Le ultime settimane sono state segnate essenzialmente dal referendum britannico. Prima con l'aspettativa che avrebbe vinto il Remain, poi con il risultato effettivo opposto. Nei primi giorni dopo il referendum si è avuta una forte correzione dei mercati azionari, una forte caduta della sterlina, ed una invarianza dei rendimenti delle obbligazioni.
Poi le azioni si sono riprese in Gran Bretagna, ma non in Europa, la sterlina è rimasta dov'era, e le obbligazioni pure. Il mercato britannico si è ripreso (NB: se misurato in sterline), laddove si hanno le grandi imprese (il FT-100), ma non dove si hanno anche le imprese che servono il mercato domestico (il FT-250). Intanto è proseguita la caduta delle banche (un -15% registrato dall'indice europeo).
Successivamente al referendum il leader conservatore pro-Remain (Cameron) si è ritirato, così come il suo principale antagonista conservatore pro-Brexit (Johnson), così pure come il leader nazionalista pro-Brexit (Farange), mentre il leader laburista (Corbyn) è sotto contestazione. La vicenda referendaria per ora non ha prodotto alcun risultato pratico: la Gran Bretagna non ha chiesto ufficialmente di uscire dall'Unione Europea, il referendum è consuntivo e quindi la Camera dei Comuni non è obbligata (ma forse è tenuta) a dare un seguito, e così via. Alla fine abbiamo una Gran Bretagna senza guida che non ha ancora deciso che cosa fare. Se la Gran Bretagna non decide, per gli altri paesi dell'Unione Europea diventa difficile decidere.
L'economia reale stava andando meglio negli ultimi tempi, e quindi l'incertezza provocata della Brexit dovrebbe avere un impatto negativo minore rispetto a quello che sarebbe avuto se le cose fossero andate peggio (1). I prossimi appuntamenti del 2016 sono il referendum italiano sulla riforma costituzionale, e l'elezione del Presidente degli Stati Uniti.
Si ha poco da commentare. Il mercato delle obbligazioni sovrane mostra dei rendimenti negativi o quasi nulli, mentre i mercati delle azioni sono leggermente cari. Gli utili - al di fuori del settore bancario ed energetico che sono i settori più colpiti e che meritano una trattazione a parte - in sostanza non crescono. Perciò abbiamo dei mercati finanziari o “tiratissimi” (quelli obbligazionari), o “tirati” (quelli azionari), intanto che il contesto politico si complica.
La decisione di Asset Allocation alla fine è questa: 1) si pensa che si abbiano dei motori di ripresa dell'economia reale per cui i rendimenti delle obbligazioni possono salire (i prezzi scendere) e i prezzi delle azioni salire?, 2) oppure si pensa che non si abbiano dei motori di ripresa che portino su le azioni, mentre lasciano dove sono le obbligazioni? Nel primo caso si guadagna in campo azionario e si perde in quello obbligazionario, nel secondo non si guadagna da nessuna parte. Si pensa, infine, che il guadagno azionario nel primo caso e l'invarianza del risultato finale nel secondo sia in grado di compensare la volatilità che c'è stata e che probabilmente ci sarà?
Nota finale. Siamo in un contesto di “overshooting”, ossia i mercati finanziari sono alla ricerca di un pavimento che sconti lo scenario peggiore. Trovato il pavimento, per ogni notizia non negativa solitamente riprende a salire. Se lo scenario peggiore è quello di una ripresa stentata e di una grande incertezza politica, allora le obbligazioni sono giunte con i rendimenti negativi (Bund) o quasi nulli (BTP) a toccare o ad essere vicine al pavimento. Per le azioni è difficile dire. Per ora “tengono” (ex settore bancario) soprattutto perché le obbligazioni rendono nulla, e quindi le azioni diventano “relativamente” attraenti, ma non sono ancora “assolutamente” attraenti.
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