Seminario alla Cassa di risparmio di San Marino
 
Capita in questi mesi convulsi che ci si concentri troppo sui problemi immediati, perdendo di vista quelli veri. I problemi veri, o i “nodi”, sono legati al rapporto fra Stati Uniti e Cina. Per vedere di che si tratta, dividiamo il ragionamento in più parti, ognuna che porta ad un “nodo”. Poi trarremo le conclusioni.

Il meccanismo del cambio. Sono decenni che si è creata una zona di scambio fra le rive del Pacifico. La moneta per i commerci e per gli investimenti è il dollaro. La moneta cinese è, infatti, ancorata al dollaro, perciò si ha, lungo le rive del Pacifico, una sola moneta. I cinesi esportano i prodotti finiti, perciò hanno un’economia trainata da settore delle esportazioni, che è moderno, perché compete sui mercati mondiali. I cinesi importano le tecnologie e le materie prime. Combinano tecnologie e materie prime con il loro lavoro ed esportano il prodotto finale. Il saldo fra esportazioni cinesi ed importazioni cinesi è positivo con gli Stati Uniti. Questo spinge la moneta cinese a rivalutarsi nei confronti del dollaro. I cinesi però vogliono un cambio “certo” per sviluppare i commerci e, attraverso questi ultimi, la modernizzazione del paese. La banca centrale cinese compra allora i dollari degli esportatori cinesi e con questi dollari compra delle attività finanziarie negli Stati Uniti. Siamo al primo “nodo”: dopo qualche tempo i cinesi hanno accumulato una quantità enorme d’attività finanziarie statunitensi. Nel tempo, se non cambia il loro modello di sviluppo, trainato dalle esportazioni, la loro banca centrale avrà un numero ancora maggiore d’obbligazioni statunitensi.

La crescita cinese. I cinesi hanno una capacità industriale eccedente il consumo, proprio come gli statunitensi ne hanno una insufficiente. Ergo, i cinesi potrebbero consumare una quota maggiore della propria produzione, ossia esportare meno. A quel punto dovrebbero spendere meno per tenere il cambio e quindi finirebbero con l’accumulare meno debito statunitense. Una soluzione talmente semplice, che uno si chiede perché non sia perseguita. Ci sono dei problemi di domanda e d’offerta. Di “domanda” perché i cinesi per consumare di più dovrebbero risparmiare meno. I cinesi risparmiano molto perché debbono pagare privatamente la sanità, le pensioni. Dunque risparmiano molto più di quanto risparmierebbero con un sistema dove questi servizi sono pubblici. Infatti, se io pago le imposte per pagare la sanità che mi copre su tutto, non ho bisogno di mettere da parte molti denari se mi capitano delle malattie davvero costose. Se così non fosse, io non potrei consumare di più nemmeno desiderandolo. I maggiori consumi in Cina si avranno quando avranno anche loro uno stato sociale, diffuso molto, all’europea, o diffuso poco, alla statunitense. I problemi dal lato dell’”offerta” sono legati alla specializzazione del settore industriale esportatore. Se questo è specializzato nel produrre DVD per tutto il mondo, quanti DVD dovranno mai comprare i cinesi per continuare a farlo lavorare a pieno regime? Siamo al secondo “nodo”: la mancanza di uno stato sociale e la specializzazione industriale costringono i cinesi ad esportare. Dunque a tenere il cambio con il dollaro, in misura più o meno stringente. Ed, infine, ad accumulare obbligazioni statunitensi.

Il debito degli Stati Uniti. I cinesi comprano sistematicamente obbligazioni statunitensi, sia quelle di nuova emissione sia quelle emesse. I prezzi delle obbligazioni salgono e quindi i rendimenti scendono. In questo modo scende il costo del debito in tutto il sistema. Gli statunitensi possono indebitarsi ad un costo inferiore, per comprar casa con i mutui, per consumaremolto con le carte di credito. Mentre i cinesi comprano principalmente le obbligazioni del Tesoro, gli statunitensi comprano principalmente le obbligazioni con in pancia i mutui ipotecari ed i crediti sulle carte di credito. Queste obbligazioni raccolgono denaro ad un costo contenuto e quindi possono finanziare i mutui ed il credito al consumo di nuovo ad un costo contenuto. La crescita del debito funziona fintanto che il prezzo degli immobili sale, perché esso garantisce il credito erogato, e fintanto che l’economia cresce molto, perché così la famiglie hanno i denari per pagare gli interessi sulle carte di credito. Rotto il meccanismo della crescita perpetua del prezzo delle case, ed in presenza di una disoccupazione crescente, il debito delle famiglie le costringe ad aumentare i risparmi per ripagarlo. Siamo al terzo “nodo”: aumentando i risparmi, si riducono i consumi. I consumi delle famiglie negli Stati Uniti sono molto più importanti che in altri paesi. Dunque una loro riduzione, anche lungamente dovuta, “dovuta” nel senso di “volta a ridurre un debito eccessivo”, che si cumulato negli ultimi anni, rallenta come minimo, oppure porta in recessione l’economia.

Il dibattito sulla crescita del debito pubblico. Un’economia va in crisi. Ecco che la Banca Centrale abbatte i tassi d’interesse. I tassi che la banca centrale sono quelli a breve termine con cui le banche ordinarie s’indebitano. La banca centrale non controlla i rendimenti (il nome tecnico del tasso d’interesse a lungo termine) sulle obbligazioni pubbliche e private. Negli Stati Uniti nell’ultimo anno è accaduto che i tassi a breve sono stati portati dal 5% al 1%. I rendimenti sulle obbligazioni emesse dal Tesoro sono passati dal 5% al 3%. Quelli delle obbligazioni delle maggiori imprese che finanziano i mutui ipotecari, come Fannie Mae e Freddie Mac, sono rimasti circa allo stesso livello di un anno fa, al 5%. Quelli sulle obbligazione emesse dalle imprese private, giudicate più rischiose, sono saliti fino al 20%. L’abbattimento del tasso d’interesse ha reso meno profonda la crisi, ma non la ha curata, proprio perché sono rimasti fermi o addirittura saliti i tassi che rilevano per il debito del settore privato, quelli sui mutui ipotecari delle famiglie e quelli per finanziare gli investimenti delle imprese. Una volta che la politica monetaria non funziona per spingere verso la ripresa, si passa al maggior deficit pubblico, come combinazione di minori imposte e maggiori spese. Le minori imposte dovrebbero stimolare i consumi, le maggiori spese gli investimenti, il tutto senza produrre inflazione, perché ci sono i disoccupati, e dunque i salari non salgono, e gli impianti non sono pienamente utilizzati, e dunque le imprese non riescono a spingere in alto i prezzi. Il maggior deficit pubblico stimola l’economia: se i tassi di interesse a lunga (i così detti rendimenti) non salgono; se le famiglie reagiscono alle minori imposte consumando; se il maggior carico fiscale futuro, quello per pagare le cedole delle molte obbligazioni emesse, non è percepito dalle famiglie come un qualche cosa cui far fronte fin da oggi, consumando meno; se la maggior domanda stimolata dall’intervento pubblico si rivolge in misura modesta ai beni prodotti dagli altri paesi. Chi è scettico sull’espansione fiscale sostiene, infatti, che: le notevoli maggiori emissioni di obbligazioni finirebbero con lo spingere in alto i rendimenti; le famiglie sono indebitate, perciò useranno i denari liberati dalle minori imposte per pagare i debiti e non per consumare; non è sicuro che, sapendo che le imposte un giorno saranno maggiori, uno non sia tentato dal tenere costante la propria spesa fin da oggi; negli Stati Uniti la capacità manifatturiera non è espandibile subito ed è inferiore alla domanda corrente, perciò la maggior spesa pubblica potrebbe risolversi in maggiori importazioni.
 
Siamo al quarto “nodo”. E’ difficile dire chi ha ragione echi ha torto, non esiste un modo per dimostrare in maniera convincente, in teoria e con prove empiriche, i punti di vista contrapposti. La decisione è politica e quindi la prenderanno nel 2009 il Presidente ed il Congresso. Il rischio è di aumentare poco o troppo il deficit di bilancio. Dipenderà dagli eventi, se la crisi sarà profonda, l’espansione sarà notevole e viceversa. Una modesta espansione, perché la crisi non è ancora manifesta, è però rischiosa: la crisi potrebbe, infatti, peggiorare. La decisione va presa in anticipo, non sapendo come andranno le cose. Assumiamo che gli Stati Uniti non possano accettare la strada della crisi “catartica”, ossia il lasciar decantare la crisi con il rischio di una notevole disoccupazione, e quindi che decidano di espandere in misura notevole il deficit pubblico.
  
Seconda parte: futurologia
 
Per inquadrare il nostro punto di vista, che riportiamo dopo in versione sintetica, quella analitica è stata appena esposta, mostriamo prima le quattro possibilità logiche, composte da otto combinazioni, in cui si può manifestare la crisi oppure la sua soluzione.

Il sentiero migliore. I cinesi finalmente consumano una parte cospicua dei beni che prima esportavano. Comprano meno debito pubblico statunitense. Gli statunitensi escono dalla crisi grazie alla espansione fiscale, ed imboccano, grazie alla loro capacità di innovare, un sentiero di forte crescita, che finanzia nel tempo, e senza patemi particolari, le molte obbligazioni emesse per uscire dalla crisi.
 

Primo sentiero intermedio. I cinesi non consumano i beni che esportano, perciò comprano obbligazioni statunitensi, ma gli Stati Uniti escono dalla crisi senza difficoltà in un paio di anni. Secondo sentiero intermedio. I cinesi consumano i beni che esportano, perciò comprano meno obbligazioni degli Stati Uniti, ma gli Stati Uniti restano impigliati per anni nella crisi del debito.


Il sentiero peggiore. I cinesi non riescono a consumare i beni che esportano, e devono comprare le obbligazioni statunitensi. Gli Stati Uniti escono con difficoltà dalla crisi in cui sono finiti, perché non ci sono soluzioni facili di politica economica. Si ha una situazione simile a quella degli anni trenta. Allora la Cina erano gli Stati Uniti, la nuova potenza industriale esportatrice, incapace di consumare tutta la propria enorme produzione, e gli Stati Uniti erano la Gran Bretagna, la vecchia potenza industriale ormai molto indebitata.


Ecco il nostro punto di vista. Esso è quello del sentiero peggiore. Se non cambia il modello di sviluppo cinese, trainato dalle esportazioni, la loro banca centrale avrà un numero ancora maggiore di obbligazioni statunitensi. La mancanza di uno stato sociale e la forte specializzazione industriale costringono però i cinesi ad esportare, e dunque a tenere il cambio con il dollaro in misura più o meno stringente. Essi devono quindi accumulare altre obbligazioni statunitensi, fino a diventarne di gran lunga i maggiori creditori. I consumi delle famiglie negli Stati Uniti sono molto più importanti che in altri paesi, dove si ha sia una maggiore spesa pubblica sia maggiori esportazioni, perciò una loro forte riduzione, necessaria per ridurre il gran debito accumulato, porta in recessione l’economia. La recessione può essere evitata con il deficit pubblico. La cura fiscale però non convince troppo. Essa funziona con una economia dove si hanno pochi debiti privati ed un modesto deficit commerciale, il contrario di quel che accade oggi negli Stati Uniti. Dal punto di vista politico è ragionevole assumere che gli Stati Uniti non possano accettare la politica della “catarsi”, il lasciar decantare la crisi con il rischio di una grande disoccupazione, e quindi ha senso pensare che espanderanno il loro deficit pubblico.

Detto dei punti di vista, una domanda importante è che cosa hanno in mente i mercati finanziari, quale delle quattro combinazione è nella loro mente. Si tratta di immaginare che cosa accadrebbe alla azioni ed alle obbligazioni in ciascuna delle quattro combinazioni.


Il primo – il sentiero migliore - vedrebbe una borsa cinese in ascesa, con i rendimenti sul debito statunitense in leggera ascesa, perché la recessione terminerà e dunque non si ha bisogno di rifugiarsi nel debito pubblico, che è venduto invece che comprato a man bassa, ed una borsa statunitense in ascesa, prima modesta, ma poi accelerata, sempre perché la recessione terminerà.

Nel primo sentiero intermedio abbiamo la borsa cinese che sale ma con fatica, con le obbligazioni e le azioni statunitensi che sono invece vivaci. Nel secondo sentiero intermedio la borsa cinese sale, con le obbligazioni e le azioni statunitensi deboli.


Nel quarto sentiero – quello peggiore – abbiamo la borsa cinese che sale con fatica, le obbligazioni statunitensi che prima hanno dei rendimenti compressi, perché tutti si rifugiano nel reddito fisso, e poi in ascesa per affetto della crisi che rende oneroso, e quindi rischioso, il debito pubblico, ed una borsa che può all’inizio anche salire, contando sulla manovra fiscale, per poi scendere se non funziona bene.
 

Negli ultimi tempi, la borsa cinese ha smesso di cadere, i rendimenti delle obbligazioni del tesoro statunitense sono ai minimi storici e la borsa sale e scende molto ogni giorno senza però avere una tendenza a salire. Un comportamento compatibile con la Cina che continua ad esportare e non a consumare, un debito statunitense ritenuto ancora sopportabile, ed una ripresa dell’economia che per ora non si vede, ma senza che si veda all’orizzonte una recessione profonda. I prezzi ad oggi hanno un comportamento da quarto sentiero, privato però della deriva peggiore.