Il rendimento delle obbligazioni – cedola su prezzo – a dieci anni era intorno al 3,5%, fino alla crisi di ottobre del 2008. Il rendimento delle azioni – dividendo su prezzo – era intorno al 2,5%, fino alla crisi di ottobre 2008.
Durante la «grande paura» del semestre ottobre 2008-marzo 2009, il rendimento delle obbligazioni era sceso fino al 2%, mentre quello delle azioni era salito fino al 4%. Poi, dalla fine di aprile, i prezzi delle obbligazioni sono scesi – la cedola divisa per un prezzo inferiore genera un rendimento maggiore. Il rendimento delle obbligazioni è ora intorno al 3%. Poi, dagli inizi di marzo, i prezzi delle azioni sono saliti – il dividendo diviso per un prezzo maggiore genera un rendimento inferiore. Il rendimento delle azioni è ora intorno al 3%. (Si veda il grafico di Bespoke Investment).
Abbiamo da qualche giorno dei rendimenti simili. Il grande debito pubblico in emissione, volto a rilanciare l’economia e salvare il sistema finanziario, dovrebbe spingere i rendimenti delle obbligazioni al rialzo. Come minimo verso i livelli precedenti la crisi, e poi sopra. Le azioni debbono mostrare una crescita effettiva dei dividendi per equiparare i rendimenti. Dunque o salgono gli utili, e quindi lo spazio per distribuire i dividendi, o scendono i prezzi (oppure i prezzi si fermano, aspettando la crescita dei dividendi).
Il tutto sembra «innocente», un gioco di aritmetica, ma non lo è. L’ascesa dei rendimenti delle obbligazioni non è un andamento economico indipendente da quello delle azioni. I maggiori rendimenti dei titoli del Tesoro alzano il costo del capitale per le imprese quando emettono nuove obbligazioni e alzano il costo dei mutui ipotecari. Insomma, tutto il resto essendo eguale, frenano gli investimenti e i consumi delle famiglie. Quindi la domanda effettiva, quindi il fatturato delle imprese, quindi gli utili, quindi il prezzo delle azioni.
La partita fra crescita del debito pubblico e mercato azionario è ora ufficialmente aperta.
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