Le polemiche maggiori sono due: 1) i politici sono inetti se non disonesti e quindi incapaci di governare; 2) mentre lo stato tassa troppo e non spende come si deve. Le cure sono: 1bis) i cittadini capaci e onesti che vanno a dirigere lo stato, 2bis) il taglio delle imposte e la riqualificazione della spesa. Non una di queste asserzioni è semplice come a molti sembra. Iniziamo dal secondo punto.
1 - Lo stato “liberale” e lo stato “sociale”.
Lo stato che si occupa della giustizia, dell'ordine pubblico, e della difesa, è definito “liberale”, perché così era fino alla Prima Guerra, quando i liberali governavano anche grazie al suffragio ristretto. Lo stato che oltre alle funzioni liberali svolge anche altre funzioni – pensioni, salute, educazione, assistenza per chi è in difficoltà – è definito “sociale”. Lo stato sociale mostra i primi segni di vita negli anni Trenta, ma diventa pervasivo dopo la Seconda Guerra, quando il suffragio diventa universale.
E come fa lo stato, che, quando era il liberale, la spesa pubblica era intorno al 10% del PIL, e, da quando è diventato sociale, la spesa pubblica è intorno al 40% del PIL, a finanziarsi? Avendo l'emissione di debito e/o di moneta un limite, il finanziamento avviene volens nolens attraverso le imposte. I bilanci pubblici in pareggio o quasi una volta richiedevano delle imposte (dirette e indirette, nonché contributi) minime intorno intorno al 10% del PIL, mentre ora ne comandano intorno al 40% del PIL.
Fino alla Seconda Guerra le imposte erano per una minima parte dirette e quindi gravavano poco sul reddito ed in massima parte indirette: sale & tabacchi, alcool negli Stati Uniti fino al proibizionismo, e dazi sulle importazioni.
2 – La spesa e le entrate pubbliche dell'Italia non sono molto diverse da quelle degli altri Paesi come livello (le prime quattro tabelle), mentre lo sono come efficienza (le ultime due tabelle).
Tabella 1 - Spesa pubblica complessiva (liberale più sociale) in percentuale del PIL.
Tabella 2 – Spesa pubblica sociale (tranne l'educazione) in percentuale del PIL. Nota: il maggior debito italiano è il frutto di una crescita delle spese simile a quella degli altri Paesi, accompagnata, a differenza degli altri Paesi, da una crescita iniziale modesta delle entrate.
Tabella 3 – Come vanno i Paesi a seconda dell'entità della spesa pubblica? Disponendoli secondo alcuni indicatori non si vedono delle differenze macroscopiche.
Tabella 4 – Lo stato sociale aiuta i “meno fortunati”? I poveri (definiti come il 30% della popolazione con il minor reddito) pagano pochissime tasse, al contrario dei ricchi (definiti come il 30% della popolazione con il maggior reddito) che ne pagano molte. I poveri ricevono dallo stato un reddito maggiore delle imposte che hanno pagato, al contrario dei ricchi. L'Italia è il Paese dove i ricchi “catturano” più spesa pubblica.
Tabella 5 – Il Paese con lo stato sociale “per eccellenza” è la Svezia. Le imposte dirette e indirette erano modeste e si equivalevano fino alla Seconda Guerra, poi sono esplose. I contributi sono esplosi a partire dagli anni Sessanta e sono appena meno consistenti delle imposte dirette e indirette.
Tabella 6 e 7 – “We estimate an index of public-sector performance (PSP) – tabella 6, and an index of public-sector efficiency (PSE) – tabella 7, for 23 OECD countries. Public sector performance as the performance of the public sector of countries in terms of generating several relevant socioeconomic indicators. The public-sector efficiency adjusts the PSP to take into account the cost of that performance in terms of public expenditure. The reason for this adjustment is that if one government spends much more than another government to achieve the same performance, and must thus raise more taxes, it must be considered less efficient. The four opportunity indicators are administrative performance; education performance, health performance, and public infrastructure outcomes. These indicators are assumed to promote the opportunities available to the individuals operating in a market economy. The three Musgravian indicators are the income distribution, economic stability, and an economic performance. To allow easy comparison, the 23-country average for all indicators has been set at 1.00, and the value for each country is calculated in relation to the average”.
Le tabelle sono tratte da Vito Tanzi – Government versus Markets, the Changing Economic Role of the States, Cambridge University Press, 2011
Per approfondire quanto evocato dalle tabelle:
Riecco la polemica sulle pensioni
Pensioni a ripartizione ed accumulazione
Pamphlet sul Populismo - terza parte
Il debito pubblico italiano nel tempo
3 - I politici capaci e onesti oppure incapaci e disonesti possono dar luogo a una maggiore o minore quantità di danni a seconda della pervasività del settore pubblico. L'avversione al rischio milita a favore della riduzione dell'intervento pubblico.
“Government mistakes become more frequent and possibly more damaging when: (a) the involvement of politicians in the economy becomes more pronounced and more frequent; (b) policymakers are not constrained by precise rules or by limiting institutions, such as political constitutions or powerful fiscal councils; (c) the bureaucracies do not act in the proper, efficient, and ideal ways, theorized by Max Weber; (d) the growth of government has significantly reduced the role of the market; (e) there are many areas of contact between public-sector and private-sector activities, so that joint decisions are required for some actions; and (f) policies become so complex that it is difficult for the policymakers to fully comprehend and control the policies they must decide upon”. Sul punto: Vito Tanzi, Termites of the State: Why Complexity Leads to Inequality. Cambridge University Press, 2018.
Gli errori potenziali possono aumentare o diminuire a seconda della qualità dei politici. Si veda per impostare l'analisi sulla probabilità di errore la tripartizione della qualità fra politici di professione, professionisti extra-politici, e “uomini nuovi”. Sul punto: http://www.corriere.it/opinioni/18_gennaio_02/competenzee-democrazia-politici-cuoca-lenin-b99df860-ef2b-11e7-97e1-31c2bf5f7cef.shtml
4 – Nel mercato i vizi che sono virtù lo fanno funzionare. Nel caso del governo manca un meccanismo vizioso che lo faccia funzionare. Ergo, mentre i Mercati funzionano con l'umanità come è, si pretende che la politica funzioni grazie ad una umanità ideale.
La più famosa delle soluzioni pensate per spiegare il funzionamento dei mercati è quella che afferma che ciascuno, facendo il proprio interesse, agisce in intenzionalmente nella direzione dell’interesse di tutti: “vizi privati come pubbliche virtù”. Il macellaio venderà la carne con la miglior combinazione di qualità e prezzo per attirare clientela, ma, così facendo, obbligherà gli altri macellai, che non vogliono perdere la propria clientela, a vendere la carne con la migliore combinazione di qualità e prezzo. I comportamenti dei macellai singolarmente presi sono egoistici, ma l’insieme di questi comportamenti alza il benessere dei consumatori. Si può arrivare a mostrare come – con prezzi e salari flessibili e conoscenza simmetrica – si abbia l’equilibrio (economico generale), un luogo (logico) dove tutti sono soddisfatti. Nell’attesa della Perfezione, riusciamo a gestire il Peccato (il movente egoistico) nell’interesse di tutti. Perciò è come se non peccassimo, perché abbiamo gli stessi risultati che avremmo in un mondo in cui tutti cooperano altruisticamente. Possiamo perciò essere “innocentemente” egoisti.
Se i comportamenti volti a soddisfare gli interessi individuali sono virtuosi nei Mercati, lo sono anche in Politica? Se i politici si comportassero “da macellai”, ossia se tentassero di attrarre i voti con una migliore combinazione di effetti di buone politiche (una buona legislazione) al minor prezzo possibile (le imposte volte a finanziare la buona legislazione), avremmo, di nuovo, il “benessere degli elettori”, proprio come abbiamo avuto quello “dei consumatori”? Se assumiamo che tutti conoscano la migliore combinazione legislativa (se condividono lo stesso modello), e se la Politica la offre, ecco che verrà votata.
Qui abbiamo un problema, mentre ciascun macellaio conosce le circostanze di tempo e di luogo in cui opera, e questo è sufficiente per il suo ben operare, nel caso del voto, nessuno conosce tutte le circostanze di tempo e di luogo, e dunque non può avere in mente un modello generale valido. Altrimenti detto, ciascuno conosce le proprie circostanze, ma non conosce quelle degli altri. Affinché tutto funzioni, è perciò necessario (in linea logica) che il modello generale valido sia offerto da qualcuno che, assente ogni interesse personale, lo pensi e lo attui. In questo modo lo schema “il mercato funziona, e, quando non funziona, si ha chi lo fa funzionare”, è chiuso con l’ingresso di un tecnocrazia, ossia con l’arrivo di chi conosce la soluzione e ha il potere di renderla pratica, senza interesse di parte.
Abbiamo però un mondo non simmetrico. Mentre gli individui che operano nei Mercati sono egoisti, e, nonostante questo, virtuosi, quelli che operano in Politica debbono essere altruisti. E dovrebbero vivere virtuosamente, proprio come nella Chiesa Cattolica, laddove i sacerdoti e le monache non hanno proprietà e sono casti, mentre ai fedeli è consentito di averla e di accoppiarsi.
Nel vecchio mondo “dirigista” ci sono i mercati dove vige l'egoismo e la politica può chiudere il cerchio promuovendo il benessere grazie ai sacerdoti, ossia grazie ai politici di professione ed ai tecnocrati virtuosi. Nel nuovo mondo “mercatista” i mercati ci sono e sono egoisti, ma la politica ha molta meno importanza ai fini del benessere, perchè può distorcere le cose. Perciò il suo ruolo – attraverso i vincoli di bilancio, le banche centrali indipendenti, eccetera, va ridotto. Meno politica si ha, ossia meno sacerdoti ci sono, meglio è. Sul punto: http://www.centroeinaudi.it/agenda-liberale/articoli/3636-economia-come-religione-da-cambridge-a-chicago.htm
5 - Tabelle
© Riproduzione riservata