Sulle vicende del petrolio si ha un doppio punto di vista. Quello “geologico”, e quello “tecnologico”. Il primo afferma che il petrolio si sta esaurendo molto velocemente nelle regioni dove è facilmente estraibile (per esempio in Messico e in Arabia). Il secondo afferma che le nuove tecnologie sono in grado di estrarlo nelle regioni più impervie (per esempio in Siberia). Insomma, il petrolio facile da estrarre si sta esaurendo, mentre quello difficile da estrarre comincia ad arrivare sui mercati.
L'offerta di petrolio – per ragioni geologiche - non può più essere abbondante come una volta, ma almeno – grazie alle nuove tecnologie – riesce a non decrescere. Anzi, aumenta leggermente. Naturalmente, quello difficile da estrarre viene alla luce, perché i prezzi elevati del petrolio (frutto, data la crescita della domanda, dell'esaurimento dei pozzi dove costa poco estrarlo) coprono i maggiori costi di estrazione.
Fin qui niente di nuovo, e niente di particolarmente complicato. La parte difficile è quella di dare una misura alle cose. Ossia, 1) avere la misura del saldo fra la caduta della produzione di quello facile da estrarre e la crescita della produzione di quello difficile da estrarre. 2) avere la misura del saldo fra la flessione delle domanda di petrolio dei paesi di vecchia industrializzazione e la crescita della domanda dei paesi di nuova industrializzazione. Fatte le succitate operazioni di stima dell'offerta (punto 1) e della domanda (punto 2), si cerca il prezzo che si formerà sul mercato.
A dare una misura alle cose provvede uno studio (un “working paper”, ossia uno studio preliminare che non è ancora il punto di vista ufficiale) del Fondo Monetario Internazionale (IMF, The Future of Oil: Geology versus Technology, Maggio 2012), che è il frutto del lavoro di sette economisti. Ecco il grafico del prezzo del petrolio (pagina 31, grafico 11).
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