Il ballo sulla Grecia è ricominciato e la ragione è che il suo bilancio pubblico difficilmente si risanerà. Esso è in deficit prima di pagare gli interessi sul debito emesso, ossia ha un surplus primario negativo. Quindi la Grecia emette debito prima ancora di emetterne altro per pagare gli interessi sul vecchio debito. La manovra richiesta per portare sotto controllo il debito in dieci anni – il surplus primario positivo – è pari al 10% del Pil, secondo i conti del Fondo Monetario (Fiscal Monitor, aprile 2011, p. 22). Un numero che metterebbe sotto pressione qualsiasi sistema politico. Si noti che la correzione richiesta per gli Stati Uniti, la Gran Bretagna, è dello stesso tenore – ossia intorno al 10%, ma per ora i mercati non ci pensano, oppure pensano che questi paesi possano farcela. Per l’Italia la manovra per portare il debito al 60% del Pil entro il 2020 è pari solo al 3,2% del Pil, dunque non siamo nel novero dei «messi peggio». Se il debito greco fosse ristrutturato e le cedole ridotte, le cose migliorerebbero: i conti di Standard & Poor’s dicono dal 50 fino al 70% (1). La metà della ristrutturazione attesa è già nei prezzi delle obbligazioni dallo scorso anno. Potremmo avere questi andamenti: 1) il debito è ristrutturato e dunque a quel punto diventa sostenibile, ma dopo che è stato ristrutturato; 2) in questo caso, il sistema finanziario europeo deve registrare le perdite prodotte dal debito greco in suo possesso, quindi circa 100 miliardi di euro (2).
(1) http://www.ft.com/cms/s/0/f1432a66-6917-11e0-9040-00144feab49a.html#axzz1JmMl56SN
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