Alla fine si sono avuti i risultati elettorali. Rispetto alle previsioni, il mutamento non è stato di poco conto. Berlusconi ha preso molti più voti, e Grillo molti – ma molti - di più. Il risultato è che al Senato si ha un numero di senatori PD (con alleati) e PdL (con alleati) equivalente. Alla Camera è scattato il premio di maggioranza a favore del PD, che ha avuto un numero di voti in più che possiamo definire “risicato”. In Italia si ha un bicameralismo perfetto, perciò, se un partito/coalizione non ha una maggioranza stabile in entrambe le Camere, non governa. Osserviamo la vicenda sul versante del debito pubblico e della borsa.
Se i programmi del PD e del PdL fossero simili poco cambierebbe. Se entrambi i partiti maggiori volessero continuare con la politica del governo di Monti del 2011 - 2012, poco cambierebbe: austerità di bilancio (“salva Italia”) e riforma del mercato del lavoro (“cresci Italia”), come perni per il rilancio. Programmi in origine simili che, durante la campagna elettorale, sono diventati diversi. Meno spese e molte meno tasse per il PdL, più spese e stesse tasse per il PD. Ossia, in entrambi i casi, un maggior deficit pubblico – e quindi nell'immediato una maggior emissione di debito pubblico. Si potrebbe pensare che – finita la campagna elettorale - si possa trovare un accordo. Difficile che questo avvenga immediatamente proprio perché – finita, almeno per ora, l'esperienza di Monti – i due partiti maggiori sono tornati nell'alveo culturale da cui hanno tratto origine: meno Stato e più Mercato per il PdL, più Stato e meno Mercato per il PD.
I mercati finanziari sono interessati alla solvibilità del debito, non alle “ideologie”, ossia che alla scadenza delle obbligazioni emesse dal Tesoro il debito è sempre rimborsato. Il che – nelle condizioni dell'oggi – è molto probabile, ma a due condizioni. Che non sia richiesto un premio per il rischio troppo elevato, perché in questo caso i maggiori interessi peserebbero sul bilancio dello Stato, e che riparta la crescita economica, perché così aumenterebbero le entrate e quindi la tenuta del bilancio. Entrambe le condizioni è difficile che si manifestino subito. Si chiederà perciò un maggior premio per il rischio, anche perché la crescita, se riparte, non riparte subito.
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