Il passaggio della Germania e del Giappone all'ordine liberale per effetto della sconfitta nella guerra “calda” è stata il penultimo grande mutamento nei rapporti di forza nel mondo. L'ultimo è stato la perdita da parte dell'Unione Sovietica di metà dei propri territori come conseguenza della sconfitta nella guerra”fredda”. Tentiamo un’analisi della Germania e della Russia, cercando la logica della loro distribuzione del reddito e della ricchezza che ha natura profondamente diversa nei due Paesi. Iniziamo con la Germania.

La Germania è un “capro espiatorio”, quella potenza misteriosa che, se sacrificata, fa cessare i conflitti. Oggigiorno per molti Paesi dell’Unione europea il “sacrificio” della Germania riporterebbe l’equilibrio macro economico nell'area anche in assenza di riforme dei vari Paesi: “se la Germania rilanciasse la propria domanda interna …”. Se la Germania condividesse il rischio del debito pubblico …”.

La Germania è un capro espiatorio per effetto della sua ambiguità dimensionale: troppo grande per essere contenuta senza guerre, come hanno mostrato gli ultimi due secoli, troppo piccola per esser egemone, come si evince dalle frizioni in seno all’Unione. Nell’immaginario degli europei è una macchina che non perde mai colpi, tanto che nelle polemiche si usano immagini come quella dei panzer, immagini che ricordano i primi tempi della Seconda Guerra, quando la potenza teutonica sembrava incontenibile.

La Germania ha avuto dal Secondo dopoguerra, come già era accaduto dalla fine dell’Ottocento ai primi Novecento, una crescita esplosiva. Poi agli inizi del nuovo millennio la sua crescita si è fermata, tanto che era stata definita “il malato d’Europa”. A metà del decennio scorso è però ripartita. La disoccupazione si è dimezzata, anche sommando le donne che sono entrate nel mercato del lavoro. La crescita è stata trainata dalle esportazioni, ambito che vede la Germania come leader mondiale, o, a seconda dei momenti, come vice leader. Infine, il bilancio pubblico, sempre nel periodo, ha registrato prima un azzeramento del deficit, e poi un surplus, intanto che la crescita comprimeva il peso del debito.

Sembra così che in Germania il tutto sia messo nel “migliore dei mondi possibili”: il doppio surplus verso l’estero (esportazioni maggiori delle importazioni) e del bilancio pubblico (entrate maggiori delle uscite sia prima del pagamento degli interessi sia dopo) sono, infatti, una grande riserva di crescita addizionale se decidessero di rilanciare la domanda.

La domanda se rilanciata attraverso il bilancio pubblico (le uscite maggiori delle entrate) non avrebbe vincoli di deficit (perché il bilancio dello stato è oggi in surplus) e debito (perché questo è molto modesto in rapporto al PIL), così come le minori esportazioni (minori perché la maggior domanda interna figlia della politica fiscale in espansione assorbirebbe solo una parte dei beni prima esportati) non porterebbero ad una crescita del debito con l’estero (perché le esportazioni nette - le esportazioni meno le importazioni, ossia. il saldo commerciale - al massimo - ma è difficile - diventerebbe nullo).

Anche nel “migliore dei mondi possibili”, come sembra essere quello della Germania, non si ha la “perfezione”. Si hanno delle vulnerabilità, non drammatiche, ma le si hanno. Il modesto volume di investimenti sia privati sia pubblici verso il mercato interno. E la modesta redditività degli investimenti esteri.

Nel caso degli investimenti pubblici in infrastrutture si hanno poche giustificazioni per la loro modesta crescita dal momento che il debito pubblico tedesco è di molto inferiore a quello degli altri Paesi e non si ha deficit di partenza. Si hanno ultimamente dei segnali che li si voglia promuove, anche grazie alla legittimità che trae origine dalla coscienza che possiamo etichettare come “salvaguardia del pianeta”.

Le imprese private tedesche continuano a investire relativamente molto, ma all'estero. I risultati reddituali di questi investimenti non sono però incoraggianti, come mostra questo studio: https://www.ifw-kiel.de/publications/media-information/2019/germany-earns-less-on-its-foreign-investments-than-other-countries/

Il risultato finale di questi andamenti è, come è facile immaginare, un sotto investimento – misurato come l'investimento che alzerebbe il tasso di crescita in misura significativa – che, se cumulato su molti anni, è cospicuo e frena lo sviluppo ulteriore della Germania. Sul punto si veda: M. Fratzscher, The Germany Illusion: Between Economic Euphoria and Dispair, Oxford, 2018.

La grande crescita del fatturato estero (alias le esportazioni) insieme al contenimento della dinamica salariale all'interno hanno contribuito ad accresce i margini di profitto delle imprese tedesche. Come conseguenza hanno contribuito alla crescita delle diseguaglianze nella distribuzione del reddito. In Germania abbiamo anche una forte diseguaglianza nella distribuzione della ricchezza, che non dipende da come il reddito è stato ripartito in prima battuta.

La grande concentrazione della ricchezza ha anche origine nel sistema fiscale che non prevede delle imposte di successione nella trasmissione della proprietà delle imprese. Se si tiene conto che in Germania la proprietà famigliare delle imprese è molto diffusa, si comprende meglio perché si è avuta una concentrazione della ricchezza significativa. Lo scopo dell'esenzione fiscale nel campo successorio ma solo per la trasmissione delle azioni è quello di rafforzare il controllo delle imprese con l'obiettivo di dare luogo ad una visione di lungo termine nella loro conduzuone. Si veda: https://www.economist.com/finance-and-economics/2019/08/01/the-mittelstands-corporate-success-comes-at-a-cost