Qualunque investitore minimamente aggiornato sui prodotti disponibili sul mercato conosce sicuramente gli Exchange Traded Funds, brevemente ETF, che fanno parte della schiera dei prodotti a cosiddetta gestione passiva e che sono velocemente entrati a far parte dei portafogli di tutte le dimensioni e tipologie.
Sono equivalenti a fondi comuni di investimento ma la loro composizione è predefinita, a differenza dei fondi comuni a gestione attiva che possono modificare la composizione degli attivi in cui investono secondo le scelte del gestore.
Se compriamo un ETF che replica la Borsa cinese ci aspettiamo di vederlo muoversi replicando l’andamento di quella Borsa, sottraendo le commissioni che si pagano e che sono modeste se confrontate con i fondi a gestione attiva. Il grande successo di questi strumenti nasce proprio dall’opportunità che offrono di investire apparentemente a basso costo in mercati altrimenti non facilmente raggiungibili e investibili per diversi limiti, il cui principale è rappresentato dall’illiquidità. Non entriamo nella complessità delle tipologie di azioni che caratterizzano la Borsa cinese ma sicuramente Shangai e Shenzen rappresentano un esempio perfetto della funzione che gli ETF svolgono.
Anche gli ETF nascondono alcuni rischi che possono determinare distorsioni rilevanti sui mercati finanziari. Semplificando esistono due principali tipologie: gli ETF a replica fisica e gli ETF a replica sintetica. Se acquistate un ETF fisico ottenete un prodotto che investe esattamente in ciò che state cercando, replicando fisicamente ciò che rappresenta. Esempio: un ETF fisico sull’indice principale della Borsa italiana “contiene” esattamente i titoli della Borsa italiana secondo il peso di ciascun titolo. Questo è un elemento cruciale perché la probabilità della perdita del proprio capitale è pari alla possibilità che la Borsa italiana valga zero.
Se comprate un ETF sintetico sulla Borsa italiana otterrete sempre l’andamento della Borsa ma sarete privi del contenuto fisico e quindi del supporto fondamentale fornito dal “possesso” delle azioni delle singole società. Senza complicare troppo i passaggi che permettono ad un ETF sintetico di operare è importante avere presenti due aspetti. Innanzitutto per il sottoscrittore è importante sapere che il garante non sono i titoli ma la società che offre la replica dell’indice, aspetto decisamente rilevante per chi intende proteggere il capitale.
Un secondo aspetto, che ha un impatto più ampio sui mercati, è l’esistenza di un paniere collaterale obbligatorio che non replica l’indice che rappresenta ma nel quale la società che garantisce la replica dell’indice investe i soldi dei sottoscrittori. E’ sufficiente andare a vedere la composizione del collaterale di un ETF sintetico sulla Borsa cinese per scoprire che i titoli principali sono Berkshire (quella di Warren Buffett) piuttosto che Bayer, Unilever, Sanofi o anche obbligazioni di Enel e via dicendo.
La domanda sorge spontanea: ma se la Borsa cinese crolla che succede a questi titoli che con la Borsa cinese non hanno nulla a che fare ma che sono dentro al paniere della società che garantisce la replica di quell’indice? Alcuni ETF hanno subito perdite fino al 30%-40% nella giornata peggiore di Wall Street, ben maggiori dei peggiori titoli “fisici” (*). Tutto questo appare distante dai ragionamenti sulle valutazioni delle Borse o sulla crescita cinese o sul rialzo dei tassi americani ma ha effetti rilevanti e controproducenti sul corretto funzionamento dei mercati.
© Riproduzione riservata