Si immagini lo scenario dove tutto va bene, tenendo a mente che il prezzo di un’azione oscilla intorno al valore, che è il flusso di utili (U) scontato per i rendimenti del debito pubblico a lungo termine (i), ossia P=U/i. Gli utili siano pari a 100 euro, e i rendimenti pari al 4%. Il prezzo dell’azione sarà di 2.500 euro, ossia (100x100)/4. Se, a parità di utili, il rendimento passa al 5%, perché si alza il rischio sul debito pubblico, ecco che il prezzo dell’azione sarà di 2.000 euro, ossia (100x100)/5. Se poi, a causa delle politiche di risanamento che riducono la domanda, gli utili attesi passano a 80, mentre i rendimenti restano al 5% per lo scetticismo sul risanamento, allora il prezzo passa a 1.600, ossia (80x100)/5. La caduta dei corsi si ha scontando i minori utili, il frutto indesiderato del risanamento che deprime la domanda, con i maggiori rendimenti, il frutto amaro dello scetticismo sul risanamento medesimo. Dunque quello che sta accadendo negli ultimi tempi non è frutto del «destino cinico e baro», ma è un aggiustamento strutturale degli utili e dei rendimenti.
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