Il primo grafico illustra l’andamento di due indici: STOXX Europa e STOXX Banche Europa. Il secondo grafico è analogo ma considera solo l’area euro: STOXX Euro e STOXX Banche Euro. Entrambi sono fissati al valore di 100 al 1 gennaio 1992.
Prima osservazione: l’indice delle banche europee, dopo la spaventosa bolla scoppiata a fine 2007, è oggi tornato su valori identici all’indice complessivo STOXX Europa ed è pari ad un terzo del picco precedente. Seconda osservazione: l’indice delle banche della zona euro, dopo la spaventosa bolla scoppiata a fine 2007, è oggi su livelli pari a meno di un terzo dell’indice complessivo STOXX Euro e rappresenta a malapena un quinto del picco precedente. E’ più difficile scriverlo che osservarlo.
Da cui si ha conferma che la bolla della banche europee, partita dal lontano 1998 e durata dieci anni, è stata provocata anche dalle banche non-euro ma sono le banche euro a non essersi mai riprese. Si nota chiaramente come gli indici dell’euro zona, complessivo e bancario, si sono mossi all’unisono fino alla fine del 2010, quindi anche dopo lo scoppio della bolla, per poi divaricarsi inesorabilmente.
A cosa si deve questa dannosa anomalia? Alla frammentazione. Da cui sembrerebbe che la contromisura sia la concentrazione. Non è detto. Se la vorticosa scalata ad ABN AMRO lanciata da RBS e vanamente, per sua fortuna, contrastata da Barclays ha rappresentato l’apice della follia diventa comunque difficile comprendere come mai le banche euro siano cresciute molto meno durante l’esuberanza per poi precipitare incessantemente. Qualche scalatina in area euro era comunque accaduta.
Quindi, le banche euro hanno ricevuto ben pochi vantaggi dall’esuberanza e tutti i danni e le conseguenze del crollo. Ritornando alla concentrazione, si potrebbe ritenere che se ci fossero una dozzina di banche nella zona euro anziché qualche centinaio, se non di più, tutto sarebbe risolto. Forse. Ma resta un grosso dubbio. Una dozzina di banche è improbabile perché ce ne vorrebbe almeno una per paese aderente all’unione valutaria. Diciamo trenta.
Forse la questione è un’altra. Anche si riuscisse a trovare il numero ottimale di banche resterebbe aperta la difficile questione non tanto della numerosità delle banche centrali dei singoli paesi della zona euro, che infatti operano solo con compiti limitati alla vigilanza, ma della zoppìa della Banca Centrale Europea (BCE) che, non potendo operare con gli stessi poteri delle banche centrali di altre aree valutarie, non è riuscita a limitare i danni della crisi bancaria.
Questa situazione si riflette sulle valutazioni. Le basse valutazioni delle Borse europee e delle banche in particolare sono da tempo una costante che attende di essere affrontata. Una ripresa delle quotazioni europee dovrebbe essere trainata proprio dal settore più sacrificato, le banche. Ma più che la frammentazione del sistema sembra diventi sempre più cruciale una efficace funzionalità dell’istituto centrale, ovvero la piena operatività della BCE sul tema della tutela dei depositi di tutti i conti correnti della zona euro, ovvero quella funzione fondamentale che si definisce come “prestatore di ultima istanza”. Passaggio complesso ma sempre più di evidente necessità.
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