Più i mercati cadono, più viene la tentazione di comprare. È una tentazione razionale, perché, se i prezzi flettono molto, la probabilità di ulteriori flessioni si riduce. Il punto pratico è capire quando la probabilità di flessioni ulteriori si riduce «per davvero» e non «per desiderio».
1. Fifo-metrica
Mostriamo un ragionamento che aiuta a misurare il timore degli investitori in azioni durante una crisi. Perché mai i prezzi delle azioni scendono moltissimo e poi risalgono moltissimo, apparentemente senza motivo? Sembra una cosa priva di senso, e spesso lo si afferma, ma non è così. Lo si vede da quattro passaggi.
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S’immagini che le imprese europee, prima della crisi, tutte insieme generino un utile di 100 euro. E s’immagini che il rendimento delle obbligazioni europee – il fattore di sconto – sia, sempre prima della crisi, del 5%. Qual è il prezzo teorico delle azioni europee – ossia la loro capitalizzazione teorica? Supponendo che gli utili siano costanti, così come i rendimenti, il loro prezzo teorico è di 2.000 euro (100/5%).
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Arriva la crisi, che ridimensiona gli utili. Nelle crisi gli utili europei possono cadere – è avvenuto quattro volte negli ultimi quarant’anni, come mostra il primo grafico – fino al 40%. Se uno pensa che essi non si risolleveranno più, allora il prezzo teorico diventa 1.200 (60/5%).
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Ma una crisi economica schiaccia il rendimento delle obbligazioni. Se il rendimento passa al 4%, il prezzo arriva a 1.500 (60x4%). Se passa al 3%, il prezzo arriva a 1.980 (60x3%).
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Gli utili possono però risalire, dal fondo della crisi, da 60 fino a 80 euro e i rendimenti risalire, dal fondo della crisi, dal 3 al 4%. Alla fine, riabbiamo la nostra capitalizzazione di 2.000 euro (80x4%).
Come si vede, la sequenza 2.000 - 1.200 - 1.500 - 1980 - 2.000 ha senso. È un andamento che pare folle, ma che si spiega solo facendo due conti. Il nostro quesito pratico è però capire quando rientrare in Borsa, ossia, per riprendere l’esempio, quando i prezzi sono nell’arco fra 1.200 e 1.500.
Si possono prendere gli utili attesi. Nell’esempio sopra, chiedersi se gli utili, che erano 100 prima della crisi, saranno pari in futuro a 60 oppure a 80 euro. Gli utili futuri però sono sempre sovrastimati dalle imprese e dagli analisti. Invece, se prendiamo gli utili degli ultimi dieci anni, abbiamo sia una recessione (quella del 2001), sia una ripresa (2003-2007), sia un’altra recessione (quella iniziata nel 2008). Dunque la media degli utili degli ultimi dieci anni è un’approssimazione accettabile di quello che ci possiamo attendere – un alternarsi di fasi in ascesa e in caduta.
Se prendiamo i prezzi e li dividiamo per gli utili degli ultimi dieci anni, ricaviamo un andamento che può aiutarci a rispondere alla nostra domanda se sia il caso di tornare in Borsa. I prezzi (la capitalizzazione) divisa per gli utili (decennali) è pari (come media) a quindici volte dal 1970 in Europa. Ha raggiunto un picco di trenta volte nel 2000, ai tempi del boom della tecnologia. Ed è caduta sotto le dieci volte solo in pochi casi. Quando è caduta sotto le dieci volte, si è sempre avuta la ripresa dei prezzi delle azioni. Si veda il secondo grafico. Per riprendere l’esempio di prima, è la sequenza 1.200 - 1.500.
Ebbene, oggi in Europa manca ancora un 10% di caduta degli indici per avvicinarsi all’area dalla quale le Borse si sono sempre riprese negli ultimi quarant’anni.
2. Attenti al mammut
Se le Borse cadono di un ulteriore 10%, allora si può comprare senza soverchi timori? No, questa è una condizione necessaria ma non sufficiente. Infatti, in passato le flessioni della Borsa non sono mai state accompagnate da difficoltà «di sistema» paragonabili a quelle di oggi. In passato, una volta che i prezzi fossero caduti e l’economia ripresa, tutto tornava in ordine. Oggi è molto più difficile: si ha la crisi dei debiti pubblici e una crescita molto modesta, una combinazione che rende tutto ben più complicato.
Si pensi alle tribù dei tempi delle caverne. Quelle che riescono a mangiare più carne diventano più forti. Di conseguenza una tribù, anche se ha appena mangiato carne a sufficienza, ha tutto l’interesse a cacciare ancora i mammut affinché gli altri non mangino carne. Tutti cacciano i mammut affinché nessun altro mangi carne perché tutti hanno paura di essere dominati da chi mangia molta più carne. Il risultato è che i mammut scompaiono velocemente, giacché si mangia più carne del necessario.
Ossia, accade che, se tutti perseguono razionalmente il proprio interesse, non si ha necessariamente l’intereresse collettivo. Chi abbia visto il film Beautiful Mind ha avuto a che fare con il concetto del mammut appena espresso (l'«equilibrio di Nash»). Al giovane studente Nash il professore dice: «Ma lei chi si crede di essere che sta demolendo l’edificio dell’economia?». Il quale edificio sostiene che se tutti fanno il proprio interesse si ha un guadagno collettivo: la «mano invisibile» di Adam Smith.
Bene, se tutti i paesi europei perseguono il risanamento dei propri conti pubblici – se ognuno caccia il proprio mammut per non essere penalizzato rispetto agli altri – ecco che la domanda aggregata in Europa flette, l’incertezza aumenta ancora di più, la crescita economica frena, con le Borse che non si riprendono facilmente benché siano arrivate alla soglia minima, che abbiamo discusso prima.
La risposta alla domanda iniziale allora diventa: si investirà con un rischio davvero contenuto quando i prezzi cadranno ancora (ma non molto) e quando (soprattutto) s’intravederà una soluzione fiscale e monetaria ai problemi dell’Europa dell’euro.
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