Quando si guardano le prospettive di lungo termine, si vede meglio. Il primo grafico è il rapporto tra l’oro (Au) e lo SP500, il secondo il rapporto tra l’oro e l’argento (Ag). Per i grafici (1).


Il primo grafico dice che nel 1982, subito dopo il secondo shock petrolifero, con l’inflazione alta, l’oro valeva tre volte l’SP500. Poi l’inflazione si è ridotta, mentre l’SP500 pagava dividendi. Negli anni Novanta persino le banche centrali scaricavano l’oro per comprare le obbligazioni. Il rapporto è andato a 0,25, ossia si è diviso per 12. Quando risale? Il primo blip lo fa subito dopo le Torri Gemelle, passa da 0,25 a 0,5, il secondo dopo la bancarotta di Lehman, passa da 0,5 a 1. Ma è ancora molto basso rispetto al 1982. Se le cose peggiorassero, la storia dice che il margine di salita del quoziente della paura sarebbe ancora alto.


Veniamo al secondo grafico. Perché da un anno la corsa dell’argento è doppia di quella dell’oro? Molti si chiedono se c’è una bolla oppure no. In realtà oggi il quoziente è 35, ma scende da 100 e storicamente è anche stato 20. Quindi non siamo in un territorio sconosciuto per questo prezzo relativo. L’oro è usato come riserva di valore e in gioielleria. L’argento è paragonato all’oro perché si usa in gioielleria, ma solo nella storia di tanto tempo fa è stato un valore di riserva. Quindi l’argento, a differenza dell’oro, risente meno della paura, mentre risente molto degli usi industriali. Oltre che la gioielleria, lo usano l’industria elettronica e quella energetica, che non sono proprio due industrie trascurabili. A rendere rarefatta l’offerta di argento vi è anche il fatto che da qualche anno se ne produce nel mondo meno di quanto se ne consumi, il che significa che i grandi consumatori (per esempio i soliti cinesi) vogliono farsi delle scorte strategiche. Inoltre, l’oro è quasi sempre riutilizzato, mentre l’argento viene recuperato poco.


Curiosità, nel dicembre del 2010 una grande finanziaria aveva aperto posizioni short sull’argento per 200 milioni di once. Il prezzo dell’Ag era allora di 30 e il quoziente Au/Ag era allora di 40, e negli ultimi dieci anni era sempre rimbalzato tra 40 e 80. Oggi l’Ag è circa 50. Ecco, è il difetto di fare i calcoli con serie storiche troppo corte. Lo stesso di LTCM, che usava serie storiche troppo corte per prezzare il rischio; quindi lo sottovalutava e lo vendeva a prezzi che non consideravano la probabilità del cigno nero. Torniamo alla grande finanziaria. A oggi quelle posizioni non risultano chiuse. Ai prezzi di questa mattina il mark to market è di –50 miliardi di dollari, ossia un quarto del patrimonio della banca. Se l’Ag andasse a 60, il che significherebbe un ratio Au/Ag di 25, storicamente non impossibile, la grande finanziaria avrebbe perso il 50 per cento del patrimonio. Di qui all’estate.


(1) http://www.centroeinaudi.it/images/lettera_economica/oro%20e%20argento.png