Il petrolio e le scorte
http://4.bp.blogspot.com/_8rpY5fQK-UQ/So3wnhj2NZI/AAAAAAAAHwE/e5DCKxwGogU/s1600-h/oilvsreserves.png
Le azioni, gli utili attesi e di picco
http://www.ritholtz.com/blog/wp-content/uploads/2009/08/20090821.gif
Che cosa accade se invece di usare i dati puntuali (il grafico, infatti, si ferma con i risultati del primo semestre del 2009), rettificati con le poste straordinarie, usiamo i dati attesi – i risultati del 2009 – con e senza rettifiche delle poste straordinarie? Otteniamo un rapporto prezzo/utile fra 27 (con le rettifiche) e 18 (senza). Una forchetta di numeri che resta comunque nella banda alta. Dal che segue che lo spazio per salire è modesto. I numeri sono ricavati dal sito che elabora le previsioni raccolte a sua volta da Standard & Poor’s:
http://www.decisionpoint.com/TAC/SWENLIN.html
L’unica giustificazione per comprare oggi le azioni è che gli utili – nel corso del tempo – si muovono sempre in salita. E dunque per ogni caduta si può immaginare un ritorno (quanto meno) al picco precedente. In questo caso si prendono i prezzi correnti e li si mette a confronto con gli utili del picco ultimo noto (metodo di Hussman) – quindi, i prezzi di oggi con gli utili del 2007. Attenzione, quelli del 2007 erano utili ottenuti con i grandi profitti delle banche dalle obbligazioni (successivamente dette) tossiche, e con la domanda sempre in crescita che veniva dalle famiglie (super) indebitate. Se uno pensa che si possa tornare in poco tempo a quei livelli di utile, allora ha ragione a comprare azioni anche a questi prezzi. Altrimenti si torna all’argomentazione precedente, quella che sostiene che i prezzi sono molto elevati. I grafici sui prezzi e gli utili di picco si trovano scorrendo la pagina proposta in precedenza, ma andando in fondo:
http://www.decisionpoint.com/TAC/SWENLIN.html
http://www.calculatedriskblog.com/2009/08/meredith-whitney-300-banks-to-fail.html
Gli scettici non hanno «gettato la spugna»
Detto dei media, che cosa (si passi l’espressione antropomorfica) «dicono» i mercati? Nel mese di agosto i rendimenti delle obbligazioni sono, nonostante l’ascesa delle azioni, calati. Di solito, se le azioni sono comprate, le obbligazioni sono vendute. Con la ripresa – questo è il ragionamento – gli utili salgono e anche alla fine i dividendi, mentre le cedole sono fisse. I portafogli incorporano una quota maggiore di azioni, e questo avviene con la vendita di una quota di obbligazioni (quindi i rendimenti salgono perché il prezzo – a causa delle vendite – scende, mentre la cedola è fissa). Tutto ciò, in «condizioni normali». Quando poi si registra, proprio come avviene oggi, una massiccia emissione di debito pubblico volto a evitare, attraverso la crescita del deficit, l’avvitamento della domanda, i prezzi delle obbligazioni dovrebbero – a maggior ragione – scendere (i rendimenti salire). Ossia, in condizioni di ripresa i rendimenti dovrebbero salire, e di più dovrebbero farlo in condizioni di ripresa con una massiccia emissione di debito pubblico.
Invece, non salgono. L’acquisto di obbligazioni del Tesoro da parte della banca centrale non è in grado da solo di reggere un’uscita «in massa» dalle obbligazioni da parte dei privati e delle altre banche centrali. Quindi qualcuno compra. Non tutti hanno la «memoria corta». La borsa oggi è tornata – dopo il gran balzo – allo stesso livello di dieci anni fa (sic). I fondi pensione spesso non hanno comprato le azioni durante il «rally» o hanno addirittura venduto. Non possono, infatti, permettersi di avere un attivo «ballerino», quando devono erogare pensioni. Se si osservano i flussi dall’estero verso gli Stati Uniti nel mese di giugno, si vede che gli acquisti sono essenzialmente rivolti alle obbligazioni e solo in misura minima alle azioni. Si arguisce che le banche centrali asiatiche hanno continuato a comprare il debito statunitense.
Conclusioni
Il mercato azionario statunitense – che guida gli altri perché è quello che di gran lunga produce il maggior numero di informazioni – da maggio a metà luglio è rimasto immoto. Poi è esploso sui risultati del secondo trimestre, valutati migliori delle attese (attenzione: gli utili sono stati migliori, non i fatturati e neppure le «linee guida»). Si stava spegnendo agli inizi della settimana scorsa, quindi a metà agosto, e poi, all’improvviso, è salito.
Quali nuove informazioni possono portarlo ancora più in alto? Gli utili attesi per il terzo trimestre 2009 indicano una flessione del 22% sul terzo trimestre del 2008. La flessione massima si ha nel settore energetico e chimico: –70%. L’unico (sic) settore che dovrebbe registrare utili in ascesa – a parte quello dei consumi discrezionali, che dovrebbe presentare risultati migliori in misura minima, +3% – è quello finanziario. Il quale dovrebbe mostrare utili del 600% circa superiori a quelli del terzo trimestre dell’anno precedente. Vedremo come li farà, dal momento che i cattivi crediti stanno montando. Soltanto con il trading? A ottobre si vedrà.
Chissà se il terzo trimestre partirà, come il primo e il secondo, con una grande banca «miracolata» – una di quelle in procinto di «saltare» solo pochi mesi prima – che dichiara risultati formidabili. Intanto che la borsa sale – con pochi volumi – gli scettici comprano le obbligazioni del Tesoro. Alla fine sapremo chi avrà ragione.
© Riproduzione riservata