L’identità contabile dell’economia (Y) è: Y = C + (G-T) + I + (X-M). Arriviamo al punto della crescita del secondo trimestre del 2008. Le esportazioni nette sono date dalle esportazioni meno le importazioni (X-M). Le esportazioni crescano di 100 e le importazioni crescano di 100. Il prezzo delle esportazioni salga del 10% e quello delle importazioni del 20%. Nel primo caso la variazione nominale di 100 diventa una reale di 90, il deflatore vale infatti 10, nel secondo quella nominale di 100 diventa una reale di 80, il deflatore vale infatti 20. La differenza nominale fra esportazioni ed importazioni, che era pari a 0, diventa ora una differenza reale positiva di 10, e l’economia cresce per questo effetto contabile. Ogni volta che si ha uno shock nel prezzo del importazioni, di solito legato al petrolio, il deflatore delle importazioni esplode. Il grafico mostra il contributo del deflatore delle importazioni in presenza di shock petroliferi.
Bene, abbiamo avuto nel secondo trimestre del 2008 un deflatore delle importazioni, intorno al 5%, che si mangia l’inflazione incorporata nelle altre componenti dell’economia, che è intorno, ma nella somma, intorno al 5%. Come mostra il primo grafico. L’inflazione presente nel sistema diventa bassissima e l’economia reale sembra crescere molto per un effetto contabile. Per farla corta, ed arrivare al punto pratico, ossia rispondere al quesito se l’economia sta crescendo, immaginiamo di eliminare semplicemente dal computo la variazione dei prezzi delle importazioni. Vediamo che cosa succede. Accade che l’economia degli Stati Uniti si stia contraendo da tre trimestri.
A riprova del sospetto che l’economia non stia crescendo, si vedano, oltre ai dati sul mercato del lavoro, che non riportiamo perché sono noti, i dati di contabilità sui profitti non finanziari delle imprese statunitensi. Essi sono in flessione da tempo.
Una nota finale: non abbiamo a che fare con un complotto elettorale, che cerca di mostrare che tutto va bene, siamo banalmente in una trappola contabile.
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