A quarant’anni dall’embargo petrolifero del 16 ottobre del 1973 messo a punto dai sauditi contro gli americani, in rappresaglia per l’appoggio di Washington a Israele nella guerra di Yom Kippur, “gli Stati Uniti hanno l’occasione storica di guidare una controrivoluzione contro il mondo energetico che fa capo all’Opec”, scrivono due analisti sul sito di Foreign Policy (1).
L’America può democratizzare il settore energetico, come “la Silicon Valley ha democratizzato il settore dell’informazione”, e questo sarebbe un bene per l’economia mondiale, che dipende anche dall’Opec - l'organizzazione cui aderisce una parte importante dei produttori di petrolio. Gli effetti di un cambiamento così epocale come quello che vede l’America proiettata a essere non soltanto autosufficiente in materia di petrolio e gas, ma anche esportatore, vanno al di là del prezzo delle materie prime, riguardano anche i rapporti di potere nei paesi che finora sono stati unici burattinai del settore: significa che i dittatori forti soltanto delle loro risorse dovranno fare i conti con i loro popoli – e questo vale, dal punto di vista del gas, anche per la Russia.
Ma c’è un altro lato della questione, che riguarda gli americani, i quali potrebbero non godere dei benefici di questa controrivoluzione. Di certo, non lo stanno facendo ora, anche se il processo è ben più che attivato. In un lungo racconto su Newsweek (2), Leah McGrath Goodman fa un viaggio nelle terre in cui le trivelle hanno sostituito il panorama tradizionale, le terre dei contribuenti americani.
Il 2011 è stato il primo anno in cui l’America è diventata un esportatore netto di petrolio, cosa che non accadeva dal 1949. Ma il beneficio finanziario per i proprietari delle terre – i cittadini americani – non c’è. “L’America fa pagare la licenza di trivellare su un acro di terra per dieci anni meno di quanto Starbucks fa pagare un caffè”, cioè due dollari. E’ un valore che è stato stabilito nel 1987, il suo valore attualizzato è pari a 50 centesimi, quindi, se i prezzi dell’energia esplodono, l’America fa pagare i diritti di trivellazione a Big Oil – ché di queste compagnie poi si tratta – un quarto di quanto li faceva pagare circa 30 anni fa. Lo stesso meccanismo al ribasso si ha nel caso delle royalties sull’estrazione delle risorse. Gli ultimi anni di trivellazioni (2010-2012) hanno portato 11 miliardi di entrate per il governo federale non soltanto per quel che riguarda petrolio e gas, ma tutte le risorse naturali, incluso il carbone.
“I cittadini americani non stanno soltanto dando via le loro risorse naturali, ma stanno anche pagando le Big Oil per portarsele via”, scrive l’autrice dell’articolo. Significa, in poche parole, che l’indipendenza energetica dell’America non comporta prezzi per l’energia più bassa, ossia non c’è nessun profitto per i cittadini, e nemmeno per le casse dello stato. Come diceva John Paul Getty, fondatore di Getty Oil: “I miti erediteranno la terra, tranne i diritti sui minerali”.
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