Il mercato delle azioni è molto poco rischioso quando - qui la condizione necessaria - i tassi e i rendimenti sono così alti che non possono che scendere, e gli utili sono così bassi che non possono che salire (*). La modesta rischiosità diventa un’ottima occasione di investimento se - qui la condizione sufficiente - il rapporto fra i prezzi e gli utili è basso, ossia che non sconti l’andamento futuro. Allo stato, queste tre condizioni sono assenti. I tassi e i rendimenti sono, infatti, pressoché nulli, mentre gli utili sono elevati rispetto alla media, intesa come quota del reddito nazionale e come rapporto fra i prezzi e i risultati d’impresa.
Per queste ragioni i mercati delle azioni diventano vulnerabili, se si teme: 1) un rialzo dei tassi e dei rendimenti, 2) un freno o anche una flessione alla crescita 3) il deterioramento della situazione politica. La condizione 1) però contraddice la 2), se si teme che si manifestino contemporaneamente. Il rialzo dei tassi non si può, infatti, manifestare se c’è un rallentamento o una contrazione, perché, in questo caso, le banche centrali continuerebbero con le politiche espansive. La condizione 3) può benissimo convivere con la condizione 1) e 2), che si manifestano separatamente, perché il malessere che ha preso forma nel Populismo non è un derivazione diretta dell’andamento congiunturale dell’economia.
Basta così un’occasione maggiore - un casus belli che sia convincente agli occhi degli operatori (i “gestori”) e dei loro clienti (i “risparmiatori”) - perché gli investitori professionali riducano - all’inizio poco, poi sempre di più - il peso delle azioni nei portafogli. Il casus belli che, peraltro, e come ovvio, è difficile se non impossibile da prevedere, per ora non sembra all’orizzonte, e quindi possiamo immaginare anche un’ulteriore crescita dei prezzi delle azioni e (in minor misura) delle obbligazioni. Potremmo, in altre parole, avere un andamento simile a quello del 2015-2016 quando sembrava che il ciclo di crescita delle azioni e delle obbligazioni fosse ormaI terminato, perché l’economia stava frenando, ma poi la crescita proseguì. Va ricordato che allora i prezzi delle azioni e delle obbligazioni erano meno elevati rispetto agli utili ed alle cedole di quanto non lo siano oggi (qui per i particolari - 1). Oggi - e da qualche tempo - vi sono dei modesti segni di ripresa, o, almeno, di non flessione (qui per i particolari - 2).
Si deve tener presente - per non cadere in una specie di "razionalismo" - il gran peso che hanno le “narrazioni” nei comportamenti di borsa. Un peso che si avvicina a quello dei “fondamentali” - ossia agli utili, ai tassi, e al livello dei prezzi (qui per i particolari - 3). Ai tempi della “bolla” della tecnologia (nel 2000) si aveva l’aspettativa di un “mondo nuovo” che si sarebbe manifestato all'indomani. Ai tempi della “bolla” dei mutui ipotecari (nel 2007) si aveva l’aspettativa della “grande moderazione” che avrebbe inibito ogni crisi. Oggi possiamo avere una nuova narrazione - una nuova "bolla" che inizia nel 2016 - che afferma che tutto va bene per l’America, perchè essa è finalmente tornata protagonista.
Si potrebbero, infine, aggiungere delle considerazioni sulle pensioni. Considerazioni che esulano dall'Asset Alocation tradizionale, ma che diventeranno sempre più rilevanti. Il sistema pensionistico statunitense, che è in gran parte ad accumulazione, può reggere solo se i prezzi delle attività finanziarie crescono senza sosta (qui per i particolari - 4). Le questione delle pensioni che sono eccessive rispetto ai versamenti data l’età cui si accede ed alla vita residua - vedi che cosa accade in Francia (qui per i particolari - 5), in Russia (qui per i particolari - 6), e in Cile (qui per i particolari - 7), comincia a diventare un nodo politico oltre che economico e finanziario della massima importanza.
(*) Russel Napier, Anatomy of the Bear, Harriman House, 2009
1 - https://www.ft.com/content/9a3b7d28-008e-11ea-b7bc-f3fa4e77dd47
2 - https://www.ft.com/content/c45be9b2-0a20-11ea-bb52-34c8d9dc6d84
3 - https://stumblingandmumbling.typepad.com/stumbling_and_mumbling/2019/10/narrative-economics-a-review.html
4 - https://www.economist.com/finance-and-economics/2019/11/14/americas-public-sector-pension-schemes-are-trillions-of-dollars-short
5 - https://www.economist.com/europe/2019/12/07/pension-anxiety-drives-france-on-strike-and-onto-the-streets
6 - https://www.ft.com/content/169fc9ce-c728-11e8-ba8f-ee390057b8c9
7 - https://www.ft.com/content/4f8107f8-0fd4-11ea-a7e6-62bf4f9e548a
Osserviamo gli andamenti effettivi. Da una parte abbiamo l’indice mondiale delle azioni (linea blu), e dall’altro dell’indice mondiale delle obbligazioni, private e pubbliche (linea rossa) dallo scorso anno, quando si era avuta la flessione delle azioni ad oggi, a quando quest’anno si è avuta la ripresa dei corsi. Come si vede, poco è accaduto, la linea di tendenza che si avrebbe sarebbe piatta, con le obbligazioni che hanno fatto meglio sia come risultati assoluti (ma di poco) sia come minor volatilità (ma molto meglio).
Nota a margine sulle pensioni
Negli ultimi tempi si ha un’insorgenza della vicenda delle pensioni. Il cuore della questione in tutti i Paesi di cui si è fatto cenno sono le pensioni eccessive rispetto ai versamenti data l’età cui si accede per goderne ed alla vita residua lungo la quale le si incassa. Questo andamento vale sia per i sistemi a ripartizione (chi lavora trasferisce del reddito a chi è in pensione) sia per i sistemi ad accumulazione (chi lavora versa una parte del proprio reddito che viene investito intanto che aspetta di andare in pensione).
Un tempo avevamo Giuseppe sposato con Maria, e i due avevano tre figli. Giuseppe andava in pensione a 55 anni e viveva per dieci anni fino ai 65. I tre figli, quando Giuseppe andava in pensione, lavoravano tutti e pagavano la pensione del padre ciascuno per un terzo e per soli dieci anni. Maria alla morte di Giuseppe riceveva una parte della pensione del marito come reddito per aver tirato su la casa e i figli. Una decina di anni dopo anche Maria moriva.
Oggi abbiamo sempre Giuseppe sposato con Maria, ma i due hanno un solo figlio. Giuseppe va in pensione a 65 anni e vive per venti anni fino agli 85. Il figlio quando Giuseppe va in pensione lavora, ma paga da solo la pensione del padre e per venti anni. Maria alla morte di Giuseppe riceve per una decina di anni una parte della pensione del marito come reddito per aver tirato su la casa e il figlio.
Come siamo arrivati a questo punto? Procediamo dalla “transizione demografica”.
1 - Inizialmente - fino alla Grande Guerra e in Occidente - si aveva un gran numero di nascite e di decessi, questi ultimi soprattutto nei primi anni di vita. Il saldo iniziale era quindi vicino allo zero, ossia la popolazione cresceva molto poco. Inoltre, superato il parto e i primi anni di vita, si viveva poco. Ergo, un eventuale trasferimento pensionistico durava poco o niente: uno andava in pensione e poco dopo moriva.
2 - Poi - a iniziare dagli anni Trenta e per il primo Dopoguerra - cadono – per i progressi delle medicina, dell'igiene, dell'alimentazione – i decessi, mentre le nascite – più di due figli per donna - hanno lo stesso andamento di prima. Ne segue un'esplosione della popolazione. Nella seconda fase vi sono molti giovani (ne muoiono di meno) e pochi anziani (quelli sopravvissuti del periodo precedente). In Italia all’epoca vi erano otto giovani per ogni anziano. Le pensioni pesavano quindi poco sul reddito dei giovani. Se, per esempio, il reddito dei giovani e quello dei pensionati fosse stato eguale, ogni pensionato in un sistema a ripartizione sarebbe costato un ottavo del reddito dei giovani occupati.
3 - Nel periodo successivo - in questi decenni - nascono poche persone – si ha un numero di nascite per donna inferiore a due, mentre continuano a vivere quelli nati nel periodo precedente, quando si è avuta la divaricazione fra le tante nascite e le poche morti. Nella terza fase vi sono poco più di due giovani per ogni anziano – la previsione per l'Italia dopo il 2030. Le pensioni pesano perciò molto sul reddito dei giovani. Il peso varia a secondo della produttività che si è raggiunta.
4 - Nel periodo successivo - nei prossimi decenni - ecco che muoiono quelli nati all'epoca della divaricazione (i “baby boomers”), con la popolazione che intanto decresce lentamente – perché si hanno ancora meno di due figli per donna. Man mano che decede la generazione dei baby boomers, la quota di persone anziane in rapporto alle altre fasce di età si contrae. Il sistema pensionistico diventa più leggero dal punto di vista dei giovani, perché si hanno meno anziani per unità di giovane.
Insomma, nel lungo periodo le cose si aggiustano, mentre nel breve il peso delle pensioni morde.
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