Non se n’è accorto quasi nessuno, ma la svolta di François Hollande è epocale. Lo è per lui, presidente socialista francese andato al potere promettendo tasse ai ricchi e difesa dei posti di lavoro a ogni costo (e a nessuna produttività). Lo è per il Partito socialista che da anni tiene insieme – male – correnti diverse, con quella più liberale in perenne minoranza. Lo è per la Francia che può iniziare a guardare avanti con la consapevolezza che il suo presidente ha preso una decisione, e non tentennerà come ha fatto finora. Lo per l’Europa, perché Hollande è tornato anche sui suoi passi antitedeschi e ha proposto alla cancelliera tedesca Angela Merkel una collaborazione piena, concreta, sui temi decisivi come quelli dell’energia e della difesa.


Travolto dallo scandalo d’amore, con la first lady ancora in carica Valérie in ospedale da una settimana, con l’amante (presunta) Julie sul piede di guerra nei confronti del magazine Closer che ha portato alla luce la relazione clandestina, Hollande ha fatto quel che aveva semiannunciato nel discorso di fine anno 2013 (1): è diventato liberale. O socialdemocratico. O social-liberale. La definizione è in corso d’opera (2), Hollande rifiuta i paragoni con il britannico Tony Blair o con il tedesco Gerhard Schröder, vuole essere unico e incomparabile, lui che deve affrontare una crisi che non ha precedenti. Comunque lo si voglia chiamare, Hollande ha deciso di tagliare le tasse, di tagliare la spesa pubblica, di tagliare i contributi che le imprese pagano ai lavoratori, di snellire la burocrazia con tutti i suoi costi, insomma di fare quel che in 17 mesi di presidenza non aveva mai osato fare.

I sindacati si sono arrabbiati, la sinistra più radicale pure, il Monde ha sezionato la nuova tendenza pro business di Hollande: è “la supply-side economics à la française”, scrive l’Economist. Un riformismo che – almeno con queste parole, almeno con questi toni – non si sentiva da parecchio tempo, per non parlare dei naufragi cui le iniziative più coraggiose sono andate incontro. La debolezza della Francia non lasciava grandi alternative a Hollande:  la spesa pubblica rappresenta il 57 per cento del pil, la disoccupazione è quasi all’undici per cento e gli ultimi dati sulla crescita sono invero poco rassicuranti. Simon Nixon, sul Wall Street Journal, ha spiegato (3) nel dettaglio che i fondamentali economici non sono così disastrosi, e che anzi ci sono valori migliori rispetto alla media europea, ma manca la fiducia perché manca la leadership di Hollande.

Questo era il suo momento, gli ormoni hanno avuto la meglio sulla svolta: il solito tempismo tragico del presidente. Che nonostante la costanza con cui prova a parlare di economia e non di amore non ha convinto tutti: Mitterrand è molto lontano (4), insomma, ma questo si capiva anche dai tabloid.


(1) http://www.huffingtonpost.fr/2013/12/31/voeux-hollande-2013-allocution-fin-annee-president_n_4524470.html


(2)http://tempsreel.nouvelobs.com/politique/20140115.OBS2436/hollande-s-admet-social-democrate-mais-il-est-social-liberal.html


(3)http://online.wsj.com/news/articles/SB10001424052702303595404579316620963974650


(4)http://www.ft.com/intl/cms/s/0/06e63836-7c70-11e3-b514-00144feabdc0.html#axzz2qaCy0VZY