Prologo. Per risanare il proprio bilancio, alla Grecia è richiesto un saldo primario (= la differenza fra entrate e uscite prima del pagamento degli interessi) positivo (= le entrate maggiori delle uscite) cospicuo (data la consistenza del debito e dei relativi interessi). In questo modo l’avanzo si «mangia» gli interessi da pagare. Non si ha più necessità di emettere del debito pubblico e il paese si «risana». Che cosa accade, al contrario, quando si ha un saldo primario negativo? La Grecia emette debito prima ancora di emettere altro debito per pagare gli interessi sul vecchio debito. Se si ha, come nel caso della Grecia, un debito di partenza elevato, il debito «esplode».

Parodo. La manovra richiesta per portare sotto controllo il debito pubblico greco – un rapporto debito/Pil del 60% in dieci anni – richiede un surplus primario pari al 10% del Pil, secondo i conti del Fondo Monetario (Fiscal Monitor, aprile 2011, p. 22). Un numero che metterebbe sotto pressione qualsiasi sistema politico. E quello greco è già sotto pressione. (Secondo gli stessi conti, quello degli Stati Uniti è pari al 10% e quello italiano è pari a poco più del 3%.)

È poco realistico pensare che questo possa accadere. In alternativa, si può immaginare il ripudio o la ristrutturazione del debito. Il debito non è pagato (né le cedole né il capitale) oppure è allungato e le cedole sono, ma non necessariamente, ridotte (le scadenze del rimborso sono protratte nel tempo, in attesa del risanamento, con il suo costo ridotto, perché le cedole sono minori).

La Grecia è un piccolo paese e il suo debito – anche se molto elevato in rapporto all’economia – è di dimensioni modeste: ammonta a 300 miliardi di euro. Il punto è che per una quota rilevante è detenuto dal sistema finanziario estero. Fra i titoli del debito pubblico greco e i titoli delle banche greche il sistema finanziario europeo possiede 150 miliardi di attività finanziarie elleniche. Non solo ci sono questi 150 miliardi, anche la Banca Centrale Europea e il Fondo Monetario hanno crediti e titoli greci.

Le autorità europee si sono impegnate a salvare la Grecia al punto che lo «stress test» sulle banche (= l’analisi del loro stato di salute) non prevede che il debito greco possa essere ripudiato o allungato. Lasciando «andare a picco» la Grecia, perderebbero molta della loro credibilità. Di più, le banche europee dovrebbero aumentare il capitale di rischio per bilanciare le perdite sul debito greco. Infine, la crisi si allargherebbe verso l’Irlanda e il Portogallo.

Esodo. La scelta è fra una Grecia che «stringe la cinghia» e una crisi che coinvolge, oltre alla Grecia, tutta l’Europa. La soluzione migliore potrebbe allora essere quella che vede i greci che decidono motu proprio di allungare le scadenze del proprio debito, così da non dover andare per qualche anno alle aste a chiedere che sia sottoscritto il debito che scade. Operazione che funziona se il bilancio pubblico è sufficientemente in avanzo per pagare gli interessi sul debito emesso. Torniamo così al saldo primario che deve essere positivo, ma meno di quanto lo sia nelle succitate proiezioni del Fondo Monetario. La Grecia allunga le scadenze, il suo debito va sotto controllo lentamente, ma il peggio è passato.

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