In tempi brevi il Parlamento Europeo sarà chiamato ad esprimersi sul modello di unione bancaria che intende promuovere, partendo dall’adozione del cosiddetto Single Supervisory Mechanism. Quest’ultimo è lo strumento che dovrà definire le regole a cui le singole banche dovranno attenersi per garantire la solvibilità individuale e per evitare i rischi di sistema. La delicatezza della questione risiede nella collocazione istituzionale di questa normativa comunitaria in rapporto alle singole Banche Centrali le quali, perché possa essere efficace, dovranno cedere quote di sovranità non più monetaria ma regolamentare e di controllo.
Dopo altri passaggi intermedi finalizzati ad individuare le componenti di rischio delle 130 banche potenzialmente coinvolte, si arriverà ad un nuovo stress test nel secondo trimestre 2014 da parte dell’EBA (European Banking Authority) sotto la supervisione della BCE (i risultati dei precedenti stress test realizzati dall’EBA in autonomia non sono stati particolarmente convincenti….). Uno dei passaggi più importanti consisterà nella ricerca di una definizione comune del concetto di NPL (Non Performing Loans ovvero crediti in difficoltà che in linguaggio bancario vengono chiamati Sofferenze). Questa parte dell’attivo delle banche determina una riduzione degli utili a causa della necessità di costituire riserve aggiuntive per coprire i prestiti che non potranno essere recuperati e che rappresenteranno una perdita.
In questo ambito, come in molti altri, sono veramente significative le differenze tra banche nella definizione di quali componenti dell’attivo bancario debbano essere ricomprese nelle Sofferenze. Questa variabilità ha un impatto molto importante sui numeri dei bilanci e sulla quantità di patrimonio effettivamente necessaria per garantire la solidità dei singoli istituti e del sistema. Uno schema di sintesi dei criteri utilizzati dalle banche europee classifica come severe le banche italiane, neutrali le banche spagnole e francesi, un po’ morbide le banche tedesche e morbide le banche inglesi (la fonte è Nomura, ECB Asset Quality Review, 11/9/2013).
Criteri così rigorosi permettono alle banche italiane di agire da una posizione di maggiore forza in sede comunitaria nel sostenere, insieme ad altri punti di forza come la minore leva (rapporto tra attivi e patrimonio), la relativa solidità del sistema bancario italiano. Paradossalmente, questo maggior rigore ha come contropartita una maggiore difficoltà di accesso al credito da parte delle imprese e delle famiglie italiane, fenomeno ben noto e che, associato ad altri elementi (fiscalità, burocrazia, infrastrutture,ecc.), determinano condizioni particolarmente difficili per gran parte dell’economia italiana, in particolare per quella parte di produzione destinata al mercato domestico e che non può beneficiare della domanda estera.
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