Continuiamo ad avventurarci su un terreno a noi sconosciuto, quello dell’investimento immobiliare. La volta scorsa avevamo discusso le abitazioni standard e mostrato un grafico sugli Stati Uniti. Questa volta discutiamo prima le abitazioni non standard e poi l’investimento immobiliare in Italia.


I beni posizionali

Un pascolo con davanti il paesaggio mozzafiato del Cervino. Non c’è nessuno, salvo una mucca annoiata. Siamo a metà del XIX secolo. Passa un secolo, e davanti al Cervino si hanno molte abitazioni di villeggianti. Passa un altro mezzo secolo, e le abitazioni sono sempre nello stesso numero, ma costano molto più di cinquant’anni prima. Sorge il dubbio: «perché non sono stati costruiti dei grattacieli giganteschi davanti al Cervino in modo che tutti possano godersi il paesaggio?». C’è una spiegazione, ma è complessa.

L’economia cresce e produce dei beni che, nel tempo, sono alla portata di tutti. I guadagni di produttività sono tali che i costi sono compressi, e quindi, alla fine, anche i prezzi di vendita. Il caso dei lettori di CD è esemplare. All’inizio solo i facoltosi possono permettersi certi oggetti, ma alla fine tutti possono comprarli. Il paesaggio del Cervino non può essere riprodotto in fabbrica. Meglio, il consumo individuale del paesaggio del Cervino è impossibile, se ci sono migliaia di persone vocianti in giro. Se ci fossero intorno al Cervino degli immensi grattacieli, nessuno potrebbe sostenere di godersi il Cervino in pace. Ci sono quindi dei beni che possono essere consumati individualmente, anche se tutti li posseggono, come i lettori di CD.

Ci sono, all’opposto, dei beni che non possono essere consumati individualmente, se tutti li posseggono. Si hanno dei beni di ordine inferiore, come il cibarsi di pane e olive. Man mano che uno migliora il proprio tenore di vita, devolve all’acquisto del pane e delle olive una quota decrescente del proprio reddito. Ci sono dei beni di ordine superiore, come il fumare la pipa in pace ammirando il Cervino. Man mano che uno migliora il proprio tenore di vita, devolve all’affitto o all’acquisto di una casa davanti al Cervino una quota crescente del proprio reddito.

I «già ricchi» posseggono da molto tempo una casa davanti al Cervino. I «nuovi ricchi» sono disposti a pagarla molto più di quanto non l’avessero pagata i «già ricchi» in passato. Come mai? Di man in mano che l’economia cresce, cresce il numero di ricchi, ma le case davanti al Cervino sono sempre le stesse. Ergo, la domanda è crescente e l’offerta è rigida. I prezzi delle case davanti al Cervino salgono. Se si immagina che i prezzi potrebbero esplodere, il che accadrebbe se tutti i nuovi ricchi volessero comprar casa davanti al Cervino, ecco allora che si va alla ricerca di altri posti di grande bellezza, ma meno cari. Da qui il ciclo: prima la Sardegna, poi le isole intorno alla Sicilia, e via dicendo. E questo spiega perché i «già ricchi» hanno quasi sempre le case in certi posti e i «nuovi ricchi» quasi sempre in altri. Le case davanti al Cervino hanno degli affitti crescenti. Anzi, meglio, hanno degli affitti – quelli espliciti, offerti da chi vuole affittare o comprar casa per non pagare l’affitto, e quelli impliciti, offerti da chi preferisce tenersi la casa rinunciando al controvalore dell’immobile – che crescono più di quanto cresca il reddito nazionale nel suo complesso. Questo accade perché, di man in mano che l’economia si sviluppa, aumenta la quota di spesa dei beni di ordine superiore.

In precedenza, avevamo supposto che il prezzo delle case salisse in proporzione al reddito nazionale. Qui complichiamo il ragionamento per avvicinarsi alla realtà, perché teniamo conto della ripartizione della spesa fra beni di ordine inferiore e superiore. E dunque, di man in mano che cresce il reddito nazionale, una quota crescente della spesa si sposta verso i beni non riproducibili, come è, nel nostro esempio, il paesaggio del Cervino. In gergo questi sono i «beni posizionali». Si potrebbe obiettare che anche i grandi vini crescono di prezzo allo stesso modo: tutti i «nuovi ricchi» vogliono berli, ma le vigne sono sempre le stesse. C’è una differenza: i grandi vini possono essere apprezzati bevendoli individualmente, anche se tutti fanno lo stesso, mentre il paesaggio del Cervino, nel momento in cui tutti lo «consumano», perde la propria attrazione. Perciò i beni «di lusso» e quelli «posizionali» sono diversi.

(L’auto è un bene posizionale «ibrido». Tutti possono comprare l’auto, che è offerta a prezzi decrescenti perché è riproducibile, a differenza del paesaggio del Cervino e, proprio come i lettori di CD, «a volontà». Se però tutti hanno l’auto, il traffico si intasa, l’aria si ammorba e l’automobile diventa meno attraente. Dunque il consumo individuale di automobili, a differenza del consumo di grandi vini e di CD, diventa poco attraente se tutti la usano, proprio come il Cervino. L’auto è il Cervino «per le masse»).

Gli immobili «posizionali» sono come le obbligazioni o come le azioni? Sono come le azioni perché hanno un dividendo (affitto) crescente. Sono come le azioni perché i luoghi esclusivi possono passare di moda e il dividendo (affitto) può cadere. Ma, a differenza delle azioni, non possono cadere più di tanto, perché, a condizione che l’esclusività sia mantenuta, troveranno sempre chi è disposto ad affittare o comprare. Cruciale dunque è il mantenimento dei vincoli paesaggistici e abitativi. La protezione del prezzo degli immobili posizionali è nelle mani delle Amministrazioni locali e delle Belle arti. Questo, a mal pensare, spiega la logica economica delle polemiche alimentate da chi usufruisce dei beni posizionali: le campagne contro la nuova orribile autostrada che rovina il paesaggio millenario, eccetera.


I prezzi delle abitazioni in Italia


Secondo la Banca d’Italia – il primo grafico – questo è l’andamento a prezzi correnti e a prezzi costanti delle abitazioni, a partire da quando si hanno statistiche affidabili. I prezzi delle case, a prezzi costanti, sono più che raddoppiati dal 1970 a oggi. A prezzi correnti sono cresciuti a dismisura. I corsi delle azioni a prezzi costanti – il secondo grafico –, non tenendo conto della distribuzione dei dividendi ( = i corsi secchi), sono stati, nello stesso periodo, negativi. Invece, i corsi delle azioni a prezzi costanti, tenendo conto della distribuzione dei dividendi, sono, nello stesso periodo, quasi raddoppiati. (La borsa si trova oggi circa allo stesso livello del 2003, l’anno di chiusura del grafico). Negli ultimi quarant’anni, infine, le azioni (ma con i dividendi reinvestiti) e i BoT hanno avuto circa lo stesso rendimento. Il settore immobiliare italiano, a differenza di quello statunitense, è quindi andato meglio delle azioni e dei BoT. Tenendo conto dei costi di manutenzione e di ristrutturazione, è probabile che abbia prodotto dei risultati assoluti inferiori e quindi, relativamente alle azioni e alle obbligazioni, meno brillanti.

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L’inflazione marcata degli anni Settanta e Ottanta era il frutto della rincorsa fra salari e prezzi. Le azioni non avrebbero potuto andar bene in un contesto di conflitto sociale. Intorno alla metà degli anni Settanta si è avuta la pressione massima del conflitto, e le azioni ne hanno, infatti, risentito, come mostra il grafico: il minimo del mercato azionario si ha con il sequestro di Moro. Dalla fine degli anni Settanta il sistema politico italiano è riuscito a governare il conflitto sociale, che, dalla metà degli anni Ottanta, non si è più manifestato. Insomma, in Italia le abitazioni sono state favorite per tutti gli anni Settanta e Ottanta da un andamento politico che non trovava modo di equilibrarsi, se non con l’emissione di un gran debito pubblico e le svalutazioni del cambio. Dalla metà degli anni Novanta, con l’ingresso nell’euro, il quadro è totalmente mutato. Con la moneta unica non è infatti più possibile avere un’inflazione più elevata di quella degli altri paesi, che è «digerita» svalutando la lira. Un’inflazione più elevata di quella degli altri, in presenza di un cambio fisso, metterebbe infatti fuori mercato l’industria italiana. Segue che la corsa all’immobile per proteggersi dall’inflazione non ha più senso.


La dinamica demografica


Le persone giovani si indebitano, poi, quando diventano di mezza età, rendono il debito e risparmiano, e infine, quando diventano anziane, vivono dei risparmi accumulati. Ossia, da giovani si ha un risparmio negativo, che nella mezza età diventa positivo, per poi tornare negativo negli anni del pensionamento. In questo modo si mantiene costante il tenore di vita e, nel corso della vita, il risparmio è pari a zero. Questo è il ragionamento sul ciclo di vita del consumo e del risparmio.

Esso può essere complicato per tener conto della variazione dei redditi, dei redditi di livello diverso, e dei lasciti. Se si guadagna più di quanto ci si aspettava, si tende a spendere meno, ossia a risparmiare per poi usare i risparmi accumulati quando le cose andranno peggio. In questo modo si mantiene costante il tenore di vita. Se si ha un reddito molto alto, si tende a spendere meno di quanto si guadagni. Se si ha un reddito basso, si tende a spendere appena meno di quanto si guadagni. E questo spiega perché la propensione al risparmio dei ricchi è maggiore. Infine, i lasciti. Al reddito guadagnato si aggiunge quello da mobili e immobili ereditati, e perciò si ha un reddito maggiore. Se si eredita, ma non si guadagna niente, perché si apre un negozio di creme biologiche, ecco che nel tempo si consuma il capitale ereditato. Se coloro che ereditano lavorando e sperperando ricevono lo stesso lascito e sono egualmente numerosi, ecco che gli effetti si compensano, e il peso della ricchezza ricevuta si annulla nel sistema.

Se la popolazione cresce con una struttura demografica costante – ossia con lo stesso rapporto fra giovani e anziani – ci sarà una maggior domanda di beni immobili e mobili. Le case, le azioni e le obbligazioni domandate sono crescenti. A maggior ragione questo fenomeno si manifesta se la popolazione cresce e la quota di giovani aumenta. Se la popolazione non cresce e si ha un numero di anziani che diventa man mano maggiore di quello dei giovani, si avrà una minor domanda di beni immobili e mobili.

Concentrandoci sui beni immobili negli Stati Uniti, la pressione di una popolazione crescente con i giovani in aumento spinge i prezzi delle case all’insù di un 1% l’anno, al netto dell’inflazione. Su quaranta anni si ha una crescita del 40%. Una popolazione statica con gli anziani in aumento spinge le stime dei prezzi delle case negli Stati Uniti all’ingiù dello 0,8% l’anno. Su quaranta anni, il prezzo delle case dovrebbe essere inferiore quasi del 40% rispetto al livello che raggiungerebbe in base agli altri fattori, come la crescita del reddito pro capite. Attenzione: qui non si afferma che il prezzo delle case cadrà del 40%, ma che il contributo negativo della demografia così come è oggi, e a differenza di come è stato nel dopoguerra, è di questo tenore. Ecco la tabella con i calcoli della Banca dei Regolamenti Internazionali, relativamente all’Europa. Il calcolo si riferisce al solo contributo demografico. Negli ultimi quaranta anni, nonostante la pressione avversa della demografia, il prezzo delle case in Italia è salito, come si vede dalla tabella. Il che alimenta l’idea che il ruolo di altri fattori in Italia fosse davvero molto importante, come abbiamo visto.

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Dunque, via dalle case e giù tutti a comprare azioni e obbligazioni? No, e torniamo all’inizio di questa nota. I mercati sono interdipendenti. Si abbia un affitto di 10 mila euro l’anno. La casa vale 200 mila euro, ossia 10 mila euro scontati al 5%, ed equivale a un patrimonio investito in titoli di stato a lungo termine di 200 mila euro che pagano delle cedole pari a 10 mila euro. L’affitto passa a 5 mila euro, perché ci sono troppi anziani. A quel punto una casa vale 100 mila euro, con un fattore di sconto sempre del 5%. Ma i troppi anziani vendono anche le obbligazioni che hanno accumulato, e dunque i prezzi delle obbligazioni scenderanno, ossia i rendimenti saliranno. Poniamo che salgano – esagerando, al 10% – e supponiamo, per facilitare i conti, che le obbligazioni non scadano mai. A quel punto le obbligazioni emesse dimezzeranno il proprio prezzo per equiparare i rendimenti. L’obbligazione che stacca cedole per 5 mila euro con un prezzo di 50 mila euro rende il 10%. Prima il prezzo era di 100 mila e il rendimento del 5%. Le cedole sono fisse, e dunque i rendimenti delle obbligazioni sono determinati dai movimenti del prezzo. La casa da 200 mila euro arriva, alla fine del processo, a valere 50 mila euro, ossia 5 mila euro di affitto scontato al 10%.

Il maggior fattore di sconto che si forma sul mercato delle obbligazioni pesa anche sul mercato delle azioni, dal momento che il prezzo delle azioni è il flusso atteso di utili scontato per il rendimento delle obbligazioni. Gli effetti di una demografia completamente diversa da quella del secondo dopoguerra sono – come si vede dall’esempio, che, ribadiamo, è volutamente esagerato – molto pesanti.