Finalmente si è tenuto il Summit europeo che doveva prendere delle decisioni importanti in materia fiscale. Allo stesso tempo, la Banca Centrale Europea ha preso delle decisioni importanti in materia (ovviamente) monetaria.
La Banca Centrale Europea estenderà i propri prestiti alla banche su un periodo maggiore rispetto a quello usuale, da uno a tre anni, chiedendo in garanzia anche dei titoli di qualità non eccelsa. I nuovo tasso richiesto per i prestiti è del 1%.
In questo modo, le banche possono tenere in portafoglio i titoli di qualità peggiore senza dover comprare i titoli di qualità maggiore per avere un portafoglio sano. Accadeva, infatti, che i titoli di qualità peggiore, non avendo che un mercato con prezzi stracciati, non potevano essere venduti o dati in garanzia. Le banche allora vendevano i titoli pubblici di minor qualità – come quelli italiani – per comprare quelli di maggior qualità – come quelli tedeschi. La media della qualità dei loro titoli in questo modo migliorava: (Titolo scadente + Titolo tedesco) > (Titolo scadente + Titolo tedesco + Titolo italiano). E il BTP veniva venduto non per un qualche profondo giudizio sull'Italia, ma perché in questo modo migliorava la qualità del portafoglio delle banche, che erano e sono intasate dai titoli di qualità scadente.
Questa decisione della banca centrale dovrebbe quindi frenare le vendite di titoli di qualità intermedia – come quelli italiani. Anzi, potrebbe persino incentivarne l'acquisto. Le banche – una volta che si è abbastanza fuori dalla crisi - si possono indebitare con la banca centrale al 1% e comprare i BTP che rendono il 6%. Man mano che tutti partecipano all'arbitraggio – mi indebito a un tasso inferiore al rendimento che ottengo - i prezzi salgono, ossia i rendimenti dei BTP scendono. Al posto dell'agognato acquisto del debito pubblico italiano da parte della banca centrale, potremmo avere gli acquisti delle molte banche di credito ordinario.
Sono state prese delle decisioni nel campo della politica fiscale. I paesi dell'euro area e gli altri paesi europei non dell'euro area con l'esclusione della Gran Bretagna dovrebbero accordarsi per avere il pareggio del bilancio pubblico (o, in caso di difficoltà, un deficit non superiore allo 0,5%, tenuto conto dell'andamento ciclico). In questo modo non si ha più emissione di debito pubblico e quindi non si più avere una politica fiscale che possa diventare all'uopo espansiva (uscite maggiori delle entrate).
I paesi dell'euro area e anche quelli che non ne fanno parte cedono quindi la propria sovranità nella politica fiscale. Attenzione, però, cedono la macro fiscalità, perché restano sovrani nella decisione di come comporre le entrate e le uscite. La sovranità monetaria è stata ceduta con la nascita di una banca centrale per tutti, adesso è ceduta anche la macro sovranità fiscale.
Sono delle misure che non ledono l'Italia. Il nostro debito può essere comprato dai privati e al pareggio di bilancio ci arriviamo per primi, insieme alla Germania. Non è il massimo, ma è quello che si poteva ottenere nella situazione data.
Alcuni sostengono che i britannici – essendosi orgogliosamente rifiutati di cedere la propria sovranità fiscale - sfuggono al potere teutonico, mentre noi cadiamo di nuovo fra le sue braccia. Anzi, molti ne sono dispiaciuti, perché sostengono che la Gran Bretagna ha sempre impedito che qualcuno prendesse il sopravvento nel Continente – dalle guerre conto Napoleone a quelle contro Hitler. Ha impedito militarmente, non si è semplicemente ritirata oltre Manica come ha fatto oggi, va fatto notare. Non discuto il fascino di questa narrazione. A essere maligni, si potrebbe asserire che, avendo i britannici un bilancio pubblico molto mal messo, dovrebbero varare, se accettassero le regole teutoniche, delle manovre di correzione per le quali dovrebbero avere la capacità politica per portarle avanti. Esiste il mito dell'efficienza del sistema inglese (la “dittatura elettiva”), ma è da vedere come funzionerebbe nelle condizioni date. Altri affermano che a portare i bilanci in pareggio tutti insieme si deprime la domanda e quindi si può alimentare lo scontento sociale. Questa obiezione ha un fondamento, ma, nelle condizioni date, non c'era scelta.
La'rticolo è stato pubblica su Limes il 12 dicembre 2011:
http://temi.repubblica.it/limes/la-mossa-della-bce-e-la-fine-della-macrosovranita-fiscale/30254
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