Andiamo avanti con la rubrica. Questa settimana facciamo per l'ennesima volta il punto sul petrolio, e poi affrontiamo il nodo della modesta crescita della produttività e delle sue implicazioni: come rilanciarla e come affrontare il tema della diseguaglianza.
Petrolio (continua il tormentone)
Innanzitutto tre grafici. Il primo mostra la caduta del prezzo del petrolio e poi la sua ripresa dal minimo di febbraio 2016. Come si vede siamo ben lontani dalla normalizzazione. Il secondo mostra quanto la produzione dell'OPEC sia cresciuta. Il terzo mostra quanto pesi il prezzo del petrolio sugli andamenti di borsa, una vicenda che abbiamo commentato più volte.
Per tornare alle vicende correnti abbiamo due novità, la prima è la crescita dell'indebitamento delle maggiori compagnie petrolifere. Queste ultime – a fronte di una riduzione dei ricavi - hanno tagliato i costi e rimandato gli investimenti volti alla ricerca di nuove riserve più costose, ma, allo stesso tempo, hanno incrementato il loro debito per pagare gli investimenti correnti ed i dividendi. A fronte di uno scenario di prezzi del petrolio deboli – sul punto si veda poi – e di un indebitamento crescente, i giudizi sul merito di credito (i rating) di molte compagnie sono stati rivisti al ribasso. Da notare che il debito netto delle imprese che estraggono petrolio frantumando le rocce (lo shale oil) non è, invece, cresciuto, perché le banche hanno tagliato le loro linee di credito (1). In siffatto contesto alcune compagnie hanno deciso si allargare il loro campo di intervento nelle energie alternative (2).
2 – http://www.ft.com/intl/cms/s/0/701c3e74-23fb-11e6-aa98-db1e01fabc0c.html?siteedition=intl#axzz4AEed0heL, e si veda la documentazione alla Assemblea degli azionisti di Eni.
Sullo sfondo si ha sempre la vicenda dell'Opec. Un cartello funziona se la domanda è superiore all'offerta per cui i prezzi salgono e possono salire ancora di più se la produzione è tagliata (si guadagna di più per unità di barile), mentre non funziona quando la domanda è inferiore all'offerta. In questo caso, se alcuni tagliano la produzione, ma altri continuano a produrre come prima, e quindi si ha un prezzo debole, chi taglia perde (guadagna meno per unità di barile), e chi non taglia guadagna a sufficienza (un prezzo debole per un numero di barili maggiore). Oggi questo non accade perché i Sauditi – capito il meccanismo - non hanno tagliato o congelato la produzione, come avevano fatto in passato, mentre gli Iraniani hanno continuato a “pompare”. Non solo, ma i Sauditi intendono acquisire quote di mercato anche per rendere più appetibile la quotazione della maggiore impresa petrolifera del mondo, la loro Aramco.
All'incontro di Vienna che si terrà nei prossimi giorni nessuno si attende un congelamento o un taglio della produzione (3). Per questa ragione il prezzo del petrolio dovrebbe continuare a restare debole. La sua ascesa dalla metà di febbraio è dipesa dagli scioperi, da dei fatti naturali come gli incendi, e via dicendo.
Dalla produttività agli investimenti ed, infine, al reddito minimo
Questa - che misura il prodotto per ora lavorata - cresce poco, o addirittura – e per la prima volta da decenni - negli Stati Uniti sembra flettere seppur leggermente (4). Si hanno dei problemi legati alla misurazione del prodotto. Se posso organizzare un viaggio via internet, l'impiegato dell'agenzia dei viaggi perde il suo lavoro, mentre il tempo e le risorse (come l'uso dell'automobile, eccetera) che ho risparmiato non andando all'agenzia di viaggi, non sono misurati. La differenza rispetto al passato può allora apparire maggiore di quanto non sia - il mio maggior tempo libero – cui non si può dare un prezzo di mercato - non è, infatti, misurato (5). La produttività - nel passato più remoto - era crescita molto per effetto dell'istruzione crescente e della popolazione che era esplosa, e - nel passato meno remoto - per effetto dell'impatto dell'informatica (6).
Quale che sia ragione profonda della crescita modesta della produttività – se è un fenomeno vero, oppure se è solo il frutto di una cattiva misurazione statistica – alla fine si arriva a chiedere una politica di investimenti in infrastrutture, in educazione e nel “reddito da cittadinanza” (7). Il rilancio della produttività accresce le risorse che possono essere devolute a chi è escluso. Sul perché si debba devolvere e sul come devolvere la discussione è aperta (8).
8 – http://www.centroeinaudi.it/agenda-liberale/articoli/4400-tasse,-disuguaglianza,-reddito-minimo,-indice-di-gini,-ricchezza,-ridistribuzione,-populismo.html; http://www.centroeinaudi.it/agenda-liberale/articoli/4404-diseguaglianza-e-reddito-minimo-ii-una-tassa-negativa-sui-redditi-inferiori-alla-linea-di-povert%C3%A0.html ;
Il tema della diseguaglianza (delle opportunità)
Secondo Luca Ricolfi (L'enigma della crescita, Mondadori, 2014) si ha uno stock di ricchezza delle famiglie che consente a un numero significativo di giovani di avere degli orizzonti lunghi. Con questa espressione si intende che alcuni non hanno necessità immediata di lavorare per vivere. L'implicazione è che si possono scegliere i lavori. Ossia, si può anche restare disoccupati - perché tanto si hanno i mezzi – per dei periodi lunghi, finché non si trova il lavoro che si desidera. Certi servizi si debbono però avere lo stesso. Quelli meno attraenti sono offerti dagli immigrati. Perciò si ha una piramide che al vertice ha le famiglie benestanti con annessi i “bamboccioni”, che studiano, vanno lavorare tardi, e che, in ogni modo, vivono molto a lungo. I “bamboccioni” benestanti, se sono disoccupati, lo sono quindi da “volontari”. In mezzo si hanno quelli che, venendo da famiglie non benestanti, non possono scegliere con calma il lavoro che preferiscono, e dunque, se non lavorano, sono dei disoccupati “involontari”. Alla base si hanno gli immigrati. I quali ultimi, non hanno diritto di voto. Un ritorno alla società “signorile”, ma questa volta, e a differenza del passato, “di massa”.
Thomas Piketty (Le Capital au XXI siècle, Edition du Seuil, 2013) fornisce i numeri. Per la Francia si hanno serie statistiche lunghe e attendibili. Per gli altri Paesi europei i numeri sono simili. Quindi il ragionamento tiene per l'Europa. Si calcola quanta parte di ogni generazione riceva un flusso ereditario (la punta della piramide) che sia equivalente al reddito di tutta una vita del 50% meno remunerato della popolazione (la base della piramide). Per esempio, se l'eredità è di 750 mila euro, essa equivale a cinquanta anni di lavoro del 50% meno remunerato, il cui reddito è intorno ai 15 mila euro l'anno. Come si vede, si ha, grazie alla ricchezza cumulata negli ultimi decenni da un numero crescente di famiglie, un numero sempre maggiore di persone che eredita l'equivalente di 50 anni di lavoro di chi nasce senza ereditare nulla. Ecco in forma grafica i numeri della “società signorile di massa”.
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