L’altro ieri sono usciti i dati sulla fiducia dei consumatori statunitensi, che è caduta verticalmente nella sua componente delle aspettative (primo grafico). La caduta semestrale della fiducia sul versante delle aspettative – ossia il dato dell’ultima rilevazione rispetto a quello di sei mesi prima – è la maggiore che si sia avuta dal 1980 (secondo grafico).
Uno avrebbe ben potuto aspettarsi una caduta del mercato azionario, dopo tutto il consumo è ben il 70% dell’economia statunitense, il rimanente 30% essendo gli investimenti, la spesa pubblica netta e le esportazioni nette. Invece, ciò non è avvenuto. Si possono dare due spiegazioni, entrambe di fonte statunitense.
Secondo la prima, della Goldman Sachs, il mercato azionario si aspetta una politica monetaria talmente espansiva che sale anche se l’economia si mostra debolissima. Anzi, proprio perché l’economia è debolissima, è probabile che la banca centrale decida di agire. Quindi il mercato azionario sale quando arrivano le «cattive notizie». La banca centrale non agirebbe sul versante dei tassi, che sono a zero, ma addirittura su quello dell’acquisto di attività finanziarie private (1). Una cosa mai accaduta, la banca centrale che acquista le azioni quotate.
La seconda spiegazione, del finanziere David Goldman, asserisce che le grandi imprese quotate vivono di vita propria, vendono in tutto il mondo, si finanziano per conto loro senza bisogno delle banche e via dicendo. Esse sono quindi fuori dalle vicende dell’economia statunitense che va male (2).
Sembrerebbero due spiegazioni valide. La prima implicitamente dice che il mercato azionario non vive di vita propria, ma di aspettative di aiuti monetari. La seconda dice che negli Stati Uniti si ha un’economia «duale», da una parte i globalizzati e dall’altra... tutti gli altri, una conformazione che non milita a favore di una società politica equilibrata.
Entrambe le spiegazioni hanno una loro verità, ma entrambe mostrano come la Borsa degli Stati Uniti abbia una componente di rischio molto alta. Se, infatti, la banca centrale non agisse – o se gli effetti dell’azione fossero modesti – che cosa accadrebbe? Se il sistema sociale si divaricasse ancora di più, che cosa mai accadrebbe?
In ogni modo, la crescita dei prezzi delle azioni statunitensi degli ultimi giorni va vista con il dovuto distacco. Da quando è iniziata l’ascesa, i volumi del giorno successivo sono stati spesso inferiori a quelli del giorno precedente. Si osservi il terzo grafico. La linea rossa è la differenza fra i volumi trattati nel giorno e i volumi trattati in precedenza. Insomma, nessuno compra e nessuno vende in massa, lo fanno in pochi e i prezzi salgono. Il titolo protagonista del grafico è l’ETF sullo Standard & Poor’s 500.
Che cosa stanno facendo i grandi operatori rispetto ai piccoli? I grandi sono definiti come tali dai contratti future sulla Borsa di dimensioni elevate, i secondi dai contratti di dimensioni minuscole. Le «mani forti» e il «parco buoi», nella terminologia cinica dell’Italia degli anni Settanta. Bene, come mostra il quarto grafico, i primi (linea color lillà) sono venditori netti di contratti future, i secondi (linea color verde) sono compratori netti di contratti future. Ossia, i grossi operatori hanno posizioni che guadagnano se il mercato cade, i piccoli se sale.
(2) http://blog.atimes.net/?p=1912
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