La nostra idea strategica continua a essere quella che afferma che le azioni possono flettere, così come possono flettere le obbligazioni emesse dai Tesori, seppure meno. Riproponiamo quindi – con leggeri ritocchi – il testo dell’Asset allocation strategica di dicembre 2009. Non vi sono state nell’ultimo mese novità tali da indurci a mutare l’analisi. Pubblichiamo ogni settimana anche l’allocazione tattica, che – per sua natura – è meno estrema di quella strategica. Rimandiamo per i molti approfondimenti alla ricerca Scenario 2010.

Per arrivare subito alla giugulare del problema. I deficit pubblici – cresciuti per contenere la crisi - difficilmente saranno messi sotto controllo. Il debito che essi hanno prodotto fino ad oggi è stato assorbito: 1) a seconda dei paesi - dalle banche di credito ordinario, dalle banche centrali, dalle banche centrali di paesi terzi; 2) dal pubblico dei risparmiatori, che nel 2009 nei paesi emersi è stato acquirente netto di debito pubblico e privato, ma non di azioni. Il grande assorbimento di debito pubblico ha dunque impedito che i rendimenti salissero. Il debito è stato emesso e l’onere del debito è cresciuto poco.
 
Se da qui in avanti i rendimenti salissero, avremmo tre fenomeni: 1) il costo del debito sale e quindi i bilanci pubblici avranno maggiori oneri da interesse da pagare; 2) il rendimento del debito privato sale, facendo scendere i prezzi delle obbligazioni emesse; 3) sale il fattore di sconto degli utili. Il valore di un’azione è dato dal flusso di utili scontato per il rendimento del debito pubblico (U/i). Salirebbe il denominatore, perciò il prezzo delle azioni andrebbe sotto pressione.
 
La prima condizione per la tenuta dei mercati finanziari (obbligazionari ed azionari) è la stabilità dei rendimenti a lungo termine dei titoli del debito pubblico.
 
Si sono avuti nel 2009 dei segnali di difficoltà, per ora nei paesi minori, come la Grecia. Il debito pubblico greco è però una frazione del debito pubblico emesso in euro. I paesi maggiori messi peggio sul versante del debito pubblico sono la Gran Bretagna, il Giappone e gli Stati Uniti. Essi hanno un bilancio pubblico in deficit prima di pagare gli interessi, e dunque debbono emettere nuovo debito per pagare gli interessi, prima ancora di pagare gli interessi sul debito emesso. (Tecnicamente, essi hanno un saldo primario in deficit).
 
Sul versante delle azioni, la maggior parte delle previsioni sostiene che vi sarà una forte crescita degli utili nel 2010. A ben guardare le previsioni stesse, la crescita verrà quasi tutta dal settore finanziario e da quello energetico. Quello energetico guadagna a partire da un barile sopra i 40 dollari e quindi abbiamo poco da aggiungere. Siamo, invece, scettici che il settore finanziario sia in grado di produrre dei grandi utili. Intendiamo degli utili “veri”, ossia degli utili che emergono dai bilanci che tengano conto dei prezzi delle obbligazioni che esse hanno all’attivo e della crescita dei crediti di cattiva qualità.
 
La vulnerabilità dei mercati alla fine è la crescita del debito pubblico dei paesi maggiori in presenza di saldi primari in deficit e l’eccessiva concentrazione delle aspettative di utile nel settore finanziario.

Il bivio decisionale dell’investitore è – a nostro avviso – questo. A) La crisi è quasi finita e quindi la borsa anticipa la ripresa, salendo. La ripresa genererà un gettito fiscale tale che il debito pubblico sarà sotto controllo; e dunque i rendimenti sono giustamente bassi. Il dollaro, infine, è debole perché si vendono dollari per comprare le attività più lucrative. Le materie prime industriali salgono perché in Asia c’è ripresa. B) La crisi è quasi finita, e la ripresa sarà stentata, perché le famiglie statunitensi non consumeranno più come prima, dovendo ridurre il proprio debito. La ripresa stentata della domanda per consumi frenerà la crescita degli utili. Inoltre, non alzerà molto il gettito e quindi i deficit pubblici resteranno elevati e le obbligazioni in offerta saranno cospicue. La crescita della borsa è stata eccessiva. I rendimenti sono ancora bassi, ma alla fine saliranno, dunque i prezzi delle obbligazioni scenderanno. Le materie prime industriali salgono perché in Asia non ci si fida del dollaro. Inoltre, la domanda di oro rafforza il sospetto che vi sia timore diffuso sulla tenuta del dollaro.
 
La nostra interpretazione è la seconda. La nostra idea è che le azioni possano flettere, così come possono flettere le obbligazioni emesse dai Tesori, seppure meno delle azioni. Di conseguenza, da un punto di vista strategico conviene aspettare che i prezzi raggiungano un nuovo equilibrio (inferiore). Da un punto di vista strategico conviene restare investiti in titoli del Tesoro a breve termine (in euro, perché il dollaro potrebbe salire molto nel breve termine per il rimpatrio dei capitali, ma alla lunga resta debole) ed aspettare che la crisi “morda”. A quel punto si avrebbero i mezzi per investire. Se, invece, non mordesse, si è preservato il capitale.



Gennaio 2010

    
           Stati Uniti

   
       Europa euro


Azioni / Obbligazioni

                --

              --


Obbligazioni / Liquidità

                 -

               -


  

Quando la previsione è di un’attività finanziaria che va molto peggio di un’altra, il giudizio è «---»;
«--» o «-» sono giudizi meno negativi.
Lo stesso vale con «+++» e, a scendere, con «++» o «+». 


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