Quante azioni, quante obbligazioni e quanta liquidità mantenere nel proprio portafoglio? Quando tutto saliva, la finanza ha mediamente snobbato questo tema. La regola di buon senso era che in un portafoglio le attività più rischiose fossero anche le più redditizie, quindi dovevano essere ampiamente presenti nei portafogli di risparmiatori giovani (che avevano tempo di aspettare) e dovevano essere rare negli anziani (che avevano bisogno delle cedole).
Molte cose sono cambiate. La prima è che non è detto che con l’andar del tempo i cattivi acquisti finanziari diventino buoni. La seconda è che non necessariamente le azioni sono più rischiose delle obbligazioni. La terza è che la volatilità si è accentuata su tutti i mercati e un operatore long only e con percentuali di allocazione dei propri risparmi decise «una volta per tutte» normalmente non ci azzecca, perché la posizione ottimale (long o short) e la suddivisione ottimale (tra azioni, obbligazioni e liquidità) varia di frequente. Essa varia tanto di frequente che cambiarla cum grano salis produce più dividendo che attendere il giorno del taglio della cedola, tanto caro ai cassettisti di un tempo.
Quante sono le variabili che influenzano la migliore posizione e l’ottima asset allocation? Sono molte, tante quante un medio gestore dei risparmi non riuscirebbe a considerare simultaneamente. Per questo vi proponiamo un approccio «algoritmico» alla asset allocation.
Dunque, funziona così: immaginiamo che nel vostro computer alcuni (più o meno una decina) di gestori artificiali di denaro siano impegnati a scegliere quotidianamente la posizione migliore rispetto all’Eurostoxx50, ossia l’indice delle maggiori 50 azioni europee. Ogni gestore si differenzia dagli altri perché è uno specialista. Considera più certe variabili e meno certe altre. Vi sono gestori tecnici e fondamentalisti. Trend followers e contrarian. Basati su reti neuronali o su provati algoritmi di trading. Supponiamo poi che, dopo un po’ di esperienza fatta sulle serie storiche del passato, di questi gestori artificiali siano selezionati i migliori 7 o 8 e gli stessi siano chiamati a votare ogni giorno sulla direzione che prenderà l’Eurostoxx50. Nello stesso computer immaginate poi che ci siano altrettanti gestori (qualcuno in più o qualcuno in meno) che hanno subito lo stesso processo di selezione darwiniana e che sono esperti sulla direzione che prenderà il future sul BUND tedesco, preso come benchmark del mercato obbligazionario tedesco.
A questo punto entra in gioco l’algoritmo ARBITRO che ascolta tutti i GESTORI em sulla base di molte variabili, tra cui il track record dei suoi GESTORI, i soldi già guadagnati (o persi), eccetera eccetera, prende la decisione finale su «quanto puntare» sull’EUROSTOXX50, quanto sul BUND e quanto infine lasciare in liquidità.
Tre precisazioni: 1) anche l’algoritmo ARBITRO ha subito un processo di selezione darwiniana; 2) qualora necessario, l’arbitro potrebbe decidere di dare ragione anche a gestori che decidessero per «shortare» questa o quella asset class; 3) la posizione di liquidità può essere negativa. Quando è negativa significa che l’ARBITRO sta andando a leva. Ossia sta indebitanto il portafoglio. La massima leva è 2, ossia non si può investire più del doppio della propria ricchezza.
Infine, una nota sulla «velocità di aggiustamento». I mercati, come è noto, evolvono velocemente e l’opinione dei GESTORI, mediata dall’ARBITRO, può cambiare giornalmente. Nonostante questo, la velocità di adattamento delle decisioni di investimento simulate può essere scelta dall’utente degli algoritmi. Noi pubblichiamo l’asset allocation relativa a tre velocità.
La velocità LENTA è coerente con un investitore che aggiusti il suo portafoglio circa una volta al mese. Questo investitore, se avesse investito 10.000 euro il 1° gennaio del 2006 e avesse seguito le scelte dell’ARBITRO dei GESTORI, disporrebbe di una ricchezza di circa 13.200 euro (contro un benchmark che sarebbe ancora oggi intorno a 10.000) (il benchmark investe in azioni il 40%, in obbligazioni il 40% e il 20% in liquidità).
Vi è poi una velocità MEDIA, ossia quella di un investitore che aggiusta settimanalmente la sua asset allocation. Certo, l’impegno sarebbe stato maggiore, ma il risultato sarebbe, al 15/10/2010, pari a una ricchezza di 15.800 euro (ossia pari al 10 per cento per anno).
Infine, se immaginassimo di aver affidato l’asset allocation a un computer, capace di aggiustare giornalmente la composizione del portafoglio, il risultato sarebbe quello dei grafici della asset allocation VELOCE (ossia quotidiana), ossia pari a 18.000 euro (13 per cento per anno).
Disclaimer:
I risultati dell’asset allocation algoritmica costituiscono un servizio di informazione e non costituiscono né un servizio di investimento né un servizio di consulenza personalizzata. Essi sono slegati dalle specifiche condizioni finanziarie dei lettori. Si tratta di esercizi di calcolo su indici finanziari e sono pubblicati con la finalità di divulgare le tendenze dei mercati scaturenti da calcoli statistici, tecnici, finanziari. Le performance del passato pertanto rappresentano semplici simulazioni e possono essere ricorrenti oppure non ricorrenti. L’investimento in strumenti finanziari, anche con l’utilizzo della leva finanziaria, comporta livelli di rischio di cui l’investitore individuale deve essere informato attraverso il suo intermediario autorizzato, prima di compiere le proprie operazioni.
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