Nelle sommesse o meno discussioni sullo stato di salute e sulle necessità del sistema bancario europeo emerge improvvisamente un istituto tedesco molto prestigioso, Zew, con un rifacimento ex novo dello stress test appena pubblicato dall’European Banking Association (EBA), ma partendo dalla metodologia anglosassone (*). Se questo non è un sasso nello stagno è qualcosa che comunque gli assomiglia molto. Anche se si può comunque dubitare che sortisca gli effetti desiderati.
Per farla brevissima, invece di introdurre, come fa l’EBA, della valutazioni discrezionali sulle diverse tipologie degli attivi delle banche per stabilire la sufficienza patrimoniale in condizioni estreme, Zew in sostanza afferma di non essere interessata alle diverse scelte dei banchieri, che altrimenti diventerebbero dei semplici robot telecomandati dalla BCE, ma si concentra sulla quantità minima di patrimonio necessaria ad evitare rischi sistemici. Quindi, che una banca finanzi carote e l’altra patate non deve essere oggetto dello stress test ma piuttosto che entrambe abbiano risorse sufficienti a svolgere il loro mestiere senza che si debba intervenire sulla scelta più o meno opportuna tra carote e patate.
E’ la visione apparentemente rozza ma efficace applicata dalla FED per le banche americane, dalla BoE per le banche inglesi e dalla SNB per le banche svizzere. Anzi, più precisamente Zew ha applicato alle medesime 51 banche europee scrutinate dall’EBA i parametri ben più restrittivi utilizzati dalle autorità americane nel recente stress test effettuato a giugno 2016. L’efficacia nasce dalla semplicità ed affidabilità del modello di valutazione che, proprio per la sua immediatezza, permette di intervenire con velocità senza dover costruire complessi ed ambigui modelli di ponderazione delle diverse e a volte incomprensibili tipologie di rischio.
Peraltro, la velocità decisionale e la semplicità analitica sono elementi di cui sembra ci sia particolare urgenza per evitare continui sommovimenti e lasciando incessantemente aperta la strada al dubbio che non si arrivi mai al nocciolo della questione. La simulazione di Zew sembra dire proprio questo. Rispetto ai risultati dell’EBA, che hanno attribuito alla sola e nota realtà bancaria italiana una situazione deficitaria e con i conseguenti effetti nocivi a catena, i risultati di Zew dicono cose molto diverse. Il deficit è molto maggiore, 123 miliardi di euro, imputabile per oltre due terzi a Germania, Francia e Olanda mentre l’Italia rappresenta solo il 15% del problema.
Dei 32 miliardi di deficit tedesco circa 19 sono generati dalla maggiore banca del paese mentre il grosso del deficit francese proviene dalle due principali banche. Il contributo negativo delle quattro banche olandesi è abbastanza equamente distribuito ma appare preoccupante per la dimensione. Vale la pena ricordare che Regno Unito, Spagna e Irlanda mostrano valori che, sommati, sono pari al deficit italiano pur avendo già salvato i propri sistemi bancari con soldi pubblici (bail-out) anche provenienti da paesi partner. Lo stesso si può dire per le banche tedesche, francesi e olandesi che hanno ricevuto colossali contributi statali a differenza delle banche italiane.
Non stupisce, quindi, che le uniche banche a non aver superato lo stress test americano siano state le filiali di due banche europee, una tedesca e una spagnola, con il conseguente divieto alla distribuzione del dividendo agli azionisti. Diventa ormai sempre più difficile comprendere le ragioni del leitmotiv che vorrebbe le banche italiane all’origine di potenziali e rilevanti rischi sistemici.
(*)http://www.sascha-steffen.de/uploads/5/9/9/3/5993642/benchmarking_august2016.pdf
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