Le famiglie statunitensi negli ultimi cinquant’anni hanno accresciuto il proprio debito. Un debito che cresce in proporzione al reddito e/o alla ricchezza non è un problema; lo è se cresce di più.


Il primo grafico – della Federal Reserve di San Francisco (che elimina l’effetto dell’inflazione) – mostra la dinamica del debito. Cresciuto, dal 1960 al 1985, come il reddito delle famiglie. Poi la sua crescita ha accelerato, soprattutto dopo il 2000, spinta dai prodotti che favorivano la sottoscrizione di mutui e crediti al consumo. Il debito è cresciuto ben più del reddito delle famiglie. I prezzi delle case sono saliti e poi caduti, tornando al livello del 2005. Anche i prezzi delle azioni sono saliti e poi caduti, ma tornando più indietro, al livello del 1995. Alla fine è venuta meno la garanzia della ricchezza mobiliare e immobiliare, mentre il debito è flesso poco.
 
Le famiglie possono risparmiare di più e rendere il debito, oppure ripudiarlo e quindi lasciare le banche con i cattivi crediti. Nel primo caso il deficit pubblico è espanso per bilanciare la caduta dei consumi. Nel secondo caso il deficit pubblico è espanso per coprire le perdite delle banche. Il rientro del debito privato produce comunque debito pubblico.
 
Il Giappone aveva sperimentato il gran debito, ma delle imprese, non delle famiglie. Come sono andate le cose? Il secondo grafico – sempre della Federal Reserve di San Francisco – mostra come il debito si sia andato riducendo. Se gli Stati Uniti seguissero lo stesso percorso del Giappone, il debito delle famiglie tornerebbe al livello del 2002. Facendo i conti (1), viene fuori che una riduzione del debito ai livelli giapponesi (dopo dieci anni dal picco) richiede un tasso di risparmio delle famiglie del 10%. Attualmente è del 4%.
 
Se si simula la crescita dell’economia statunitense con il tasso di risparmio del 4% e poi la si simula con un tasso di risparmio del 10%, viene fuori che tre quarti della crescita dei consumi scompare. Chi in borsa scommette sulla ripresa forte trainata dal settore privato, scommette su un livello del debito delle famiglie che resta molto alto. Più precisamente, scommette che il rialzo dei corsi e la crescita dei prezzi degli immobili tornino a garantire il debito, che di suo flette poco.
 
Dunque, che le famiglie non si mettano a risparmiare e restino indebitate. Che consumino, trainando la crescita. La scommessa quindi è che il rialzo di borsa crei le ragioni del rialzo. Le ragioni fondamentali (gli utili che aumentano perché la crescita riprende) per ora non ci sono, ma, se la borsa sale molto, alla fine possono esserci. La borsa a livelli maggiori garantisce il debito che non flette molto. Insomma, una profezia che si autoavvera (non è chiara la scommessa sui prezzi degli immobili; si suppone che basti che smettano di cadere).
 
Intanto, però, il debito pubblico cresce. Quest’evento, producendo rendimenti in salita, potrebbe essere l’inciampo della profezia (2).

 
(1) http://www.frbsf.org/publications/economics/letter/2009/el2009-16.html

(2) http://www.centroeinaudi.it/notizie/la-settimana-dei-mercati-/-viii.html

  

 

il_debito_degli_statunitensi
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debito_e_sua_riduzione_in_giappone
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