In questo momento c’è una certa sensibilità da parte degli investitori denominati in euro per quanto riguarda il posizionamento o meno sul mercato americano, rispetto ad altre aree valutarie di investimento, e in particolare relativamente al comparto azionario. In alcuni casi l’interesse è legato alla ricerca di sicurezza nella valuta statunitense, in altri casi c’è maggiore attenzione verso la capacità di ripresa dell’economia americana rispetto alle difficoltà dell’Europa a garantire tassi di crescita che riescano a contenere e superare le pressioni derivanti dalle politiche di risanamento dei debiti pubblici.

L’indice Dow Jones Industrial è composto dalle 30 società americane maggiormente internazionalizzate e quindi sensibili non solo al ciclo economico interno degli Stati Uniti ma ancor di più all’andamento dell’economia globale. La correlazione tra l’andamento dell’indice e i cicli economici è illustrata nel grafico dove è evidente l’anticipazione da parte dei mercati azionari (curva rossa) della ciclicità reale (curva verde). Soprattutto, il grafico fornisce delle interessanti indicazioni su quali possono essere i settori da privilegiare in funzione del diverso momento dei cicli.

Le previsioni correnti (World Bank, Global Economic Prospect January 2012, “La stretta finale/II”, Lettera Economica, 25/1/2012) indicano per il 2012 un rallentamento dell’economia a livello globale caratterizzato dalla riduzione del tasso crescita degli scambi internazionali, dalla discesa dei prezzi delle materie prime (petrolio compreso) e del valore unitario delle esportazioni. Nel caso degli Stati Uniti si riduce il tasso di crescita del prodotto interno lordo che resta comunque superiore al 2011 e continua nel 2013. Nel caso della zona euro il 2012 è anno di recessione. Fatte queste premesse, possiamo utilizzare la sensibilità ai cicli economici dei singoli settori che compongono l’indice per provare a definire un posizionamento per chi volesse provare ad investire in azioni, partendo dalle indicazioni fornite dal grafico e dall’area euro.

Area euro: all’inizio della recessione, già fortemente scontata nell’andamento dei mercati azionari del 2011, il posizionamento settoriale indica nei pubblici servizi (fase 1), nei finanziari (fase 2) e nei ciclici (fase 3) le aree di investimento più promettenti.

Prima fase. Nel caso dei pubblici servizi la loro sensibilità all’andamento dei tassi a lungo termine giustifica il buon andamento borsistico nelle fasi pre-recessive: sono società ad alta intensità di capitale che finanziano investimenti di lungo periodo (centrali elettriche, gassificatori, ecc.) e con tariffe fissate dalle autorità nazionali. Sono quindi favorite dalla riduzione dei tassi che di solito precede ed accompagna la fasi recessive.

Seconda fase. Nel caso dei finanziari il clima favorevole è determinato, in condizioni normali, dall’impatto positivo del calo dei tassi a breve e a lungo termine che generano la crescita della componente capitale dei titoli detenuti nei portafogli e, conseguentemente, elevati utili da plusvalenze sui titoli obbligazionari, in prima battuta, ed azionari nella fase successiva di rialzo delle borse. In condizioni particolari, come le attuali, caratterizzate da maggiori problemi di liquidità rispetto ad altre situazioni pre-recessive, ci sono già i segnali di questo fenomeno grazie anche alla politica di rifinanziamento del sistema bancario attuata dalla BCE. In particolare, l’indice che segnala la tensione sul mercato interbancario e quindi l’affidabilità tra banche (“Lo spread di cui non si parla”, Lettera Economica, 26/11/2011) è migliorato del 20% da inizio anno scendendo dalla soglia critica di 1 a quasi 0,8 e segnalando un significativo miglioramento della fiducia tra le banche dell’area euro.

Terza fase. Quando la recessione si è pienamente mostrata e i tassi hanno raggiunto livelli particolarmente bassi l’effetto delle politiche di contenimento dei costi e della maggiore competizione si scarica sui minori prezzi dei beni prodotti che a loro volta danno impulso alla crescita dei consumi e che determinano il trascinamento della crescita azionaria da parte dei titoli ciclici. Questo è il punto in cui oggi si innesta il ciclo azionario americano e globale.

Stati Uniti e Mondo: premesso che per un investitore denominato in euro diventa difficile trovare nel mercato americano e globale dei rendimenti competitivi rispetto all’Europa, la collocazione del ciclo americano e globale nella zona di crescita rallentata suggerisce di posizionarsi sui settori corrispondenti alla parte iniziale della ripresa, vale a dire tecnologici (fase 4), industriali (fase 5) e materiali di base (fase 6). Di fatto, è come se la parte iniziale delle due curve si fosse appiattita, allungando i tempi di permanenza sui settori più sensibili alla sempre attesa e desiderata ripresa del ciclo economico.

Quarta fase. I risultati di Apple sembrano supportare l’idea di essere pienamente dentro il momento in cui i mercati azionari statunitensi e globali possono essere trainati dai titoli tecnologici, caratterizzati da investimenti immateriali molto significativi (il software), da bassissimi livelli di indebitamento e da margini di redditività molto più elevati degli altri settori. Per la parte dedicata a largo consumo questo settore rappresenta di fatto un prolungamento della fase precedente dominata dai ciclici; per la parte legata ai beni durevoli e alle infrastrutture il settore anticipa il ciclo successivo dominato dalla crescita delle società industriali.

Quinta fase. Grazie agli investimenti del settore ciclico e tecnologico il settore industriale beneficia della domanda e quindi delle risorse derivante dalla crescita delle commesse che si scarica in ritardo come fenomeno di borsa per la loro durata pluriennale. E’ il momento in cui anche il settore delle infrastrutture beneficia dell’elevato livello di fiducia permettendo la pianificazione di progetti di lunga durata (autostrade, aeroporti, ecc.).

Sesta fase. Nella fase acuta della ripresa economica si comincia a generare una domanda marginale molto forte nel comparto delle materie prime per soddisfare il picco dei consumi. E’ la fase che ci siamo lasciati alle spalle non da molto e che richiederà un lasso di tempo forse più lungo del normale prima di ritrovarsela di fronte (“Le anomalie della recessione in corso”, Lettera Economica, 6/1/2012).