La regola di Taylor permette di misurare quale potrebbe essere la politica monetaria ottimale, in termini di livello del tasso di interesse fissato dalla Banca Centrale, utilizzando due punti di riferimento: il tasso di inflazione e il cosiddetto output gap. Se il primo è un indicatore ben noto, il secondo è più sofisticato e specialistico: essenzialmente misura la distanza tra il prodotto interno lordo attuale e il prodotto interno lordo potenziale. Anche in questo caso, se il primo è un indicatore più conosciuto, il secondo lo è meno: misura qual è il massimo PIL ottenibile dati i limiti fisiologici di un paese (risorse naturali e umane, capacità produttiva, livello tecnologico, capacità manageriali e ogni altro fattore che contribuisce alla produzione dei beni e dei servizi).

La regola di Taylor è importante perché è un elemento di valutazione, come già detto, della adeguatezza della politica monetaria delle banche centrali. Semplificando, se il PIL potenziale è inferiore a quello corrente (output gap positivo ovvero l’economia cresce più di quanto può produrre) la regola di Taylor segnala il rischio di inflazione e la necessità di una politica monetaria più rigida (tassi più alti); viceversa, se il PIL potenziale è maggiore di quello corrente (output gap negativo ovvero l’economia cresce meno di quanto può produrre) la regola di Taylor segnala la necessità di una politica monetaria più morbida (tassi più bassi).

Questa misurazione è stata fatta per l’area euro al fine di verificare l’adeguatezza del livello corrente del tasso BCE (0,75%). Il risultato racconta come a livello aggregato il tasso sia sostanzialmente idoneo, se non addirittura accomodante, dati il livello di inflazione e output gap. Diverso è il discorso se si misura la politica monetaria considerando i singoli paesi dell’area euro. Ad esempio, il livello è appropriato per l’Italia, è troppo basso per l’Austria e troppo alto per la Grecia. Ancora più interessante è la simulazione che misura la distanza tra il livello di tasso teorico appropriato, in funzione delle condizioni esistenti e potenziali, e i tassi effettivamente pagati dai residenti e dalle aziende.

I valori simulati ci raccontano tre cose: 1) che tutti i paesi dell’area euro sono in condizioni di sottoutilizzo delle potenzialità produttive (output gap negativo) ma con valori molto differenziati: da quasi zero della Germania a -10% della Grecia e con un valore medio negativo dell’area euro del 2,5% (l’Italia è a -4%); 2) che l’inflazione, viceversa, è molto più omogenea dove solo la Grecia è negativa e con valori di picco in Olanda e Finlandia (l’Italia è perfettamente in media); 3) che la politica monetaria sta attraversando grosse difficoltà nel trasmettere i propri benefici ai settori economici dei paesi che maggiormente sono in condizioni di difficoltà (output gap fortemente negativo) mentre i vantaggi si scaricano sui paesi in condizioni relativamente più favorevoli (output gap meno negativo).

Questo fenomeno è da analizzare sotto due aspetti, uno reale e uno finanziario. L’aspetto reale riguarda la libera circolazione di beni e servizi che, data l’omogeneità valutaria e istituzionale dell’area euro, dovrebbe vedere un trasferimento di produzione dai paesi con output gap negativo (quindi con capacità produttiva in eccesso) a quelli con output gap positivo (quindi con capacità produttiva insufficiente); in realtà, nessun paese ha bisogno di utilizzare altra capacità produttiva data la situazione in cui tutti paesi presi singolarmente hanno capacità produttiva già eccedente (solo le esportazioni possono compensare).

L’aspetto finanziario è meno spiegabile, data la maggiore facilità propria dei trasferimenti monetari rispetto ai trasferimenti fisici di cose e persone. Citiamo dalla BCE: “L’Eurosistema deve operare in conformità del principio di un’economia di mercato aperta e in libera concorrenza, favorendo un’efficiente allocazione delle risorse.” (http://www.ecb.int/ecb/educational/facts/monpol/html/mp_001.it.html). Ad oggi questa efficiente allocazione è inceppata essendo i tassi applicati ai residenti e alle imprese non finanziarie dei singoli paesi molto distanti tra loro; ciò significa che non avviene l’arbitraggio tra i diversi livelli di tassi e quindi il riallineamento delle condizioni a livello europeo. Questa situazione racconta di un mercato bancario europeo ancora troppo vischioso, come segnalato dal Governatore della BCE. La cattiva percezione del processo di unione europea deriva in buona parte dal debole funzionamento dei meccanismi di trasmissione della politica monetaria mentre diventa sempre più importante che la visione unitaria della moneta sia percepita anche e soprattutto per gli effetti positivi. I prossimi passaggi istituzionali (Single Supervisory Mechanism e Single Resolution Mechanism http://www.ecb.int/press/pressconf/2013/html/is130307.en.html) sono determinanti per il percorso di allineamento dei tassi e per il generale miglioramento delle condizioni di finanziamento delle imprese.