamento tedesco, sono attese con ansia in mezza Europa ormai da almeno un anno. Cosa accadrà in caso di un terzo mandato per Angela Merkel? E in caso di vittoria socialdemocratica? E quali sono le coalizioni possibili all'esito del voto? Si tratta di domande senz'altro sensate, ma la risposta potrebbe arrivare non il 23 settembre, bensì tra qualche mese.
1. La Cancelliera Merkel è un animale politico imprevedibile, cambia spesso opinione, lo fa – come si dice – per pragmatismo (altri lo definiscono opportunismo), tanto che risulta impossibile persino ai suoi avversari riuscire a dire con certezza in che cosa davvero Angela Merkel creda o non creda.
Nonostante la sua impalpabilità, la Cancelliera ispira fiducia e sicurezza nell'elettore medio. Forse perché non si rifugia mai in tecnicismi ma parla chiaro e semplice, forse perché appare sempre tranquilla e sorridente. Resta il fatto che su questa strana personalità, fatta di mosse prudenti e interventi sobri e misurati, Angela Merkel ha costruito tutta la sua carriera politica da Cancelliera. Non ci è riuscita da subito. Agli inizi, nei primi anni novanta, quando era ministro sotto Kohl, le sue prime comparsate televisive davano nell'occhio e le gaffes erano all'ordine del giorno.
Le cose sono migliorate nei primi anni duemila, quando ha assunto la presidenza del partito. Oggi Angie, come la chiamano i suoi sostenitori, sembra imperturbabile nel tenere le redini della Germania. Nulla o nessuno pare in grado di scalfirne la leadership. La storia della sua personalità è peraltro anche la storia di quest'ultima campagna elettorale, giocata tutta in attesa degli affondi avversari.
2. Per mesi, la Cancelliera è riuscita a spegnere il confronto politico. Ha sottratto ai socialdemocratici tutti i temi elettorali a loro cari, costringendo un riformista come Peer Steinbrück a virare pericolosamente a sinistra. L'alleanza rosso-verde tra SPD (socialdemocratici) e Grüne (Verdi) è andata in confusione, approvando un programma elettorale fatto solo di nuove tasse e spesa pubblica.
Nessuna delle critiche alla Cancelliera è andata a segno. E non perché non ve ne fossero di calzanti. Dal 2005, anno in cui è andata al governo, ed eccezion fatta per la riforma delle pensioni, la Germania ha smesso di approvare riforme coraggiose per mantenere vibrante la propria economia, scegliendo invece di vivere della rendita creata dalle misure varate dall'esecutivo precedente.
Angela Merkel ha controllato e amministrato il potere, evitando decisioni drastiche o impopolari che potessero minare la pace sociale e l'ordine pubblico. Solo piccoli passi, dunque, come si suole ripetere, e nient'altro. Eppure questa gestione della cosa pubblica non sembra dispiacere ai tedeschi, che fino a qualche settimana fa sembravano dover premiare la CDU/CSU (cristiano-democratici e cristiano sociali bavaresi) con più del 40 per cento dei consensi, una cifra mai più toccata dal 1994.
3. Nelle ultime settimane, in particolare dopo il duello televisivo, il partito socialdemocratico è tornato a riprendere quota nei sondaggi, riducendo a poco più di dieci punti una distanza che in precedenza aveva anche superato i quindici. Ma la riscossa dell'SPD sembra essere dovuta a un travaso di voti più che a una vera e propria mobilitazione dell'elettorato in favore dell'ex Ministro delle Finanze. Mentre i socialdemocratici risalivano, infatti, gli alleati ecologisti hanno incominciato a calare rapidamente.
Prima della svolta antinuclearista della signora Merkel, il consenso per gli ecologisti aveva raggiunto perfino quota 20 percento. Poi, complice la sottrazione di un tema tanto caro ai verdi e il loro spostamento su una piattaforma di politica economica alquanto massimalista, il partito ecologista ha incominciato a declinare e sembra dover essere una delle tante sorprese negative di queste elezioni.
Costante si prospetta invece il risultato di Die Linke, l'estrema sinistra, che può ancora contare su un forte bacino di voti nelle zone dell'ex Germania Est. Già fuori gioco, invece, è il Partito dei Pirati – Piratenpartei – riuscito nell'impresa di entrare in tre Parlamenti regionali negli anni passati, ma oggi risucchiato via dalla strategia del “voto utile” cui ricorre la gran parte degli elettori. Incerta, invece, la performance di liberali (FDP) ed euroscettici.
Nelle ultime settimane l'FDP del Vicecancelliere Philipp Rösler sembrava poter superare la soglia di sbarramento del 5 per cento e rientrare al Bundestag. Il risultato, però, non è né certo, né scontato. Gli euroscettici di Alternativa per la Germania (AfD), invece, hanno il vento in poppa da circa tre settimane e, anche se ancora al di sotto dell'asticella in quasi tutti i sondaggi, sembrano poter rosicchiare consensi decisivi alla coalizione cristiano-liberale.
In breve, se anche un sesto partito dovesse aggiungersi al già variopinto scacchiere politico, il rischio di ritrovarsi il 23 settembre con uno hung Parliament (un parlamento senza maggioranza) è tutto fuorché remoto.
A quel punto, l'unica soluzione sarebbe tornare alla grande coalizione. I socialdemocratici stanno già cercando di digerire la pillola amara prima ancora di averla inghiottita. L'ultima esperienza di governo con la signora Merkel li condannò, quattro anni fa, al peggior risultato della loro storia.
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