La crisi ha quasi annullato le evoluzioni spontanee nella governance di imprese e banche, oggi impegnate a trovare un modo per sopravvivere.
I sistemi di governance di imprese e banche sono soggetti a continui cambiamenti, legati a evoluzioni interne (per garantire un'adeguata redditività e per assicurare la sopravvivenza in un determinato arco temporale) o a sollecitazioni esterne (per garantire il rispetto di nuove normative). È risaputo che queste ultime sollecitazioni sono maggiori nei momenti di crisi economica o in presenza di discontinuità particolari, quali gli scandali finanziari (1).
La crisi che ha investito l'economia ha quasi annullato le evoluzioni spontanee nella governance di imprese e banche, più impegnate a trovare il modo di sopravvivere che a ricercare e adottare un modello di gestione imprenditoriale per garantire un equilibrio di lungo periodo. E non si è posto rimedio ad alcune delle debolezze del passato: basti pensare ai bonus che i dirigenti di banche e imprese in crisi si sono, in alcuni casi, assegnati. Niente di male nell'erogare generosi emolumenti; ma se, nonostante le perdite e il quasi fallimento, i manager continuano a auto-assegnarsi bonus di rilievo senza che gli azionisti e gli altri stakeholders abbiano voce in capitolo, significa che qualcosa non funziona nel meccanismo di controllo e nel sistema di incentivi interni. E così, di fronte alla crisi e all'immobilismo dei suoi protagonisti, sono i governi a intervenire: per salvare, per spingere al risanamento, per definire nuove regole. Portando, in contropartita, una buona dose di aiuti di cui molti avevano un gran bisogno.
Nell'ultima settimana, quest'evoluzione del concetto di governance ha avuto accelerazioni improvvise. È sembrato di essere sulle montagne russe, dove la salita (le azioni dei mesi scorsi) è solo l'annuncio di una corsa veloce e tortuosa. Ha cominciato, a inizio settimana, l'Amministrazione americana, che ha condizionato una forte erogazione di aiuti pubblici verso un produttore automobilistico locale al raggiungimento di un accordo con un grande produttore straniero (2). Niente di male, forse. In fondo, se una banca concede un prestito a un'azienda in gravi difficoltà finanziarie pretende, giustamente, di condividerne ed eventualmente condizionarne le scelte industriali. Perché non dovrebbe farlo un governo, al fine di tutelare i soldi pubblici che sta elargendo? Il problema è che questo apre orizzonti nuovi e spazi potenzialmente illimitati e rischiosi all'influenza dei governi sulla gestione delle imprese. Se l'Amministrazione americana avesse voluto condizionare l'elargizione di aiuti alla scelta di un altro produttore non accuratamente selezionato (magari americano, ce ne fossero stati di papabili)? E se avesse condizionato gli aiuti a scelte industriali scellerate, come un mantenimento degli attuali livelli retributivi, per accontentare i sindacati, o l'installazione di impianti in zone individuate con criteri elettorali e politici anziché per la convenienza industriale? Inutile dire che questi rischi sarebbero stati enormemente maggiori se fossimo stati in prossimità di un'elezione.
Il secondo fatto della settimana degno di nota è, ovviamente, costituito dalle decisioni del G20 prese a Londra. La richiesta di regolamentare gli hedge funds (per natura, investitori caratterizzati da un profilo di rischio anomalo, e comunque scarsamente coinvolti nell'attuale crisi finanziaria) e la pretesa di controllare stipendi e bonus dei manager sono solo due esempi di condizionamento esterno alla governance. Anche su quest'ultimo punto... niente di male. Banche e operatori finanziari si sono trovati in grande difficoltà, i governi hanno dato il loro aiuto e, in cambio, pretendono di intervenire sugli incentivi interni (peraltro, una delle cause della situazione critica in cui versano molti operatori). Ma se questa diventasse la regola, quale sistema ne uscirebbe? Gli operatori finanziari non sono stati in grado di dotarsi di un sistema di governance capace di garantire una gestione equilibrata e di medio-lungo periodo, oltre che la redditività nel breve. Ma siamo poi così sicuri che i governi e le authority (guidati a loro volta da altri e diversi sistemi di incentivi) saranno in grado di porre in modo neutrale le condizioni entro le quali banche e istituti finanziari dovranno in futuro sviluppare i loro sistemi di controllo e di governo?
(1) http://www.agendaliberale.it/index.php?evt[article-displayItem]&id=160&ctg=1&sub=40&start=0
(2) http://www.centroeinaudi.it/commenti/commento-settimanale-ix.html
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