Per cercare di capire che cosa determina il prezzo di un’abitazione, dividiamo il ragionamento in più sezioni. Nella prima, supponiamo che gli affitti siano fissi e che le case durino all’infinito. In questo caso, le abitazioni e le obbligazioni si assomigliano. Nella seconda, supponiamo che gli affitti siano variabili, e che le case, a differenza delle piramidi, non durino millenni. Supponiamo anche che alcune zone decadano e altre ascendano. In questo caso, le abitazioni assomigliano alle azioni. Si mostra un grafico del prezzo degli immobili «standard» negli Stati Uniti, dal quale si evince come le abitazioni assomiglino alle obbligazioni in certi periodi, e alle azioni in altri. La fama di cui godono gli immobili – l’essere un investimento senza rischio – non ha fondamento, almeno nell’esperienza degli Stati Uniti. La prossima volta discuteremo dell’andamento dei prezzi degli immobili in Italia.

 

Il modello statico

 

Si abbiano per ipotesi 200 mila euro di patrimonio investiti in titoli di stato a lungo termine. Supponiamo che rendano il 5%. Dunque, si incassano 10 mila euro l’anno di cedole. Uno trova una casa in affitto per 10 mila euro. Può così devolvere le cedole per pagare l’affitto ed essere un «inquilino», oppure comprare la casa e non pagare l’affitto e sentirsi un «proprietario». In questo caso, il prezzo dell’immobile, che rende indifferente essere proprietari di titoli di stato o di appartamenti, è pari a 200 mila euro.

 

Si abbiano sempre 200 mila euro di patrimonio investiti in titoli di stato a lungo termine. Supponiamo che rendano il 10%. Dunque, si incassano 20 mila euro l’anno di cedole. Uno trova una casa in affitto per 10 mila euro. Può devolvere le cedole per pagare l’affitto ed essere un «inquilino», oppure comprare la casa e non pagare l’affitto e sentirsi un «proprietario». Se compra casa a 100 mila euro, ecco che non paga più l’affitto. In questo caso, il prezzo dell’immobile, che rende indifferente essere proprietari di titoli di stato o di appartamenti, è pari a 100 mila euro.

 

Si abbiano sempre 200 mila euro di patrimonio investiti in titoli di stato a lungo termine. Supponiamo che rendano il 2,5%. Dunque, si incassano 5 mila euro l’anno di cedole. Uno trova una casa in affitto per 10 mila euro. Può devolvere le cedole, aggiungendo 5 mila euro, per pagare l’affitto ed essere un «inquilino», oppure comprare la casa e non pagare l’affitto e sentirsi un «proprietario». Se avesse 400 mila euro non pagherebbe l’affitto, perché il 2,5% di 400 mila euro è 10 mila euro. In questo caso, il prezzo dell’immobile, che rende indifferente essere proprietari di titoli di stato o di appartamenti, è pari a 400 mila euro.

 

Abbiamo sempre supposto un affitto pari a 10 mila euro. Ossia, negli esempi, tutto varia, tranne l’affitto. L’affitto che si può pagare (o non pagare, rinunciando ai titoli di stato) è in proporzione al reddito di ognuno. Supponiamo che si sia disposti a devolvere un terzo del proprio reddito al pagamento dell’affitto.  Il reddito che corrisponde a un affitto di 40 mila euro è, ovviamente, pari a tre volte 40 mila euro. Ossia, 120 mila euro. In Italia all’incirca l’1 per cento della popolazione ha questo reddito. Ergo, le abitazioni con questi affitti saranno poco numerose. Quale sarà il loro prezzo? Con un rendimento dei titoli di stato del 5%, 800 mila euro. Infatti 800 x 5% = 40 mila.

 

In conclusione, l’affitto non si muove, ed è vincolato al reddito, mentre il prezzo delle case si muove molto. Il collegamento fra l’affitto e il prezzo dell’immobile è il tasso di interesse. L’affitto è assimilabile alla cedola di un titolo di stato. Abbiamo supposto, infine, che la casa duri un tempo infinito, non che cada a pezzi dopo cento anni. A seconda del tasso di interesse sul titolo di stato che sale o scende, il prezzo dell’immobile sale o scende.

 

Questo aiuta a spiegare la storia buffa degli ultimi anni. Molti si sono messi a comprar casa, perché l’interesse sui mutui era diventato la metà, salvo scoprire che la casa costava il doppio. Non si sono resi conto che col mutuo che costa il doppio, il prezzo della casa è pari alla metà. L’obbligazione e una casa sono attività simili.

 

 

Il modello dinamico

 

L’obbligazione e la casa sono attività simili: l’affitto è fisso per tutta la vita della casa, che abbiamo supposto essere infinita, proprio come è fissa la cedola per tutta la durata dell’obbligazione, che può essere rinnovata all’infinito. Complichiamo il ragionamento, per avvicinarci alla realtà.

 

Abbiamo un andamento che favorisce le case, e uno che le sfavorisce. Le case sono favorite dalla crescita degli affitti, e sono sfavorite dalla loro durata fisica. Gli effetti sono importanti. Se l’affitto sale da 10 a 20 mila euro, la casa, a parità di tassi di interesse sulle obbligazioni, raddoppia di prezzo. Ma la casa non può durare all’infinito. Se dura cento anni, si deve calcolare il valore attuale di cento anni di affitto. Se la casa ha già cinquant’anni, si deve calcolare il valore attuale di cinquant’anni di affitto. Uno potrebbe obiettare che la casa può essere rimessa a nuovo e durare altri cento anni. Allora dal valore attuale di cento anni si debbono sottrarre per la casa di cinquant’anni tutti i costi di «ringiovanimento». L’obbligazione, invece, può essere rinnovata all’infinito (s’intende, se lo stato che la emette dura) e senza costi.

 

Quindi le case con gli affitti che variano non sono più assimilabili alle obbligazioni. Sono assimilabili alle azioni, che invece di erogare una cedola, che è sempre la stessa, erogano un dividendo, che può salire. Il dividendo può però anche scendere. Anche in questo caso, la casa è assimilabile a un’azione. Infatti, le case delle zone abbandonate cadono di prezzo, perché cadono gli affitti. Se l’economia crescesse sempre, gli affitti salirebbero costantemente dopo la scadenza del contratto. Se l’economia crescesse sempre, ma senza mai cambiare struttura, tutti gli affitti salirebbero costantemente in tutte le aree. Poiché così non è, le zone, una volta industriali, possono, infatti, non esserlo più, ecco che le case delle zone dinamiche salgono di prezzo, mentre quelle delle case abbandonate scendono.

 

Uno potrebbe sempre sostenere che basta comprare le case in centro, che ospitano quelli che sono messi meglio, comunque vada. Una città da industriale diventa terziaria? Questo mutamento affligge solo chi ha la casa in alcune zone della periferia, che vengono abbandonate, non chi ha la casa in centro. Chi era dirigente nell’industria, è sostituito da chi è dirigente nel terziario. C’è un ma: a meno che non decada tutta la città.

 

Le case dunque sono molto più simili alle azioni che alle obbligazioni. Infatti, una volta varia il reddito delle case, si hanno alcune case che salgono di prezzo, con altre che scendono. Potremmo complicare il ragionamento, facendo variare anche i tassi d’interesse. Si vede che il prezzo delle case è molto volubile.

 

L’esempio della «vertigine» mostra l’andamento di una città (o di una zona) che diventa sempre più ricca. L’esempio del «baratro» mostra l’andamento di una città (o di una zona) che diventa sempre più povera.

 

• Vertigine. Un affitto di 10 mila euro con il tasso di interesse al 5%. Prezzo della casa: 200 mila euro. L’affitto passa a 20 mila euro con il tasso di interesse al 5%. Prezzo della casa: 400 mila euro.
• Baratro. Un affitto di 10 mila euro con il tasso di interesse al 5%. Prezzo della casa: 200 mila euro. L’affitto passa a 5 mila euro con il tasso di interesse al 5%. Prezzo della casa: 100 mila euro.

 

Se ci fosse un indice del prezzo degli immobili composto da due sole case, una richiesta e una abbandonata, si avrebbe questo andamento. All’inizio l’indice vale 200 + 200 = 400 mila euro. Poi passa a 400 + 100 = 500 mila euro. E allora si dice che «le case» salgono sempre, proprio «come mostrano gli indici». Passiamo dagli esempi alle statistiche, che includono sia gli immobili che sono andati bene, sia quelli che sono andati male. Tenendo a mente il limite – mostrato dall’esempio dell’ultimo capoverso – che gli indici possono salire anche se una parte delle case cade, ecco quel che si evince.

 

 

Le evidenze empiriche

 

La serie storica del prezzo delle case negli Stati Uniti dalla fine del XIX secolo a oggi mostra come assomigli alle obbligazioni dal 1950 al 1975, mentre mostra negli altri periodi come assomigli alle azioni. Qui si hanno i prezzi delle abitazioni né di lusso né infime, depurati dall’inflazione. Dal secondo dopoguerra, si hanno prezzi stabili fino alla fine degli anni Settanta, poi si hanno due bolle normali, a cavallo degli anni Ottanta e Novanta. Poi si ha la «madre di tutte le bolle» a partire dalla fine degli anni Novanta. La quale madre si sta sgonfiando dal 2006.



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