Sono giornate convulse. Le borse salgono e scendono. Lo spread sale e scende. C'è un gran rumore (ossia, tecnicamente parlando, delle oscillazioni senza una tendenza chiara). E' utile - per non farsi subissare dalla confusione e dalla paura – ricordare alcuni concetti di base.
Le obbligazioni hanno una scadenza. Alla scadenza quelle di un paese normale (le obbligazioni sovrane) e di una impresa solida (le obbligazioni corporate) sono rimborsate. Intanto che si aspetta la scadenza, si incassano le cedole. In questa fase convulsa conviene dunque calcolare il rendimento alla scadenza e non osservare solo il prezzo. Poniamo che il prezzo sia di 80 euro e la cedola di 5 euro. Poniamo che la scadenza sia fra cinque anni. Fra cinque anni uno incassa 20 euro (100-80) in conto prezzo e 25 (5X5) in conto cedole. Un totale di 45 euro (20+25) su un prezzo di 80. Perché vendere? Si vende se si pensa che alla scadenza il prezzo di rimborso non sarà quello pieno e che le cedole non saranno pagate o ridotte. Altrimenti, si aspetta.
Le azioni non hanno una scadenza. Dunque manca rispetto alle obbligazioni la certezza in conto capitale. In compenso si hanno i dividendi, che – a differenza delle cedole che sono fisse – possono crescere. Poniamo che l'azione abbia un prezzo di 100 euro i che i suoi dividendi crescano di un euro ogni anno. Partendo da cinque euro, abbiamo dopo cinque anni anni 47 euro (5+6+7+8+9+10). Abbiamo incassato 47 euro e ne rimangono 53 (100-47) per rientrare dall'investimento in tutti gli anni a venire con i dividendi che possono continuare a salire. Saltando i conti che si potrebbero fare per tener conto del costo opportunità (quanto avrei altrimenti guadagnato se avessi comprato le obbligazioni), si vede che, se le aziende di cui si hanno le azioni sono robuste, non si ha ragione per fuggire.
Dunque con le obbligazioni che pagano le cedole e che alla scadenza rimborsano il capitale, e con le azioni di imprese solide che possono distribuire dividendi crescenti, non si hanno delle vere ragioni per temere per il proprio capitale.
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