Le vicende degli ultimi sei anni, seguite al primo fallimento bancario di Northern Rock nell’estate 2007, hanno messo a dura prova la capacità di tenuta della neonata Unione Monetaria Europea. Neonata per quanto concerne il salto da una area di libero scambio con differenti valute, situazione precedente al 2000, ad una entità valutaria omogenea rappresentata dall’euro. La durata del percorso, quindi, è da pre adolescenza se paragonato alla vita umana e ancora più infantile se paragonato alla vita media delle Unioni Monetarie. Durante questo iniziale periodo le cose sono cambiate per tutti i partecipanti, con tempi e modi differenti ma con una particolare accelerazione dall’inizio della crisi.

Uno studio di J.P. Morgan ( “The Euro area Adjustment: about halfway there”, 28 maggio) cerca di misurare lo stato di avanzamento lavori dell’Unione Europea, utilizzando una serie di variabili che aiutino a capire dove sono ancora evidenti i punti di debolezza e dove già si sono raggiunti risultati confortanti. Il giudizio finale racconta di un percorso a metà, mancando ancora una buona fetta di interventi strutturali da realizzare. Focalizziamo l’attenzione sul percorso italiano, per vedere dove sono necessari i maggiori interventi per riportare il paese su livelli adeguati di competitività.

L’analisi conferma (vedi “L’Italia non è così malmessa”) i progressi fatti dal lato del risanamento delle finanze pubbliche: un saldo del deficit strutturale e primario sotto controllo e in grado di garantire il rientro nei parametri di Maastricht (60% rapporto Debito/PIL nell’arco di venti anni) oltre ad una sostanziale tenuta della bilancia delle partite correnti. Interessante è il confronto che riguarda il sistema bancario: in termini di Leva (Totale Attivo/Patrimonio Netto), di Solvibilità (Core Tier 1 Ratio, l’indicatore che misura quante risorse patrimoniali sono necessarie data la rischiosità dell’attivo) e di rapporto tra Impieghi e Depositi l’Italia è su valori di assoluta affidabilità.

Più complicata è la misurazione del percorso dello stato di avanzamento delle riforme strutturali, intendendo con questa definizione un insieme complesso di parametri estratti dalle statistiche nazionali e internazionali e/o elaborati dal Fraser Institute, dalla Banca Mondiale, dall’OCSE, dal World Economic Forum (*). E’ possibile che i valori siano per certi versi datati, non tenendo conto, ad esempio, delle recenti riforme approvate dagli ultimi governi. Peraltro, essendo valori relativi che mettono a confronto i diversi paesi la loro indicazione resta comunque interessante. Gli spazi di miglioramento per il sistema Italia sono sicuramente notevoli e in grado, se non solo approvati ma attuati, di dare un notevole impulso alla crescita economica avvalendosi dell’effetto leva derivante dalla stabilizzazione degli obiettivi già raggiunti in altre aree.

(*) This table shows the average ranking across Euro area countries across the following indicators: female participation rate (age 15-64); male participation rate (age 55-64); Fraser Institute labor market regulation; Fraser Institute business regulation; World Bank overall ease of doing business; OECD Employment Protection Legislation; OECD Product Market Regulation; World Economic Forum labor market efficiency; World Economic Forum goods market efficiency.