Il fondo salva-stati si potrà muovere meno agevolmente dopo la sentenza del 7 settembre della Corte Costituzionale tedesca. Sarà allora la Banca Centrale a doversi muovere di più. Ma ecco che il 9 settembre Jürgen Stark – membro tedesco dell’esecutivo della BCE – dà le dimissioni «per ragioni personali» e pure a mercati aperti.

La Corte Costituzionale tedesca ha reso pubblico il 7 settembre il proprio giudizio sui vari salvataggi che si stanno compiendo in Europa. Salvataggi che passano dall’acquisto da parte di un organismo interstatale (EFSF = European Financial Stability Facility) di obbligazioni greche, portoghesi e irlandesi, su cui la Corte si è espressa, all’acquisto da parte della Banca Centrale Europea di obbligazioni spagnole e italiane, che riguardano molto indirettamente la Corte. Nel primo caso, una parte cospicua del debito dei paesi mal messi è assorbita nell’apposito veicolo; nel secondo, una parte, quella decennale, è sostenuta con acquisti sui mercati. Nel primo caso i diversi paesi sono garanti con il proprio gettito fiscale della tenuta del veicolo, nel secondo è la Banca Centrale che crea moneta comprando titoli spagnoli e italiani, moneta che poi elimina vendendo altri titoli.

La Corte ha messo dei paletti all’EFSF, giustificati col rischio di avere una deriva fiscale in Germania. Se i paesi di cui si tenta il salvataggio diventano insolventi, sono soprattutto i tedeschi che pagano, e quindi si debbono avere delle garanzie. In altre parole, i tedeschi perderebbero la propria sovranità fiscale per i comportamenti viziosi degli altri, e questo non è costituzionalmente ammissibile. Leggendo a fondo la sentenza (1) si vede che essa espunge ogni meccanismo che sia «perpetuo». Un’obbligazione unica per i paesi dell’euro – l’idea che il 60% del debito di ogni paese sia messo in comune, con il resto che è di pertinenza di ciascuno – è una scelta «perpetua» e dunque non è più un’opzione (almeno per oggi) sul tavolo.

In breve, l’EFSF si potrà muovere meno e la BCE dovrà muoversi di più. Ma ecco che il 9 settembre Jürgen Stark – membro tedesco dell’esecutivo della BCE – dà le dimissioni «per ragioni personali» e pure a mercati aperti. In molti hanno interpretato la cosa come il distanziarsi degli esponenti della Deutsche Bundesbank dai salvataggi in corso. Si ha un precedente, quello che nei primi mesi di quest’anno vide l’allora presidente della Deutsche Bundesbank, Axel Weber, dare le dimissioni. La conclusione è che la Corte ha messo dei paletti tali per cui ogni decisione dell’EFSF sarà vagliata dal Parlamento tedesco, e la BCE si trova priva dell’appoggio esplicito della banca centrale tedesca.

Dove s’annida il pericolo? Se vi sono molte decisioni da prendere attraverso l’EFSF e in tempi ravvicinati, basta che un solo provvedimento – per esempio, un nuovo piano di salvataggio per un paese – sia bocciato dal Parlamento tedesco perché possa innescarsi subito una crisi. Il tutto è poi condito da una crescita che è stata rivista al ribasso. Secondo le previsioni dell’OCSE, l’economia tedesca dovrebbe flettere nell’ultimo trimestre del 2011. Nel primo trimestre del 2011 l’economia tedesca cresceva su base annua del 5,9% – ai tempi, tutti erano ammirati dalla potente macchina teutonica –, mentre nel quarto trimestre del 2011 dovrebbe flettere su base annua dell’1,4% – e allora i commenti saranno che per la sua crescita la Germania dipende ancora dall’Europa (2).

 

(1) http://www.ft.com/intl/cms/s/0/e39dcac6-dae9-11e0-a58b-00144feabdc0.html#axzz1XYpFfTP9

(2) http://www.centroeinaudi.it/il-progetto-1/notizie-economiacentroeinaudiit-97/1249-le-nuove-stime-dellocse-crescita-giu.html