E' stato eletto il nuovo segretario del Labour Party. Jaremy Corbin, deputato dal 1983, ha vinto con larghissimo vantaggio – il 60% - sui candidati del Labour tradizionale, quindi, in modo o nell'altro, su quelli che si rifanno all'esperienza di Tony Blair. Ha vinto anche perché l'elezione era aperta ai non iscritti, e dunque su di lui, come avvenuto in Italia con le primarie del PD del 2014, si è riversato l'elettorato di opinione. L'elezione aperta ai non iscritti era stata voluta dai blairiani per bilanciare il peso dei sindacati nelle elezioni del segretario.
Corbin è un radicale di sinistra, ed è questa la novità. La vittoria – ed una vittoria di questo tenore - era inattesa. In Gran Bretagna si sono avuti negli ultimi tempi degli smottamenti. Si sono affermati – come voti, anche se non come seggi in parlamento – i nazionalisti scozzesi ed i nazionalisti inglesi (1). Ed ora abbiamo avuto la vittoria entro il Labour di una linea fuori dalla tradizione blairiana.
Delle tante cose che si possono discutere del programma di Corbin – alcune sono scontate come l'incremento delle imposte – merita porre in rilievo quella del Quantitative Easing per il Popolo. Mentre il Quantitative Easing (QE) “tradizionale” compra le obbligazioni emesse dal Tesoro e dalle imprese private, con ciò favorendo il finanziamento della spesa pubblica, degli investimenti, e dei consumi, il QE “per il Popolo”, compra le obbligazioni emesse dagli Enti Locali, a fronte di investimenti in scuole, case popolari, eccetera. Quindi la banca centrale compra delle obbligazioni che sono etichettabili come “di scopo”, al fine di finanziare l'offerta di beni pubblici. Questi beni pubblici migliorerebbero – almeno nelle intenzioni - il tenore di vita delle fasce di popolazione messe peggio. Un'altra proposta di Corbin, scontata, è quella di nazionalizzare le ferrovie. Un'altra, molto al passo con i tempi, è quella di “aprire le porte” all'immigrazione.
Insomma, e in breve, nel programma di Corbin le maggiori tasse non servono a finanziare se non in misura molto modesta la maggior spesa pubblica. Quest'ultima è incrementata, invece, e soprattutto, grazie agli acquisti della Banca Centrale. Abbiamo così a che fare con una spesa pubblica in deficit non finanziata dai privati, né attraverso le imposte, né attraverso la sottoscrizione di obbligazioni. Un po' come avveniva in Italia fino al 1981, quando fu deciso il “divorzio” fra la Banca Centrale ed il Tesoro.
Affascina il ruolo che gioca il QE sia nella versione “capitalista”, sia nella versione “socialista” di Corbin. Sembra che non si riesca a fare a meno dell'intervento pubblico. Con il QE “capitalista” per finanziare l'esplosione dei debiti pubblici ad un costo molto contenuto, stabilizzando nel frattempo i mercati finanziari, con il QE “socialista” per finanziare i consumi popolari di beni pubblici.
A dire il vero, i QE nella versione “capitalista” sono due: quello detto del Fiscal Compact (2) e quello detto del Fiscal Growth (3). Gli “austeri” prediligono il “Fiscal Compact” (FC), gli altri il “Fiscal Growth” (FG). Da notare, infine, che in Gran Bretagna non si sono adottate delle politiche di “austerità”, come in altri paesi, si è, infatti, finora avuto un cospicuo deficit primario (4). L'intenzione dei Conservatori è quello di ridurlo e poi azzerarlo, portando sotto controllo la spesa pubblica, senza alzare il livello delle imposte. L'arrivo di Corbin, semmai riuscirà a vincere le prossime elezioni, porterà ad un ritorno della spesa pubblica in deficit.
(1) In un sistema maggioritario e bipolare ciò che determina vittoria e sconfitta sono i voti che transitano da un partito all’altro. Alle ultime elezioni di maggio i Conservatori sono - come voti - cresciuti dello 0,5 per cento, i Laburisti del 1,5 per cento, ed insieme hanno avuto il 67 per cento dei voti. In passato i due partiti arrivavano ad avere il 90 per cento dei voti. I fatti rilevanti dal punto di vista elettorale non riguardano perciò i conservatori e i laburisti: il boom dello Scottish National Party e il crollo dei Liberal-democratici sono gli eventi. I primi hanno tolto seggi ai Laburisti, i secondi hanno dato seggi ai Conservatori.
(2) Il FC è l'idea che i saldi del bilancio pubblico vadano portati in pareggio (quasi) in qualsiasi contesto economico. A saldi fra uscite e entrate pari a zero (ossia con deficit di bilancio nulli) il debito pubblico non è più emesso. A quel punto, il debito non può che decrescere il rapporto all'andamento dell'economia (come misurata dal PIL), perché questa, per quanto possa crescere poco, alla fine cresce. Per rendere credibile il “vincolo di bilancio” (i deficit nulli), esso va accolto come regola costituzionale. I seguaci del FC sostengono che, una volta che i debiti pubblici non crescono più, torna “la fiducia”. Come fa a tornare la fiducia? Secondo questo schema: 1) i cittadini tendono a spalmare i propri consumi nel tempo, se hanno un reddito maggiore (della media del proprio reddito) spendono meno e risparmiano, mentre, se hanno un reddito inferiore, spendono di più e de cumulano il risparmio. 2) se sospettano che il maggior debito pubblico in futuro – per essere ripagato - “comanderà” più imposte, ecco che spenderanno meno oggi. Se, invece, prevedono che le imposte saranno inferiori, perché i debiti pubblici saranno sotto controllo, ecco che oggi spenderanno di più.
(3) Il FG è l'idea del rilancio dell'economia attraverso una politica fiscale attiva – ossia con il deficit pubblico finanziato con l'emissione di debito. Si parte dall'assunto che la compressione della domanda di origine pubblica e il rialzo delle imposte - in assenza di un livello adeguato di consumi e investimenti del settore privato – possa spingere l'economia nella trappola della mancanza di crescita. L'altro assunto è che non si sa se un debito pubblico cospicuo sia o meno un freno alla crescita, potrebbe, infatti, essere vero il contrario, ossia che è la modesta crescita ad alimentare il debito. Perciò l'emissione di nuovo debito porta la crescita, che consente di mettere sotto controllo il debito. In altre parole, si ha il paradosso che è il debito a scacciare il debito. Come si vede fin dalla premessa, siamo con il FG agli antipodi del FC.
Attenzione, la gran spesa pubblica in deficit per sé non porta automaticamente ad una grande crescita. La spesa pubblica in deficit funziona, infatti, solo sotto certe condizioni. L'espansione dell'economia (purché sia in partenza depressa, ossia con una sotto occupazione degli impianti e della manodopera) attraverso un maggior deficit pubblico senza per questo avere un aumento del debito pubblico (in percentuale del PIL) è possibile. Ciò avviene se il deficit pubblico alimenta la domanda aggregata per una somma maggiore della spesa iniziale in deficit (ossia, se il moltiplicatore della spesa è significativo), a condizione che il costo del debito sia inferiore al tasso di crescita dell'economia. Si assume, infine, che la politica monetaria sia fuori gioco, ossia che i tassi stiano per qualche tempo intorno allo zero.
(4) http://www.imf.org/external/pubs/ft/fm/2015/01/pdf/fm1501.pdf (pagina 66)
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