Nel luglio del 2007 fallisce Northern Rock, banca fortemente esposta sul mercato dei mutui immobiliari e finanziata da altre banche grazie al livello estremamente basso del costo del denaro interbancario (LIBOR, London Inter Bank Offered Rate, come noto anche notevolmente manipolato). Da quel momento in poi parte il cosiddetto processo di deleveraging, consistente nel percorso di riduzione delle attività bancarie oramai non solo non profittevoli ma soprattutto generatrici di forti perdite. Stabilito un punto di partenza, possiamo ragionare sulle modalità del percorso degli ultimi sei anni prima di scoprire a che punto siamo.
La riduzione degli attivi è imposta dai vincoli patrimoniali che la Banca dei Regolamenti Internazionali stabilisce ed aggiorna con cadenza periodica, soprattutto quando i parametri si dimostrano inadeguati a garantire la solvibilità e liquidità dei sistemi bancari. Oggi è in corso di implementazione la nuova normativa denominata Basilea III (dal nome della città dove ha sede la BRI), soggetta a revisioni in corso d’opera come accaduto ad inizio anno quando norme troppo restrittive sono state dilazionate nel tempo per evitare ulteriori difficoltà alle banche.
L’alternativa alla discesa delle attività consiste nella crescita del patrimonio, attraverso consistenti aumenti di capitale, come periodicamente suggerito dagli stress test effettuati dalla European Banking Authority e nuovamente richiesto dalla Banca d’Inghilterra alle tre maggiori banche britanniche per oltre 20 miliardi di sterline. Nella realtà, durante la crisi le banche hanno proceduto in entrambe le direzioni e, dove la situazione era particolarmente critica, sono state nazionalizzate (RBS, Lloyds, Fortis, Hypo Real Estate, Dexia, SNS solo per fare alcuni esempi).
Il luogo dove si stanno incontrando le maggiori difficoltà risiede nella coincidenza tra la richiesta da parte dei regolatori di acquisire/mantenere attivi di elevata qualità per mantenere bassa la rischiosità e uno scenario dove questi attivi diventano sempre più scarsi a causa del fenomeno di continuo declassamento da parte delle agenzie di rating. Per chiarire il punto, se nel 2009 gli attivi con rating massimo AAA (i meno rischiosi) rappresentavano il 55% delle emissioni globali, nel 2013 il loro valore è sceso di nove punti (46%).
Si può ritenere che una parte rilevante della discesa dei tassi dei paesi con rating più elevati sia da imputare a questo fenomeno che, in certa misura, è destinato a proseguire. Va da sé che un miglioramento complessivo dei rating sarebbe motivo per una maggiore omogeneità nei rendimenti obbligazionari globali e creerebbe uno spazio più ampio e duraturo per la fine positiva della repressione finanziaria (con ciò indicando le politiche monetarie espansive tese a mantenere bassi i tassi tramite l’acquisto da parte della FED di titoli di stato con scadenze medio-lunghe).
Quello che in questo momento si sta ripresentando, alla luce della possibilità che le politiche monetarie espansive rallentino, è il meccanismo che porta alla vendita delle attività con rating intermedio (ovvero i cosiddetti periferici) e il mantenimento negli attivi delle banche delle emissioni agli estremi, quelle con rating elevatissimo e quelle che non hanno mercato e valore (cosiddetti Livello 3) in modo che la rischiosità media non peggiori. Sebbene il peso sul totale attivo di queste emissioni-fantasma sia modesto (circa il 2%) restano un elemento di fragilità in quanto pesavano ancora nel 2011 per quasi il 40% dei patrimoni delle banche europee e statunitensi (per valori complessivi superiori ai 500 miliardi di €) indicando, inoltre, come la dimensione degli attivi delle banche fosse ancora eccessiva a fronte di risorse patrimoniali non adeguate.
Da ciò si deduce che un ritorno a livelli di effettiva normalità del mercato interbancario e, in generale, dei mercati finanziari necessita della conclusione di questo processo di alleggerimento degli attivi bancari o attraverso la continua riduzione degli attivi fantasma (Livello 3) o attraverso ulteriori aumenti di capitale per le banche più intossicate.
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