Sette anni d’indipendenza. Sono quelli celebrati dal Montenegro lo scorso 21 maggio. Una festa che non ha avuto certo un clima particolarmente allegro, all’ombra della difficile situazione delle istituzioni e dei problemi economici del paese. La recente pietra dello scandalo è quella della rielezione, contestatissima, di Filip Vujanovi alla posizione di Presidente della repubblica, nella votazione di domenica 7 maggio. Un appuntamento che ha finito per rinnovare le tensioni tra maggioranza e opposizione.

Vujanovi, infatti, non avrebbe nemmeno potuto presentare la propria candidatura, essendo proibito per Costituzione il terzo mandato presidenziale. Alla fine, però, a nulla sono valse le critiche dei suoi avversari. E nemmeno le denunce di frodi e brogli elettorali, che gli avrebbero permesso di riportare la vittoria per soli 7.000 voti. In migliaia hanno manifestato, a più riprese, soprattutto nella capitale, Podgorica.

Che ne è stato del Montenegro “miglior allievo” di Bruxelles, il pupillo dell’Unione Europea, quello che solo qualche settimana fa nel corso di una visita a Podgorica l’alto rappresentante della politica estera dell’UE, Catherine Ashton, definiva “il miglior esempio da seguire” per i Balcani dopo la guerra degli anni novanta?

Da una parte, esso è caduto vittima di un’enorme impasse politica. Dall’altra, lo stato dell’economia è notevolmente peggiorato nel corso degli ultimi anni. Le due cose sono strettamente correlate, dal momento che la caduta del tenore di vita ha inasprito le tensioni esistenti a livello istituzionale.

Al momento del referendum sull’indipendenza del paese, nel 2006, Milo Djukanovi (“eterno primo ministro” del Montenegro, giunto oggi al suo settimo mandato, per circa 24 anni sostanzialmente ininterrotti di governo) prometteva di eliminare la disoccupazione nell’arco di quattro anni. Ma oggi le cifre pubblicate da MONSTAT, l’ufficio di statistica nazionale montenegrino, svelano una realtà ben diversa e mettono a nudo le responsabilità della politica: la disoccupazione ha ormai raggiunto il 20%. Il salario medio, negli ultimi sette anni, è praticamente raddoppiato, ma a il costo della vita è addirittura triplicato. L’inflazione ha notevolmente peggiorato la qualità di vita dei cittadini.

La situazione, quindi, non è rosea. E questo nonostante gli importanti investimenti diretti dall’estero che, negli ultimi anni, hanno sostenuto l’economia montenegrina. Dal punto di vista della mera” crescita, in effetti, il Montenegro non è in una situazione troppo negativa, specialmente se si tiene conto del fatto che il PIL del paese è uno dei pochissimi, nella regione, ad aver conosciuto, oltre a delle riduzioni, pure dei risultati positivi in anni recenti. Secondo l’Unione Europea il PIL reale del Montenegro è cresciuto del 2,5% sia nel 2010 che nel 2011. Dopo una battuta d’arresto nel 2012, le previsioni per quest’anno riconfermano che Podgorica tornerà a crescere.

La crescita in Montenegro è stata resa possibile principalmente grazie al potenziale naturale del Paese, sfruttato soprattutto in due settori. Il primo è il turismo. La ridotta estensione del mercato montenegrino, sia in termini di popolazione che di territorio, ha permesso a Podgorica di basare buona parte della propria strategia economica su questo settore. Con dei risultati molto positivi: più di un milione di persone visitano il Montenegro ogni anno (quasi il doppio della popolazione). Secondo il World Travel and Tourism Council, nel corso dei prossimi dieci anni il paese sarà il primo al mondo per impatto del turismo sul Prodotto interno lordo (12,4%, per la precisione).

Il turismo non è però il solo settore in cui il Montenegro può sfruttare la propria ricchezza ambientale. Un secondo ambito, nel quale il nostro paese ricopre un ruolo leader, è l’energia. L’Italia guida la classifica degli investitori esteri nel paese, e lo fa proprio grazie agli investimenti energetici delle imprese di casa nostra. Il gruppo italiano A2A è diventato un partner di importanza strategica dell’ente statale per l’energia elettrica montenegrino, assicurandosi una partecipazione di 436 milioni di euro, pari al 43,7% del capitale. Altro progetto fondamentale è quello della costruzione di un cavo sottomarino di 415 chilometri che comincerà nel 2014, e che dovrebbe trasportare 1000 mega watt di energia elettrica dalla penisola di Jaz alla città abruzzese di Villanova.

Se negli ambiti del turismo e dell’energia il Montenegro ha ricevuto ingenti investimenti, essi tuttavia non sono tali da garantire di per sé la sostenibilità del proprio sistema economico. Al contrario, tali flussi non riescono a tradursi in un incremento della domanda interna. L’economia montenegrina, al netto dei capitali che provengono dall’estero, langue, e registra dati negativi in alcuni settori chiave come quello dell’edilizia (-16% nel 2012), o della produzione industriale (-7,5%). In sostanza, si può affermare che, se nel complesso l’economia si sta riprendendo, alcuni suoi settori chiave rimangono troppo deboli per porre le basi di un mercato solido. L’esempio di questo è la fabbrica di alluminio di Podgorica, (“Kombinat Aluminijuma Podgorica”, KAP), che produce in perdita da anni e che il governo ha continuato a finanziare per impedirne la chiusura. Da soli, questi impianti hanno prodotto un debito pari al 10% del PIL. Una vera e propria “assurdità economica”, che costa ogni mese 3 milioni di euro allo stato.