In ballo abbiamo la manovra fiscale e il piano di salvataggio delle banche. A oggi, sembra che la manovra fiscale sia lenta e quella di salvataggio incompleta. 

La manovra fiscale è composta di moltissime voci, che non ha senso riportare per intero qui, ma che si possono vedere nel dettaglio grazie a un grafico del «Washington Post» (1). La composizione – non il numero aggregato – differisce da quella che avevamo mostrato solo pochi giorni fa: ora le spese sono l’80% e le minori imposte il 20%. Il che sembra un bene, giacché le spese risultano efficaci nei primi due anni, ma poi si spengono, mentre le minori imposte sono meno efficaci nei primi due anni, ma poi hanno un buon impatto. Quel che però rileva (in negativo) è che le spese e le minori imposte diventino, secondo l’Ufficio del Budget del Congresso – un organismo neutrale –, effettive nel corso del tempo: quest’anno la manovra sarà di circa 100 miliardi, nel 2010 di circa 200, e così via fino a esaurirsi nel corso del prossimo decennio.

La manovra di salvataggio della finanza sembra, sostiene il «New York Times» (2), voler coinvolgere gli investitori privati. Il settore pubblico dovrebbe garantire un pavimento per il prezzo delle obbligazioni «tossiche», in modo da limitare in anticipo le perdite. L’alternativa per l’Amministrazione era di assorbire tutto quanto per un ammontare probabilmente esorbitante, con in più il rischio di accollarsi perdite colossali. In questo modo, invece, si limita l’intervento pubblico, ma non si tolgono dal sistema tutte le obbligazioni «tossiche» accumulate. 

Intanto che, con un certo nervosismo, si aspetta di capire meglio, sono ulteriormente peggiorati i risultati delle imprese relativi al quarto trimestre dello scorso anno. La borsa è stabile nell’attesa. Le obbligazioni del Tesoro nel frattempo flettono, ossia i loro rendimenti salgono. Chi aveva scommesso su queste ultime, come la gigantesca casa d’investimento PIMCo (Pacific Investment Management Company), chiede l’intervento del Tesoro in acquisto. Gli acquisti d’obbligazioni del Tesoro a dieci anni alla fine trascinerebbero in basso i rendimenti delle obbligazioni che finanziano i mutui ipotecari, come quelle di Fannie Mae. Si arguisce, alla banca centrale conviene tirar giù il rendimento dei titoli del Tesoro per aiutare le famiglie a pagare un mutuo inferiore. Se l’idea è di avere i mutui al 4,5%, allora, sulla base della relazione storica mostrata dal grafico di Calculated Risk (3), i titoli del Tesoro a dieci anni dovrebbero rendere solo il 2,3%. Non è gran che per un mondo in cui le obbligazioni sono in offerta «oceanica».