Le caratteristiche dell'economia cinese sono quelle di una gran crescita degli investimenti con un occhio distratto alla efficienza dei medesimi, con un sistema creditizio che “pompa” senza sosta mezzi finanziari. La Cina dovrebbe quindi cambiare modello di sviluppo: da un’economia trainata in parte dalle esportazioni ma, soprattutto, dagli investimenti finanziati col credito, ad un’economia trainata dai consumi privati con investimenti efficienti.

 

Questo passaggio storico giustifica la gran caduta e poi la veloce ripresa dei mercati azionari? La nostra idea è che, se il mercato azionario non fosse stato così “tirato”, gli effetti della vicenda cinese sarebbero stati meno forti. Analizziamo il mercato statunitense, che è quello di cui si hanno più informazioni, oltre che essere il mercato che guida tutti gli altri, e perciò ha effetto sugli altri mercati, anche se meno cari: rimandiamo a questa analisi -1-.

Il mercato azionario, insomma, e' caro. Bene, ma in questi casi che si fa? Cerchiamo soccorso nelle statistiche. Dal 1960 ad oggi a restare sempre investiti in azioni sul mercato statunitense – non contando i dividendi, né i costi di transazione – si sarebbe avuto questo risultato: 1000 dollari che diventano (in moneta corrente) ben 26.500. Che cosa sarebbe accaduto togliendo i cinque giorni migliori e i cinque giorni peggiori? Nel primo caso avremmo avuto un valore finale di 17.150 dollari, ossia i cinque giorni migliori hanno un'incidenza enorme: a non averli avuti si guadagna molto meno. Nel secondo caso avremmo avuto un valore finale di 47.050 dollari, ossia i cinque giorni peggiori hanno un'incidenza enorme: a non averli avuti si guadagna molto ma molto di più.

Questi numeri sono importanti. Molti pensano che le forti ascese siano la vera occasione da non perdere, altri pensano che, al contrario, sia proprio l'evitare le forti cadute la vera occasione da non perdere. I numeri danno ragione ai secondi. E' contro-intuitivo, ma è così.

I mercati sono tornati oggi al punto di partenza, ossia al livello del “lunedì nero” del 24 agosto: siamo in una fase di turbolenza con le azioni che possono flettere ulteriormente, seppur con qualche ondata al rialzo, e con le obbligazioni che sono comprate “come rifugio”, anche se molto care. Il portafoglio che minimizza il rischio allora quello che ha poche azioni e poche obbligazioni lunghe - quelle che hanno la maggior volatilità. Le crisi ad un certo punto terminano, e terminano quando i prezzi sono tornati in equilibrio con i fondamentali.

-1- http://www.centroeinaudi.it/lettera-economica/articoli-lettera-economica/asset-allocation/4188-la-caduta-di-agosto.html

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