Passati i clamori dell’evento super mediaticooo del World Economic Forum di fine gennaio svoltosi a Davos, vediamo che cosa contiene il rapporto che fornisce lo spunto analitico dell’incontro. Il lavoro si sintetizza nell’elaborazione dell’indicatore GCI (Global Competitiveness Index) che stabilisce, attraverso una semplice classifica, le condizioni di maggiore e minore competitività tra le nazioni.

Approfondiamo. L’indice è composto da tre sottoindici: 1) condizioni di base (istituzioni, infrastrutture, macroeconomia, salute ed educazione primaria), 2) efficienza (educazione secondaria e formazione, mercato dei beni, mercato del lavoro, sviluppo del mercato finanziario, sviluppo tecnologico, dimensione del mercato), 3) innovazione (complessità di impresa, innovazione).

Questi tre sotto indici sono pesati in misura differente in funzione del diverso livello di reddito pro-capite dei paesi: ad un minore reddito pro-capite corrisponde un maggiore peso del primo indicatore (condizioni di base) e, viceversa, ad un maggiore reddito pro-capite corrisponde un maggiore peso del terzo indicatore (innovazione).

Oltre alla fotografia del 2012, consultabile sul sito (http://www.weforum.org/issues/global-competitiveness) è interessante vedere come si è evoluta la capacità competitiva nel periodo recente, da prima della crisi fino all’anno scorso.

I dati che utilizziamo evidenziano un miglioramento di posizioni relative, rispetto al 2006, per alcuni paesi (soprattutto Belgio, Olanda e Italia) e un peggioramento per altri (soprattutto Grecia, Spagna, Portogallo, Francia, USA, UK). Per ciò che ci interessa maggiormente, il miglioramento italiano avviene nel pieno della crisi (dopo il 2010) e, soprattutto, segnala la possibilità di invertire la percezione della competitività italiana.

All’interno dei tre sotto indici pag. 14) la fragilità dell’Italia è particolarmente elevata sul primo (rank 51), è analoga all’indice complessivo sul secondo (rank 41) mentre il punto di forza relativo è sul terzo (rank 30).

L'analisi segnala come le condizioni italiane di base siano un area in cui lo spazio di miglioramento è particolarmente elevato, soprattutto in ambito istituzionale (rank 97) e macroeconomico (rank 102). Peraltro questa parte pesa poco nell’indice (20%), dato l’elevato reddito pro capitee italiano, mentre il 50% dell’indice è formato dal secondo indicatore (efficienza) dove i punti di maggiore debolezza sono il mercato del lavoro (rank 127) e lo sviluppo del mercato finanziario (rank 111).